Nave assaltata, Iran nel mirino
lunedì 2 agosto 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 02 agosto 2021
"Israele dimostrerà che l'Iran ha fatto un serio errore attaccando la
nave Mercer Street" ha detto il Primo ministro Naftali Bennett ieri. Non
gli importa se dopo una prima generica ammissione su un giornale in
lingua araba, il portavoce del ministero degli Esteri Said Khatibzadeh
ha negato tutto e, anzi, ha rivolto a Israele le consuete mortali
accuse. Per Bennett si tratta di un gesto codardo per il quale possiamo
cominciare a interrogarci su quale sarà la sanzione. E probabilmente,
prima o poi, qualcosa accadrà: Israele può contare solo su se stessa per
deterrere e fermare i nemici. E ha dimostrato di avere molte
possibilità di penetrare la corazza iraniana con frecce che sanno
trovare la strada del cuore nucleare, delle centrali cibernetiche, delle
basi dei "proxy" anche senza avventurarsi in guerre fatali. Bennett nel
passato, quando era ministro della difesa di Netanyahu per esempio
disse che avrebbe costretto l'Iran a lasciare la Siria: "Che ci sta a
fare là? Non ha nessuna ragione di insediarsi sul confine di Israele. In
dodici mesi lo cacceremo". Così disse, ma Bennett sapeva benissimo che
gli Ayatollah sanno quello fanno, e che la Siria è un anello
fondamentale nella loro strategia, anzi, in quella del defunto generale
Soleimani che stava costruendo la sua grande "luna crescente" dall'Iraq
allo Yemen giù per il Libano e la Siria in tutto in Medio Oriente. In
prima linea: l'assedio di Israele dal Libano e la Siria tramite gli
hezbollah. La nave su cui per caso o per perverso disegno strategico
sono stati fatti fuori il capitano rumeno e un inglese, era l'obiettivo,
presumibilmente, di una vendetta iraniana contro i bombardamenti
israeliani su basi e convogli iraniano-libanesi in Siria. Svariati
miliziani e comandanti iraniani sono stati colpiti in quei
bombardamenti, ed ecco la vendetta trasversale.
Il fatto che essa non sia venuta direttamente dalla Siria, può dimostrare semplicemente che le forze della repubblica islamica sono indebolite dall'assenza di Soleimani, e che risulta più comodo colpire in mezzo al mare vicino all'Oman tramite l'uso, nuovo e potente, della schiera di droni di diverso tipo che l'Iran ha costruito in abbondanza. D'altra parte questo può significare che è proprio il potere centrale a Teheran, compreso il nuovo presidente Raisi che sta per insediarsi, che hanno deciso di colpire dal loro Paese coi droni nel mare, dove Israele è più indifeso che per terra. L'uccisione di due marinai del tutto estranei alle dinamiche iraniano-israeliane, e soprattutto di nazionalità che non c'entrano niente, fra cui di un cittadino di un Paese che appartiene alla Nato, l'Inghilterra, da spazio al nuovo programma del ministro degli Esteri Yair Lapid di spiegare intensivamente, come ha detto, al mondo intero, che l'Iran per colpire Israele non ha nessun problema a uccidere chi gli capita. Che il pericolo iraniano, cioè, riguarda tutti. Anzi, che le dimostrazioni di spavalderia contenute nel terrorismo gli si attagliano: fanno paura a tutti, e spingono al silenzio; portano anche al compromesso a Vienna, dove insieme a Biden tutto il mondo siede impaziente di firmare un accordo uguale a quello disastroso di Obama del 2015.
Ma accadrà presto? Intanto l'Europa da qualche segno di essersi stufata, l'Iran ha giocato nelle ultime settimane a rimandare l'accordo, ovvero alcuni cominciano a suggerire che nuove sanzioni vengano applicate: tutti sanno che l'Iran sta usando questo tempo per arricchire velocemente tutto l'uranio che può. In una parola, il fatto che l'Iran crei tanta confusione proprio adesso non deve essere considerato casuale: la sua dimostrazione di forza, i suoi droni lanciati lontano con grande sapienza tecnologica, l'imposizione al mondo di aspettare che l'inviso nuovo presidente si insedi il 5 di agosto primi di arrivare a qualsiasi conclusione, è prima di tutto un film in technicolor per la folla disperata nelle strade che grida all'Ayatollah Khamenei che non ne può più, e si batte valorosamente contro la Guardia Rivoluzionaria: è un modo di stare in sella. Se per l'Occidente arrivare a un accordo è un obiettivo che fa da comma alla parola "pace", per gli Ayatollah l'interesse primario, ovviamente collegato alla loro idea religiosa totalizzante e anche totalitaria, è la necessità divina di mantenere il potere e di usarlo per i propri fini espansivi. L'arricchimento atomico non sarà sacrificato se questi obiettivi non concorderanno con l'eventuale patto. La situazione è dunque esplosiva, la gente iraniana potrebbe essere falcidiata fisicamente come nel 2019 mentre l'uranio arricchito già disegna la bomba atomica e le provocazioni si moltiplicano. Bennett parte per gli USA per il suo primo incontro con Biden questo mese. Speriamo si capiscano.
Nave mercantile israeliana attaccata in Oman
sabato 31 luglio 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 31 luglio 2021
L'aggressione internazionale affiancata alla violenza interna sono sempre state la strada maestra percorsa dal regime iraniano. Lo scenario è un palcoscenico girevole, la gente soffre e le armi iraniane attaccano. In questi giorni nelle strade specie del Khuzestan sudorientale, il popolo, specie gli agricoltori, gridano disperati gli stessi slogan che si sentirono nel 2019, quando le proteste furono affogate nel sangue di 1500 persone uccise nelle strade delle città nella Repubblica degli Ayatollah. Manca l'acqua, il regime ha scelto solo la canna da zucchero e il riso abbandonando il resto dei campi, non c'è elettricità, i contadini abbandonano il lavoro e la casa, la protesta si muove verso Teheran dalle campagne. Ci sono già, dal 15 di luglio, inizio dei moti, 10 morti. La folla grida: "Morte al dittatore" "Khamenei, vergognati, lascia in pace l'Iran" e anche "Nè Gaza ne Libano, la mia vita per l'Iran": cioè, l'Iran non ne può più dell'ideologia espansionista della leadership che usa il terrore e la violenza affiancandosi a Hamas e agli Hezbollah in battaglie di sapore ultraideologico, dei miliardi spesi per affermare l'odio contro Israele, gli Stati Uniti, l'Occidente, per allargarsi a formare una mezzaluna di potere dall'Iraq al Libano, alla Siria, allo Yemen; che ambisce a diventare sempre più importante mentre non cela le consuete ambizioni atomiche.
Israele è sempre il cardellino nella miniera della disastrosa politica iraniana, e infatti era una nave mercantile israeliana quella attaccata nella notte di ieri al largo della costa dell'Oman, non a caso un Paese in predicato di diventare un amico istituzionale dello Stato Ebraico nell'ambito dei Patti di Abramo. Il governo israeliano tace, questa è una delle varie navi legate in qualche modo a Israele che sono state prese di mira in questo periodo, lo scontro registra ormai una quantità di episodi di varia entità, questo per ora non sembra di grande rilievo in confronto al danneggiamento, si dice da parte israeliana, di svariate centrali nucleari e alle eliminazioni mirate come quella del padre della bomba atomica Fahrizade.
Gesti molto rilevanti che Israele ha compiuto contro la bomba atomica destinata alla distruzione del suo Paese; monito che tutto sarà fatto per evitare che l'Iran ottenga la bomba. Il nuovo primo ministro Bennett ha espresso la medesima posizione. Netanyahu nel 2013 aveva detto all'assemblea generale dell'ONU che se si voleva porre fine al programma nucleare iraniano pacificamente, guai a lasciare l'acceleratore delle sanzioni. Ma Obama cercava il patto a tutti i costi, e adesso Biden, mentre chiede a Khamenei di accettare il vecchio patto JCPOA, aspetta pazientemente che Khamenei, come ha annunciato, torni alle trattative di Vienna dopo il 5 agosto quando il nuovo infausto presidente Ebrahim Raisi sarà entrato in carica.
Sono giorni in cui l'arricchimento dell'uranio, secondo gli esperti, va a mille, e così avvicina la bomba e aumenta il ricatto per ottenere un patto che i desideri degli iraniani vogliono, per scritto, definitivo, intoccabile, quale che siano le violazioni che certamente già progettano. Proprio in questi giorni in Israele si insiste che la bomba è ormai vicinissimo. La preoccupazione è che gli USA di Biden, pur di cancellare la giusta scelta di Trump di conservare un patto fasullo e inutile, siano pronti a cancellare tutte le sanzioni riempiendo le tasche del regime.
La confezione di un nuovo patto nella forma richiesta di un infallibile pacchetto che preservi intatta la forza nucleare attuale dell'Iran accumulata in questi mesi, e consegni a Raisi, responsabile del mare di sangue dei dissidenti eliminati con la pena di morte un budget che arricchisce le casse del regime (e non certo quelle della gente) sarebbe un errore capitale. Subito diversi Paesi sunniti si muoverebbero per ottenere la bomba a loro volta. Bel risultato di pace. Comunque non distoglierebbe Israele dalla sua linea: fare qualsiasi cosa per assicurarsi che l'Iran non ottenga l'atomica.
The 2021 Israel-Hamas War: Political, Diplomatic and Public Opinion Ramifications
martedì 6 luglio 2021 English 0 commenti
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "I Protocolli dei Savi anziani di Sion e il nuovo Presidente iraniano Raisi: che cosa li lega? L'antisemitismo violento del regime di Teheran"
domenica 4 luglio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,oggi, il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video: "I Protocolli dei Savi anziani di Sion e il nuovo Presidente iraniano Raisi: che cosa li lega? L'antisemitismo violento del regime di Teheran"
Clicca qui per vedere il video
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
venerdì 2 luglio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda
Roma e Madrid, per la pace in Israele basta Abramo
mercoledì 30 giugno 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 30 giugno 2021
Sono passati 30 anni di fallimenti dalla Conferenza di Pace di Madrid, e ancora l'Europa non l'ha capita. Io c'ero a quella Conferenza, piena di speranza che il conflitto israelo-palestinese trovasse se non una soluzione almeno un capo e una coda, e con esso si placasse l'odio anti-israeliano e venisse a compimento l'idea di due Stati per due popoli. Ma uno dei due, non voleva: quello palestinese. Quello che vedemmo già allora era il farsi di giorno di una tela di Penelope di chiacchiere che di notte, quando Hana Ashrawi, Saeb Erekat e altri membri della delegazione andavano in volo a riportare gli eventi ad Arafat a Tunisi, veniva disfatta. Essi tornavano alle riunioni carichi di odio, sicuri che Israele doveva essere distrutto: spargevano questo odio in dichiarazioni univoche, Israele era un odioso occupante colonialista, uno Stato razzista, di apartheid… Intanto Farouk al Shaara ministro degli Esteri siriano convocava noi giornalisti per dirci con rinnovato livore che il Primo ministro israeliano Ytzchak Shamir là presente, che ascoltava sconsolato e impotente, era lui un terrorista. Adesso Madrid e Roma ripropongono una conferenza di pace israelo-palestinese. Sanno benissimo ambedue, che da trent'anni a questa parte i tentativi sono stati molti.
La sottoscritta, da giornalista,purtroppo non ne ha mancato uno, e sono andati tutti nello stesso modo. Il decantato accordo di Oslo firmato da Rabin, chi meglio di lui, e Arafat, e finito nel bagno di sangue della Seconda Intifada. Arafat rientrò trionfalmente, le città palestinesi furono sgomberate fino all'ultima consentendo al 98 per cento dei palestinesi di vivere sotto la giurisdizione del loro Governo, fino ad oggi. Niente di significativo per chi desiderava la morte del nemico. Anche Gaza nel 2005 è stata sgomberata fino all'ultimo uomo, e ancora i palestinesi amano parlarne come di terra occupata. Nel frattempo ci sono state parecchie altre Conferenze di Pace alla fine delle quali a fronte delle molteplici vantaggiosissime offerte di terra da parte di Israele e dai Primi ministri Peres, Barak, Olmert Netayahu etc… I palestinesi hanno sempre risposto con dei "no"e con ondate di terrore. Del resto che la loro convinzione sia quella che Israele non debba esistere è ben chiara dalla rete di accuse intessute dalla loro propaganda: genocidio, apartheid... Tutte cretinate che una mente lucida e informata non può accettare, ma che stanno alla base del nuovo antisemitismo che impedisce la pace non solo di Israele, ma del popolo ebraico. Qui viene un punto che l'Europa forse dovrebbe finalmente capire se veramente desidera la pace e l'equilibrio dell'Area mediorientale in cui, inoltre, adesso l'Iran e gli Hezbollah pesano con finanziamenti e armi a Gaza e non solo.
L'UE sappia che non tutto il mondo arabo è contro la pace, e che il veto e la criminalizzazione palestinesi non impediscono la pace: lo dimostrano i Patti di Abramo. Se i palestinesi capiranno che una vera amicizia può fiorire, pace contro pace, tolleranza contro tolleranza, vantaggi contro vantaggi, fra chi lo desidera veramente forse usciranno dal loro desiderio di distruzione razzista. Emirati Arabi Uniti, Bahrain, Marocco, Sudan oltre all'Egitto e alla Giordania sono in pace con Israele. Hanno capito che gli Ebrei appartengono a quella terra, là sono nati, là sono tornati dopo secoli di sofferenze con la loro autodeterminazione a un Paese democratico, La pace è un obiettivo che porta davvero frutti e non parole, speranza per i bambini, salute, acqua, agricoltura, tecnologia... Israele sa darla, i Paesi arabi sanno lavorare insieme. I palestinesi, se l'Europa avesse davvero voluto coinvolgerli in un Processo di Pace, avrebbero dovuto essere invitati a Bruxelles nell'ambito della pace di Abramo, perché è quello l'involucro positivo, quello del reciproco apprezzamento, cortesia, business. Non il solito disprezzo per cui a Israele ci si rivolge come a un suprematista invasore, negando i suoi diritti a essere lo Stato del Popolo Ebraico. La questione dell'occupazione, che è l'unica parola che l'UE sa compitare accusando Israele di illegalità internazionale, deve recuperare il suo significato storico: qui siamo a fronte di terre disputate, questione di suprema sicurezza, e di reciproca accettazione. Non è fatta certo solo di terra la pace, essa è stata offerta mille volte, è fatta di pregiudizio religioso e ideologico da parte palestinese, ma non più arabo.
Non solo la proposta di un ennesimo Vertice di pace non è di pace, esso è di guerra al popolo palestinese stesso, che forse desidera la pace proprio come quello dei Patti di Abramo ma non può dirlo.
Tra esecuzioni di massa e elezioni farsa ora sarà corsa senza freni all'atomica
domenica 20 giugno 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 20 giugno 2021
Dunque
l'Iran ha da ieri il suo nuovo presidente dopo aver vissuto ancora la
farsa che ogni quattro anni mette in scena di fronte al mondo: una cosa
che il regime chiama «elezioni» e che la gente schiva per la grande
maggioranza. Ebrahim Raisi era sin dall'inizio «il presidente eletto»,
dato che così aveva deciso Ali Khamenei, il leader supremo. Dei 500
candidati che si erano presentati per la selezione, incluse 40 donne, ne
erano rimasti nel setaccio del comitato che scelgono i personaggi
possibili solo 7, di cui solo 4 realmente eleggibili. Si dice di lui che
è un «ultraconservatore»: ma è una definizione che lascia spazio
all'idea che altrove dei riformatori aspettino il loro turno. Non è
così. Solo la gente sarebbe la grande riformatrice del Paese, ed è messa
a tacere con la forza a regolari puntate. Cerca di dimostrare il suo
scontento non venendo a votare per quel che può, e così ha fatto anche
stavolta. Il pane in Iran costa 40 dollari al chilo, il salario minimo è
di 215 dollari al mese. Spesso i lavoratori non vengono pagati per
mesi, l'obbedienza al regime è un obbligo che si paga con la vita, la
libertà di opinione e di manifestazione è una barzelletta che finisce
sempre in lacrime. Ebrahim Raisi, 60 anni, nei suoi vari ruoli
determinanti nel sistema giudiziario iraniano è il diretto responsabile
di migliaia di condanne a morte per i più svariati crimini di violazione
delle sacre leggi del regime degli Ayatollah, quindi di violatore
seriale di diritti umani. Questo dovrebbe creare un serio imbarazzo
internazionale, anche adesso durante le trattative di Vienna cui gli
Stati Uniti sembrano tenere tanto per il rinnovo del Jcpoa, l'accordo
nucleare del 2015 per cercare, del tutto inutilmente di bloccare il
progetto della bomba iraniana. Illusione. L'Iran infatti, dopo aver
firmato l'accordo che poi il presidente Trump ha cancellato, ha
seguitato a perseguire il suo piano di diventare una potenza atomica
devota prima di tutto alla distruzione fisica di Israele e poi di tutto
l'Occidente, secondo le prove asportate in faldoni originali di migliaia
di pagine dal Mossad e anche secondo le difficoltose verifiche
dell'Aiea, l'agenzia atomica internazionale sempre impedita nei
movimenti dal regime. Intanto, al comando del generale Qasem Soleimani
guerreggiava ovunque, Libano, Siria, Iraq, Yemen, Gaza nel grande
disegno imperialista di occupazione del Medio Oriente. Ora che è stato
eliminato, il regime prosegue nel suo disegno. Così farà Raisi. [...]
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
venerdì 18 giugno 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda
VIDEO Webinar The Abraham Accords: Sharing the Abraham Vision with Europe
martedì 15 giugno 2021 English 0 commenti
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Netanyahu dice addio. Così ha reso grande Israele - Congiurati pronti a giurare alla Knesset. Ma Bibi ha reso Israele indispensabile
domenica 13 giugno 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 13 giugno 2021
"Il nobile Bruto dice che Cesare era ambizioso", e che si dica, dice Ottaviano secondo Shakespeare. E poi si avventura nelle lodi di Cesare il cui corpo giace sul selciato di Roma, e suscita l'amore della folla. La storia ha parlato di Cesare come si meritava, protagonista della storia romana. E così sia per Netanyahu, che per fortuna, sia chiaro, sta benissimo di salute e magari tornerà ad essere Primo Ministro. Ma oggi i nobili nuovi membri del governo non solo dicono che la loro è una santa impresa di salvataggio della nazione, ma di compimento di un'opera storica indispensabile. Portano di questo una quantità di ragioni che sovrasta di gran lunga la loro non chiara prospettiva di governo: dicono che per quanto un leader possa essere prezioso in democrazia dodici anni al potere sono un'anomalia che (oltre a suscitare invidia) risulta in una diminuzione della democrazia stessa. E aggiungono proditoriamente che questo era nelle intenzioni di Netanyahu. La seconda ripetuta motivazione è che Cesare, ovvero Netanyahu, ha un carattere difficile, superbo, che non conosce remissione né scusa e non fa crescere virgulti: ed è per questo che i personaggi che oggi sono al Governo, a partire da Naftali Bennet a Yair Lapid a Yvette Lieberman a Gideon Sa ar possono tutti dire di essere stati trattati con poca giustizia e con spocchia. Ma anche Churchill non aveva un buon carattere. Questo non lo ha limitato nel salvare l'Europa da Hitler. Così sia per Cesare. Sono divenuti parte dell'insofferenza verso il leader la famiglia di Netanyahu, il carattere di sua moglie Sara e gli interventi di suo figlio Yair, ma non risulta che abbiano mai influito sulle chiara, elaborata strategia sionista del Primo Ministro.
E naturalmente si usa per lui ad abundantiam l'aggettivo "corrotto" rispetto alle tre accuse per cui oggi siede in tribunale indiziato di reato: ma si tratta secondo molti giuristi di accuse fasulle e pretestuose, come quella di aver parlato ai giornali cercando coperture positive che non ha mai ottenuto, o quella di aver ricevuto ridicoli regali in champagne contro aiuti secondari. Tuttavia Bruto è uomo d'onore.
Netanyahu tuttavia, la cui storia conosce un intervallo ma che nessuno sa come continuerà, ne fa un uomo di svolte grandiose nella storia di Israele, l'ultima delle quali, la vittoria del Paese sul Covid, è testimone di un modo di lavorare, secondo tutti i testimoni, che non conosce tregua, che va diritta allo scopo avendone individuato il principio fondamentale che in questo caso, fin dal primo giorno, sono stati i vaccini. Vaccinare tutti è stato per Netanyahu sinonimo di salvare Israele, per questo l'ha fatto meglio di tutto il mondo, e questo è il suo drive: la sua percezione, affinatasi nel tempo, che Israele è un Paese da salvare, piccolo, dai confini insicuri, dai nemici decisi, il solo Paese che tiene saldi i valori dell'Occidente figli della storia dell'ebraismo e che per questo ha bisogno di una particolare dedizione e di una determinazione che non scherza e che capisce che non c'è compromesso possibile sulla sicurezza. La prima volta che Netanyahu fu Primo Ministro nel 1996 , battendo Shimon Peres, questa determinazione appariva dura e solenne, troppo per resistere: nel tempo quindi l'ha mollificata nel comportamento, ma solidificata nei contenuti. Durante un viaggio in Argentina spiegò dove stava andando: Israele deve potersi difendere da solo, la sua tecnologia, la sua scienza non devono conoscere rivali, deve avere le armi più moderne, devi sguinzagliare le migliori intelligenze. Per fare questo occorre molto denaro, devi liberare l'economia, ridurre la burocrazia, mercati aperti e grandi rapporti internazionali.
Qui Netanyahu individua la sua strada per quella che è sempre stata la maggiore ambizione di ogni Primo Ministro, da Begin a Rabin, di destra e di sinistra: la pace. Capisce che la pace coi palestinesi si merita dei tentativi seri, come quello del congelamento delle costruzioni nella West Bank, si merita il suo discorso che impegna il Paese a "due Stati per due popoli" ma capisce anche, al contrario di Obama che cerca di imporgli quello scivoloso, inconcludente terreno delle rinunce territoriali dopo Oslo, che i palestinesi non vanno da nessuna parte perché rifiutano, nei fatti l'esistenza dello Stato ebraico.