Il Giornale
L’Ordine dei giornalisti si arruola contro Israele
Il Giornale, 14 dicembre 2010
E così l’Ordine dei giornalisti ha coronato le bizzarre attività della sua più recente incarnazione, quella in cui ha messo il bavaglio a Vittorio Feltri con atto così proditorio da risultare un’evidente effrazione della libertà di opinione, e adesso ha indetto in nome della libertà di opinione una manifestazione davvero indecente. Ieri infatti proprio presso la sede dell’Ordine e dietro la foglia di fico della presentazione di un libro si è svolto il lancio di una nuova flottiglia per Gaza, e una flottiglia di nuovo gestita dalla stessa organizzazione, l’IHH, che ha portato al disastro del convoglio infausto del maggio scorso, quando 9 persone hanno perso la vita nello scontro con l’esercito israeliano causato dalla provocazione jihadista davanti alle acque di Gaza, dopo che i militanti parapacifisti avevano rifiutato ogni controllo di eventuali armi o finanziamenti diretti a Hamas. [...]
L'ultima dell'Onu: è lecito uccidere un gay
L'assemblea del Palazzo di Vetro elimina "l'orientamento sessuale" dai motivi di condanna internazionale per violazione dei diritti umani. Quasi 80 Paesi, per lo più africani e islamici, hanno votato a favore della risoluzione
Adesso vediamo se anche dopo questa qualcuno riesce a sostenere che la decisione è buona perché l’ha presa l’Onu, è una risoluzione dell’Onu e quindi bisogna osservarla... È successo il 14 novembre, zitti zitti, piano piano. E adesso per l’Onu uccidere gli omosessuali non è reato. È pazzesco? Naturalmente sì. E tuttavia c’era da aspettarselo, dato che alcuni dei suoi più rispettati membri, come l’Iran, li uccidono sulla pubblica piazza per impiccagione, oppure prevedono la condanna alla decapitazione, come l’Arabia Saudita. In realtà, in 7 Paesi per l’omosessualità è prevista la pena di morte, e per ben 80 Paesi, con pene variabili, essere gay è un reato. Ma adesso si tratta di una decisione votata a maggioranza, ed ecco come. Il Terzo Comitato dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha discusso alcuni emendamenti a una risoluzione già esistente sulle esecuzioni extragiudiziali, arbitrarie e sommarie. La risoluzione afferma i doveri dei Paesi membri di proteggere il diritto alla vita di tutti gli esseri umani, con speciale enfasi sulla richiesta ai Paesi di investigare le uccisioni a base discriminatoria. Nella risoluzione si prende, anzi, si prendevano in considerazione parecchi casi di questo genere. Per esempio venivano inclusi i bambini senza fissa dimora, gli attivisti di diritti umani nei Paesi autoritari, i membri di comunità etniche, religiose e linguistiche minoritarie. Per gli ultimi dieci anni la risoluzione aveva incluso anche l’orientamento sessuale, ricordando che non è raro che gli omosessuali siano condannati in vario modo a morte. Ma oggi questo punto non è più incluso nella risoluzione contro gli assassinii dovuti alla discriminazione, perché una maggioranza di 79 Paesi contro 70, 17 astenuti e 26 assenti, ha votato un emendamento presentato dalla piccola nazione africana del Benin, che l’ha presentato da parte del raggruppamento africano dell’Onu, che proponeva di stralciare le minoranze omosessuali dal gruppo dei cittadini che si devono proteggere. Già in passato l’Uganda aveva tentato di introdurre un simile emendamento, ma senza successo. [...]
La nuova guerra di Gerusalemme scoppia per il Muro del Pianto
Il Giornale, 3 dicembre 2010
L’Autorità nazionale palestinese fa suo uno studio che nega l’origine del sito sacro agli ebrei. E fa marcia indietro solo dopo le proteste internazionali. La reazione Usa non ferma però le nuove pretese di Abu Mazen sui Territori.
Era una bugia troppo insopportabile perché reggesse. Era scritta sul sito dell’Autorità palestinese da mercoledì della scorsa settimana: il Muro del Pianto, la meta per eccellenza degli ebrei di tutto il mondo, che nei millenni gli ebrei, sfidando i più micidiali pericoli, non hanno mai mancato di presidiare come la pietra delle loro identità stessa, bagnandolo con le loro lacrime; carezzandolo come una persona cara; ricordandone, come è scritto nella Bibbia e come gli archeologi hanno certificato, la storia di muro occidentale del monumento grandioso distrutto dai Romani nel ’70 dopo Cristo, lo stesso cui Gesù fu condotto in pellegrinaggio da Maria e Giuseppe... beh, è tutta un’invenzione degli ebrei. In realtà, dice il sito palestinese, è il muraglione delle Moschee cui Maometto, nel suo volo verso “la città lontana” come è scritto nel Corano che non nomina Gerusalemme, legò il suo cavallo Al Buraq con cui volò poi verso il Cielo. [...]
Wikileaks: ora tutti sanno che l’Iran fa davvero paura
Il Giornale, 30 novembre 2010
Le carte della diplomazia americana dicono che il mondo arabo teme il regime di Ahmadinejad quanto Israele. Adesso che cosa farà chi ha protetto Teheran e i suoi progetti per troppi anni accusando sempre e solo Gerusalemme?
Dopo Wikileaks, salvo nuove rivelazioni, Israele guarda e annuisce contento: il mondo arabo ha molta più paura dell’Iran di quanta ne abbia Israele e non fa che chiedere agli americani di porre fine alla minaccia degli Ayatollah con qualsiasi mezzo. Il primo ministro Bibi Netanyahu ha persino commentato: «Se i leader dicessero la verità su chi è il loro peggiore nemico, invece che ripetere il solito ritornello anti-israeliano, la pace si potrebbe fare molto in fretta». Ahmadinejad ha a sua volta fatto sapere che per lui quelle dichiarazioni non contano nulla. Eppure, che tempismo, sembra aver ispirato una dichiarazione del suo ospite a Teheran Sa’ad Hariri, premier libanese, che ha dichiarato di corsa che non si unisce a nessun rifiuto del progetto atomico del suo amico. [...]
Il mondo civile si batte contro il burqa. Noi ci vestiamo le Barbie
Io lo so come si sente la Barbie «con colori e abiti unici» realizzata da Eliana Lorena cui, sfortunata, in mostra alla libreria etnica Azalai di Milano con altre Barbie in abiti moderni, in kimono, chador, sari.. è invece capitato il burqa. Lo so perché è stato descritto molte volte come si sente una donna che indossa un burqa, e forse sarebbe l’ora di smettere di farci sopra gli spiritosi. Per esempio Khaled Hosseini autore de "Il cacciatore di aquiloni" e di "Mille splendidi soli" racconta: «Mariam non aveva mai indossato il burqa, Rashid dovette aiutarla... il pesante copricato imbottito le stringeva la testa. Era strano vedere il mondo attraverso una grata... la innervosiva non poter vedere di lato e si sentiva soffocare dal tessuto che le copriva la bocca...». Molte altre persone esperte, fra cui da noi la deputata Souad Sbai, hanno spiegato molte volte che in quella prigione si entra in una depressione clinica e in una patologica confusione mentale, si diviene facile preda di molte malattie della vista, dell’udito, dell’equilibrio e che quindi è necessario vietare il burqa per legge. [...]
L'Iran con l'atomica imiterà il regime di Kim
Il Giornale, 25 novembre 2010
Guardate bene la Corea del Nord volgendo il cannocchiale verso il futuro, e vedrete Teheran. Guardate i tormenti dei dissidenti nordcoreani e vedrete la lapidazione delle donne iraniane, considerate la determinazione nordcoreana nell’imporre al mondo il suo regime nazista con lo spauracchio della bomba atomica e vedrete chiaro il programma di Ahmadinejad.
Forse la più spaventevole testimonianza che nel mondo contemporaneo sia dato ascoltare è quella di un sopravvissuto al campo di concentramento nordcoreano: chi scrive ne ha avuto l’occasione, e qui si dirà soltanto che la storia di torture, di uccisioni, di fame (spiace assai ricordarlo) fino all’antropofagia dentro le famiglie dei prigionieri, sono altrettante indicazioni di quanto quel regime basi la sua sopravvivenza sul terrore. [...]
Ci risiamo: ora l'Onu programma Durban 3

"Ci mancava la festa per chi dà del razzista a Israele"
Il Giornale, 23 novembre 2010
Sembra impossibile che ci venga ripresentata ancora questa minestra con tutto il suo veleno, che sembrava ormai mitridatizzato. Ma l’Onu è sempre superiore alle aspettative, e ci ripresenta come fosse un piatto prelibato, a dieci anni di distanza, un remake del famigerato Durban 1, quella conferenza dell’Onu contro il razzismo che si trasformò, fra l’orrore generale, in una conferenza razzista contro Israele e gli americani. Allora, stupefatti dopo gli interventi di Mugabe, Fidel Castro, Arafat che maledivano l’Occidente colonialista e gli ebrei razzisti, se ne andarono i canadesi, gli americani, gli israeliani.
Più avanti, nel 2009, quando l’Onu ripropose un Durban 2 da tenere a Ginevra, il governo italiano, che aveva imparato la lezione, non mandò nessuna delegazione e tutto il nostro Parlamento, da destra a sinistra, votò il suo rifiuto a uno show antisemita e antioccidentale. Ne fu protagonista Ahmadinejad che ne fece un’occasione per rinnovare la negazione della Shoah e promettere di sterminare gli ebrei. Lo sosteneva una pletora di Ong che assistevano l’Onu nel suo sforzo «antimperialista», come avevano fatto con la violenza a Durban nel 2001. [...]
Here it comes, Durban 3
Il Giornale, November 23, 2010
The UN never ceases to amaze. Just when we thought we had become immune to all the poisonous concoctions that get dished out, once again, ten years down the road, we are being offered a remake of the notorious "Durban 1", the UN conference against racism which—to everyone’s horror—was transformed into a racist conference against Israel and the Americans. At that time, incredulous after the speeches by Mugabe, Fidel Castro and Arafat, who condemned in chorus the colonialist West and racist Jews, the Canadians, Americans and Israelis walked out. Later on, in 2009, when the UN organized "Durban 2" in Geneva, the Italian government, which had learned its lesson, refused to send a delegation. And, in fact, our entire parliament, from left to right, voted a resolution rejecting any anti-Semitic and anti-West sideshow. The protagonist this time was Ahmadinejad who took the opportunity to repeat his denial of the Shoah and promise to exterminate all Jews. Backing him was a plethora of NGOs who, undaunted, assisted the UN in its “anti-imperialist” campaign, as they had done with the violence in Durban in 2001. [...]
Read article "General Assembly votes to commemorate Durban conf": http://www.jpost.com/International/Article.aspx?id=196624
Quel medico ebreo e il suo dilemma
Per essere chiari: io l’avrei operato, per senso di responsabilità come medico e di pietà come essere umano e, se si vuole, anche perché in un ebreo, religioso o laico come me, il rispetto per la vita è un precetto primario. La vita viene prima di tutto, persino prima dello shabbat, il Sabato di santo riposo in cui per salvare la vita propria o altrui, tuttavia, anche chi osserva i precetti può agire senza peccato fuori dalle norme. Un attimo però, non stiamo comunque parlando di un irresponsabile: il dottore ebreo-tedesco che a Paderborn nel Nord Reno-Vestfalia ha rifiutato di operare il paziente trentaseienne con una vistosa svastica e un’aquila reale tatuate su un braccio, non l’ha abbandonato alla morte. Il paziente sta bene, operato da un sostituto. Ma la questione resta seria: vale da giustificazione che un ebreo abbia nella mente la pur immensa, straripante memoria dello sterminio nazista per rifiutare le cure a un neonazista, un antisemita, un malvagio idiota, tatuato con la svastica? La risposta, come dicevamo, è talmente palese da essere banale: sono passati più di 60 anni, il paziente ha 36 anni e inoltre il medico cura sempre e comunque, e soprattutto chiunque. [...]
That Jewish doctor and his dilemma
Let me make it clear: I would have performed that surgery, out of sense of responsibility as a doctor and sympathy as a human being and also because in any Jewish person, either religious or secular like me, human life is a primary precept. Life comes first, before anything else, even before shabbat, the day of holy rest: even then, to save one’s own life or that of others, those who observe the precepts can disobey the rule without sinning. Just a moment please, however, we’re not talking about irresponsibility, whatever else this may be: the Jewish-German doctor from Padeborn in Northern Westfalia who refused to operate on the 36-year-old patient with a big swastika and golden eagle tatooed on his arm, didn’t walk away and leave him to die. The patient is fine – a substitute doctor did the surgery. But there is still a serious question: is the overwhelming memory of the Nazi horror a justification for refusing to treat a neo-Nazi, antisemitic, evil idiot, tatooed with a swastika? The answer, as we said, is so obvious as to be trite: sixty years have gone by, the patient is 36, and in any case, a doctor always treats a patient, no matter what, no matter who. [...]
Il presidente paga l’insicurezza in politica estera
Si sente dire spesso che le elezioni di midterm, o forse tutte le elezioni americane, o forse addirittura tutte le elezioni del mondo, se ne infischiano della politica estera e corrispondono poi in definitiva solo al momento in cui un cittadino verifica nervosamente il portafoglio che ha in tasca. Ma non è così: ci sono fiumi carsici di incontenibile passione nel modo in cui i cittadini americani si autodefiniscono rispetto al mondo; e se è vero che il ciclo liberista non è mai finito così come la ribellione rivoluzionaria antistatalista, se è vero, come ha scritto Giuliano Ferrara, che la frontiera individualista non è morta e per questo Obama deve oggi soffrire, è anche vero che un americano può scatenarsi in sogni pacifisti e politicamente corretti come il rifiuto della guerra del Vietnam e le proteste contro George Bush, ma questo non lo trascinerà su una linea utopica irrealistica, pericolosa per la sua sicurezza e per quella della sua famiglia, non trasformerà la sua multietnicità in una identità border line rispetto al rispetto di se stesso e della propria cultura. [...]
I cristiani criticano Israele ma chiudono gli occhi sulle violenze islamiche
I religiosi accusano Gerusalemme per la situazione in Palestina. Ma lo Stato ebraico è l’unico dell’area in cui i fedeli di Cristo aumentano.
È facile immaginarsi quante preoccupazioni la Chiesa nutra nei confronti dei suoi cristiani in Medio Oriente, ed è per questo che ha indetto una lunga sessione di lavoro del sinodo dei vescovi sui problemi dell’area. L’islam non ama i cristiani d’oriente: li ha costretti alla fuga se è vero che sono ora solo il 6% della popolazione mediorientale. C’è solo un paese dove i cristiani sono cresciuti in numero: in Israele da 34mila che erano nel ’49 sono diventati 163mila, e saranno 187mila nel 2020. Invece, nei paesi musulmani i cristiani diminuiscono, ma le 50 Chiese ospitate in Terra Santa non se ne accorgono. Preferiscono dare addosso a Israele, dove godono di piena libertà di culto e di espressione. Non importa andare al tempo della conquista islamica nel settimo secolo quando i cristiani erano il 95 per cento. [Continua...]
The Christians criticize Israel, but turn a blind eye to Islamic violence
Il Giornale, October 19, 2010
Religious leaders lay the blame for the situation in Palestine on Jerusalem. But the Jewish State is the only one where the followers of Christ are on the increase.
It’s not hard to imagine how worried the Catholic Church is about its Christians in the Middle East, and this is why it has dedicated a lengthy working session at the Synod of Bishops to problems in that area. Islam does not like Eastern Christians: it has forced them to flee and now they account for only 6% of the population in the Mideast. There is only one country where the number of Christians has grown. In Israel, from their 34,000 in '49, they have become 163,000 and will be 187,000 in 2020. In Muslim countries, on the other hand, Christians are on the wane, but the 50 churches present in the Holy Land seem not to notice. They prefer to dump on Israel, where they enjoy full freedom of worship and expression. It’s useless to hearken back to the time of Islamic conquest in the 7th century when Christians accounted for 95 percent. [Keep on reading...]