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Il Medio Oriente visto da Gerusalemme

venerdì 20 agosto 2021 Generico 0 commenti
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Intervista a Harold Rhode: «La menzogna per gli jihadisti è una vera tattica di guerra»

giovedì 19 agosto 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 19 agosto 2021
 
Harold Rhode, uno degli allievi preferiti del maggiore storico del Medio Oriente, Bernard Lewis, ha lavorato per 28 anni al Pentagono nell'Ufficio del Dipartimento per la Difesa come Consigliere sulla cultura Islamica. Esplicito e anticonformista, autore di molti libri e articoli, membro del Gatestone Institute e del Jerusalem Center for Public Affairs, pensa che niente potrà dissuadere i talebani dal loro comportamento e dal loro disegno originario, una guerra totale all'Occidente tramite l'uso del terrorismo.
 
Ma oggi, dottor Rhode, cercano di disegnare all'opinione pubblica mondiale un ruolo su misura, promettendo che non verrà torto un capello a nessuno e che la loro "inclusività"  verrà confermata dalla politica prossima ventura. Parole che tutti vogliono ascoltare per consolarsi dalle orrifica immagine delle povere persone che si arrampicano a grappoli sull'aereo…
 
"Chi mostra di crederci, coltiva inutili speranze. Non c'è la minima chance al mondo che i talebani cambino, ciò che li frena adesso dal riaffermare, come peraltro alcuni fra i leader già fanno, la loro determinazione a un governo totalitario della Sharia, la legge islamica, oggi sul loro popolo e domani su tutto il mondo, è solo la prudenza tipica degli inizi. Trump aveva indicato un orizzonte americano della fuoriuscita diverso da quello di Biden"
 
Ma è Trump che ha gettato le basi del disastro.
 
"Trump aveva detto: ce ne andiamo, ma se osate tornare a spadroneggiare, a uccidere, a torturare, di voi non resterà traccia. La minaccia ha avuto un effetto duraturo, fin qui non è stato toccato nemmeno un americano. E mi creda che non gliene manca la voglia. Ma l'unica cosa che può fermare una forza integralista e shariatica come i talebani, la paura di essere annientati, è andata sparendo con Biden. E la deterrenza è l'unico sistema per bloccarli"
 
L'idea di abbandonare il campo come soluzione di pace è molto frequentata dall'Occidente
 
"Innanzitutto, quando si occupa un Paese straniero per eliminare, come fece Israele col Libano,  milizie terroriste che ti minacciano, si deve agire e poi uscire dal campo. Restare sul terreno a lungo è molto dispendioso, costa denaro e vite umane"
 
E quindi? Lasciare che poi i terroristi costruiscano il loro potere?
 
"Niente affatto: le loro piramidi vanno destrutturate con la forza, poi si deve lasciare il campo, e se restano leadership e residui, avvertirli chiaramente che non osino riprendere quella strada. L'abbandono israeliano del Libano senza toccare il vertice degli Hezbollah ha lasciato che essi diventassero i padroni del Paese; a Gaza lo stesso è successo con Hamas. Le strutture jihadiste, shiite e sunnite, vivono la loro guerra per la sharia e la jihad mondiale come una raison d'être fondamentale. Così anche i talebani"
 
Questo significa che torneranno a colpire magari anche gli USA come ai tempi di Bin Laden?
 
"Questa è certamente la loro intenzione. Il concetto di "forza moderata" è privo di qualsiasi significato per loro. E più ancora, la loro grande eccitazione non è determinata dal fatto che gli americani se ne siano andati, ma da come se ne sono andati, di corsa, senza colpo ferire. Ci pensi, i talebani hanno sconfitto tre imperi, quello Inglese, quello Russo, quello Americano"
 
E tuttavia stanno cercando di apparire diversi, dando speranza a molti leader occidentali, a Guterrez, alla Merkel, anche agli italiani…
 
"Guai a cadere nella trappola della  taqiyya, la dissimulazione per cui per il bene dell'Islam si può, anzi si deve, parlare il linguaggio del nemico, sorridere, trovare accordi. L'Iran è un perfetto esempio, i suoi rappresentanti non si peritano di condurre amichevoli trattative e di scambiare simpatetici punti di vista con tutti i rappresentanti occidentali. La verità è che il nostro mondo, per fedeltà alla sua cultura di pace, non vede l'ora di cascarci, anche quando si discutono questioni vitali come il nucleare su cui, appunto, l'Iran seguita a prendere il mondo per il naso da decenni. IL guaio è che così mettiamo a gran rischio la nostra civiltà".
 
L'Iran e i Talebani, così come svariate componenti del mondo islamico hanno interesse a unire le loro forze per l'Islam. Pensa che questo sia possibile nonostante appartengano l'uno alla fede sunnita e gli altri a quella sciita?
 
“È già successo, come quando i figli di Bin Laden sono stati ospitati a Teheran, o quando Ismail Haniyeh va a trovare gli Ayatollah. Ma alla lunga il rapporto non regge, e contiene sempre un velato ricatto dei due gruppi l'uno verso l'altro"
 
La Cina si avvantaggerà della situazione?
 
"L'Afganistan è ricco di metalli e di altre risorse che la Cina desidera, e Pechino ha un buon rapporto coi talebani. Ma ha molto investito nei territori del Pakistan popolati dai Pashtun, e adesso lì la situazione si complica. Inoltre i talebani sanno cosa fanno i cinesi ai loro fratelli musulmani nello Xinjang.. I cinesi non sono mai riusciti a convincere gli uiguri, in più anche la Cina non è fuori dai programmi talebani di islamizzazione del mondo.. insomma anche qui la cultura ha il suo ruolo da giocare".
 
E in Medio Oriente?
 
S"In Medio Oriente molti degli alleati degli americani, gli Emirati, i sauditi, l'Egitto, Israele... si stanno certo chiedendo se ci si può fidare degli americani in tempi di bisogno... mi sembra di sentire echeggiare un sonoro "no"..."
 
E quindi? Si può fare qualcosa?
 
"Per prima cosa, salvare chiunque abbia avuto a che fare con gli USA in questi anni. Certo, purtroppo non si può immaginare di aprire i confini a tutti i musulmani del mondo... Ci sono cose che non sono in nostro potere".
 

 

L'umiliante ritirata. Un regalo a Cina e Russia

martedì 17 agosto 2021 Il Giornale 1 commento

Il Giornale, 17 agosto 2021

 

Il disastro della defezione americana è insieme immenso, e ridicolo. Immenso nelle sue conseguenze umanitarie e geopolitiche. Quelle creature appese agli aerei siamo tutti noi, qui ci sono solo lacrime, solo il terrore di fronte al male assoluto. Ma è anche ridicolo, perché ciò che si ripete è una caricatura, una farsa: gli americani che, come un sorriso di Clint Eastwood, rappresentano il migliore dei mondi possibili per poi, invece, indietreggiano per mettersi a correre dietro l'angolo come Il disastro della defezione americana è insieme immenso, e ridicolo. Immenso nelle sue conseguenze umanitarie e geopolitiche. Quelle creature appese agli aerei siamo tutti noi, qui ci sono solo lacrime, solo il terrore di fronte al male assoluto. Ma è anche ridicolo, perchè ciò che si ripete è una caricatura, una farsa: gli americani che, come un sorriso di Clint Eastwood, rappresentano il migliore dei mondi possibili per poi, invece, indietreggiare per mettersi a correre dietro l'angolo come Stanlio e Ollio, sono ormai diventati il replay di un vecchio film. Anzi, di diverse pellicole ingiallite: viene in mente il 75 a Saigon, naturalmente, con l'elicottero di disperati che si alza in volo portando in salvo i suoi mentre avanza il regime comunista vittorioso; e viene anche in mente il disastro dell'ambasciata iraniana del 79, con gli americani ostaggio degli ayatollah; e il rinculare di Obama dopo una terribile minaccia di guerra se fosse stata violata la  "linea rossa" per cui  Assad seguitava lieto a gasare i ribelli; e l'Iraq post Saddam; e la Libia, la Somalia, Haiti, Panama.... Dimenticavamo l'antica Baia dei Porci, persino...L'America manda i suoi, sempre valorosi, decisi, armati con gli ultimi ritrovati, soldati e emissari carichi di sincero spirito democratico, e poi non gliene va veramente bene una. Le Forze Democratiche Siriane che hanno aiutato a liberare Raqqa dall'Isis hanno visto gli USA definirli un'alleanza "temporane a transitoria". In Iraq, nella regione dei curdi, la paura che gli USA adesso li pianti in asso è molto concreta.
 
Insomma questo ultimo abbandono nasce da una storia di protagonista assoluto che però non sa decidersi fra l' aspirazione morale e gli interessi politici immediati, zigzagante, sensibile oggetto di continue critiche, sempre meno sicura del proprio ruolo primario nel mondo. Così che adesso l'America risulta ammantata da un cumulo di vergogne, con questo rapidissimo e semi incomprensibile abbandono di Biden, la cui figura stessa adesso resta incatenata alle immagini dei poveri cittadini alla rincorsa degli aerei per volare via dalla persecuzione jihadista, dall'assassinio, dalla lapidazione, dal taglio della mano, dalla schiavizzazione delle donne che è già cominciata con l'invito a presentarsi per "sposare" i nuovi padroni. Biden ha pensato che, come Trump, fosse il caso di parlare agli americani di "interessi" più che di compiti storici, dato che i miliardi spesi sono tanti, e che comunque, come gli inglesi nell'800 e i russi il secolo scorso, anche gli americani dopo vent'anni fra quelle montagne non sanno più che fare. Il disinvestimento ha prima di tutto implicato lo stop al necessario largo uso dell'aviazione da parte delle truppe regolari afghani. Questo, impediva di inseguire i talebani fra i monti, e il resto è venuto automaticamente, e molto in fretta. Ma se la gente comune in America può voltarsi dall'altra parte, la sua elite, di destra e di sinistra, non sarà altrettanto indifferente allo spregio che qui vien fatto ai diritti umani, religione del nostro tempo. Inoltre come ignorare il favore che si fa a Mosca e a Pechino? 
 
I talebani hanno visitato la Russia almeno tre volte in questi anni, e il commento dell'ambasciatore Dimitri Jirnov adesso è stato: "Occorre che i talebani consentano un passaggio ordinato dei poteri". Tutto qui. Anche i cinesi gioiscono, per non parlare degli iraniani, nonostante gli sciiti non siano i migliori amici dei talebani. Ma la loro bandiera è identica: jihad! legge islamica per tutto il mondo. Non a caso Hamas si è gi congratulato, e ieri ha già tirato un paio di missili su Israele. La Jihad di tutto il mondo, a tutte le latitudini, si ringalluzzisce: per vent'anni, comunque, l'Afghanistan era stato quieto, Bin Laden era stato eliminato, al Qaeda non è tornata a colpire gli USA. Intanto, la mortalità infantile si dimezzava e l'aspettativa di vita aumentava di 4 anni per le donne e di 3 per gli uomini, e i laureati passavano da 20mila a 31mila l'anno. Adesso, è finita. Adesso, la mossa di Biden ,mentre distrugge la dimensione morale e strategica americana, ne fa a pezzi la deterrenza, fa piacere all'Iran. Le uniche sentinelle sono i Paesi Arabi moderati, Egitto, Giordania,i membri del Patto di Abramo insieme a Israele, Grecia, Cipro, all'Arabia Saudita, all'India che è adesso il primo obiettivo dei poveri fuggitivi. Il mondo è in preda a un trauma che sfascia insieme alla pace anche i nostri film, le canzoni, i sogni. Ormai salverà il mondo non lo zio Sam, ma una gran forza d'animo, il coraggio di un no collettivo allo jihadismo.
 

L'Italia boicotti la conferenza anti-semita dell'Unesco

domenica 15 agosto 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 15 agosto 2021

Adesso tocca all'Italia, certamente Mario Draghi sa benissimo che il nostro Paese non deve permettere che si consenta alla vergogna di Durban di prendere di nuovo le ali. Ieri Macron l'ha annunciato: la Francia non ritiene opportuno partecipare alla quarta replica della conferenza del 2001 che, sotto l'egida dell'UNESCO e col titolo fasullo di "conferenza contro il razzismo la xenofobia e l'intolleranza" ha creato, sempre più alta negli anni, l'attuale ondata di letale antisemitismo. Le basi teoriche e politiche erano tutte lì. Qui prende corpo il più rabbioso antisionismo che attacca insieme Israele e il popolo ebraico e non nasconde il suo scopo genocida, un movimento pericoloso perchè senza confini geografici, sposato col terrorismo e con la violenza e travestito, proprio come la prima conferenza di Durban, coi panni dei diritti umani e della "critica legittima" a Israele. La quarta replica di questa conferenza avrà luogo il 22 settembre: gli USA, il Canada, la Germania, Israele, la Repubblica Ceca, l'Inghilterra, l'Olanda, hanno già annunciato il loro boicottaggi. Lo stesso deve fare l'Italia e così rifiutare la criminalizzazione dello Stato d'Israele e l'antisemitismo che essa genera: Durban si inventò, e oggi continuano su questa strada i suoi eredi, gli slogan di Israele stato razzista, di apartheid e genocida contro ogni realtà dei fatti, dato che lo Stato Ebraico, spasmodicamente democratico, pratica una politica che è l'opposto di questa; Durban nel 2001 disegnò l'idea dell'occupazione "fuorilegge", ignorando gli accordi di Oslo firmati da Rabin e Arafat e contro tutta la storica discussione giuridica sull'argomento; fece della questione dei territori occupati un punto per chiamare Israele illegittima e coloniale, senza mai tirare in ballo le tante altre occupazioni, come quella Turca di Cipro o quella Cinese del Tibet… Martin Luther King lo disse chiaro: “Fratello, se attacchi con odio Israele sei semplicemente antisemita”.


A Durban, da inviata della Stampa,ho raccontato giorno dopo giorno incredula come Arafat, Fidel Castro, Mugabe, forti del sostegno antiamericano e anti-israeliano basato sulla tradizione sovietica, inveissero a turno dalla tribuna. Nelson Mandela era là presente; li ho sentiti propagandare il loro odio antisemita mentre le delegazioni di tutto il mondo si agitavano inquiete senza sapere che fare, dire che Israele era uno stato di apartheid e che quindi doveva cessare di esistere; Israele diventò lo zombie del colonialismo contemporaneo a fronte di uno Stato palestinese mai esistito, ma improvvisamente divenuto, mentre i terroristi palestinesi con la seconda Intifada compivano strage di donne e bambini nelle strade di Gerusalemme, un ideale simbolico onnicomprensivo della salvezza del mondo. Gli ebrei erano stati gli assassini di Cristo, poi la razza inferiore da cancellare, poi gli infedeli invasori dell'Islam, con Durban diventano la bestemmia della religione dei nostri tempi, i diritti umani. Proprio, paradosso, mentre a fatica e sempre in guerra, sono la speranza democratica del Medio Oriente. Oggi rischiamo, andando a Durban di rinvigorire le teorie razziste che l'hanno dominata.

L'inveire dei famosi leader echeggiava nell'emiciclo semibuio, affollato e confuso, circondato dal brusio perplesso delle delegazioni che uscivano nel corridoio per cercare un accordo impossibile sulle risoluzioni. Dalla delegazione italiana Margherita Boniver si batteva coraggiosamente, quando ci incontravamo nei corridoi ci scambiavamo parole disperate. Negli intervalli incontravo altri ebrei come me, rifugiati e inseguiti, gli speaker venivano impediti dal prendere la parola. E ad ogni momento stavano riunite in permanenza le ONG che distribuivano materiali di odio antiebraico come i protocolli dei Savi di Sion, si abbellivano con la kefia, terrorizzavano la delegazione israeliana. I tutsi, i tibetani, i guatemaltechi del Premio Nobel Rigoberta Menchú che si aggirava nei suoi abiti multicolori, gli "intoccabili" indiani,gli Uiguri... Tutti gli oppressi furono ridotti a comparse in confronto alla ben programmata guerra contro Israele. La vergogna della celebrazione di un simile evento deve essere evitata per il bene dell'umanità. Accusare Israele di genocidio e di razzismo, delegittimarne l'esistenza stessa, è il nutrimento primario del movimento antisemita contemporaneo in continua crescita, che in più si è arricchito in questi ultimi tempi del termine "suprematismo". Le folle, impugnando a piacere la bandiera dei diritti umani, quella dei musulmani contro l'islamofobia, o dei neri contro il razzismo ("black lives matter") o delle donne, sulla linea dell'equivoco di Durban gridano "From the river to the sea Palestine will be free", ovvero chiedono la cancellazione di Israele, e "Fuck the jews" si è sentito gridare a Londra, o "chi è ebreo qui?" in un ristorante di Los Angeles.

Signor Primo Ministro, chiudiamo almeno questo rubinetto d'odio. Dopo il primo Durban, otto anni dopo Gheddafi ne ha presieduto la prosecuzione; poi nel 2011 Mahmoud Ahmadinejad vi ha tenuto il suo show negazionista. Seguendo una manifestazione organizzata nel 2001 dalle ONG, sopra le teste dell'umanità variopinta fiera della sua recente liberazione dwll'apartheid, la cronista vide ondeggiare i ritratti sollevati bene in alto di Osama Bin Laden. Pochi giorni dopo, tornata a Gerusalemme, vidi in diretta il disastro che ha cambiato il mondo.


Double Message, Double Standard: Institutions Abandoning the IHRA Definition of Anti‑Semitism Court Danger

mercoledì 11 agosto 2021 English 0 commenti

 

Doppio messaggio, doppio standard: le istituzioni che abbandonano la definizione dell'IHRA di pericolo del tribunale antisemitismo

 

Videohttps://www.youtube.com/watch?v=Pbovwt-E_U8&t=4s

Read the book onlinehttps://jcpa.org/book/double-message-...

Download PDFhttps://jcpa.org/pdf/fiamma_ihra_17ju...

 

 

 

 

NEW BOOK Double Message, Double Standard: Institutions Abandoning the IHRA Definition of Anti‑Semitism Court Danger

martedì 10 agosto 2021 Generico 0 commenti

L'Europa in ginocchio da Raisi, l'ultimo satrapo

sabato 7 agosto 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 07 agosto 2021

La cerimonia di inaugurazione nel nuovo presidente Iraniano è una certificazione di indifferenza politica e morale, di cancellazione della differenza fra terrorismo e diplomazia, fra crudele dittatura e democrazia. E' una tomba dei diritti umani. L'accoglienza è stata graziosa, perché gli iraniani, si sa, sono signori, colti, gentleman e dignitari dalle maniere invidiabili e dal sorriso accattivante sotto la barba, incorniciato dal turbante nero e dalle vesti candide. Il protocollo iraniano ha annunciato 73 istituzioni statuali, internazionali, di movimenti  rappresentati da 115 incaricati ufficiali,cui 10 presidenti, 20 presidenti di parlamenti, 11 ministri degli esteri, 10 altri ministri, e molti onorevoli da tutto il mondo. Un successone. Ed ecco la platea, stipata di gente in cipria e polpe sistemata in un ordine che rifletta le preferenze di Ibrahim Raisi, il nuovo presidente, e naturalmente del regime degli Ayatollah, il cui vertice pensante e decisionale è sempre Khamenei.

E' lui che ha selezionato i candidati facendone eliminare a bizzeffe fino all'elezione del suo, Ibrahim Raisi: dopo che ebbe perduto nel 2017 lo ha tenuto pronto alla bisogna con incarichi importantissimi nel giudiziario, per cui si è guadagnato l'orrore persino di Amnesty International, essendo il giudice responsabile della condanna a morte di decine di migliaia di dissidenti e variamente sgraditi al regime.

In prima fila, alla festa, il leader di Hamas Ismail Haniyeh, il capo della Jihad islamica Ziad al Nakhaleh, il vice capo di Hamas (che intanto stava sparando venti missili su Israele) Naim Qassem, tutti in fila, e altri leader del terrorismo loro pari oltre agli alti ranghi delle Guardie della Rivoluzione. Ed ecco, però, subito dietro, con cravatta rossa, il rappresentante dell'Unione Europea, che ha messo tutte queste organizzazioni nella sua lista nera: Enrique Mora, viceministro degli Esteri dell'UE e uomo di punta nei colloqui di Vienna che dovrebbero restituire alla vita il trattato sul nucleare.

Che altro deve succedere in questi giorni con l'Iran, oltre alla pirateria e al doppio omicidio nelle acque dell'Oman;  all'uso dei propri "proxy" come squadre militare ormai sparse per tutto il Medio Oriente con armi e droni che valgono i milioni di cui avrebbe bisogno la popolazione iraniana ormai esasperata e con cui possono colpire chiunque; oltre alla repressione mortale nelle piazze disperate; oltre alla veloce corsa all'arricchimento dell'uranio mentre Raisi dichiarava che l'atomica è contraria ai suoi principi; oltre al rallentamento volontario e ricattatorio dei colloqui con gli USA e gli altri Paesi riuniti a Vienna... E ultimo nella lista, ma non certo per importanza, come può l'Europa omaggiare un Paese che ha fatto della distruzione dello Stato Ebraico e dell'odio degli USA la sua principale bandiera? Che invita e sedere in prima fila quelli che progettano omicidi di donne e bambini sugli autobus e nelle pizzerie e li rifornisce di soldi e armi? Gli Ayatollah possono essere contenti: il terrorismo siede ufficialmente in prima fila, e senza una parola, noi prendiamo posto in seconda fila.


Errore politico inseguire i No Vax

venerdì 6 agosto 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 06 agosto 2021

Scrivo col braccio sinistro dolente dopo la terzavaccinazione. Sono contenta: non solo so di essere più sicura, rispetto all'aggressività delle ultime varianti, ma anche perché c'è la fila degli"OverSixty" per andarsi a vaccinare. É questa la libertà: quella diascoltare, scegliere, fare quello che è giusto per sé e per la società interasecondo il buon senso, e ciò che ti viene indicato col criterio del benecomune  dal governo eletto. E chi nondistingue la regola definita per il bene comune da una malvagia, striscianteacquisizione di potere, peggio per lui. É nella Bibbia, Esodo, capitolo 32,versi 15 e 16: “Quando Mosè sale sul Monte, è ancora uno schiavo”.

Diventa un uomo libero quando scende con delle regolescritte: quella è la libertà. Ha la libertà in mano, nella regola. Ha il suogreen pass, che ancora è un segno nella pietra, ci vorranno molti anni e moltopensiero, centinaia di migliaia di pagine di esegesi per capire bene comefunzionano quelle leggi: ma sono loro, le leggi, le regole, e poi oggi leCostituzioni, che formeranno l'uomo libero, sempre più libero. Sì, fino aquello che crede che libertà sia contestare il minimale diritto alla protezionesociale della salute che è la base stessa di un armonico vivere sociale, e cheserve per stare in piedi, o anche per non morire. Mi dispiace davvero cheAgamben pensi che nelle norme con cui si cerca di limitare il contagio delCovid ci sia qualcosa che viola "il semplice amabile fatto di vivere l'unoaccanto all'altro". Amabile? L'uno accanto all'altro? Non ha conosciutol'isolamento, l'immobilità nel silenzio? Dopo un anno e mezzo vissuto su questaterra pandemica, in cui l'uno accanto all'altro abbiamo temuto che il vicino,anche il più caro, potesse trascinarci col suo respiro nella valle dellamalattia e persino della morte, la cosa più logica è cercare i sentieri delritorno alla salute, a meno che non ci si creda più affatto. No, non deveessere obbligatorio vaccinarsi per questo, ma non deve essere neppureobbligatorio nemmeno costringere qualcuno che ha fatto i maggiori sacrifici perproteggere se stesso e i suoi cari, che magari, come è capitato a me, ha vistoqualcuno soccombere in famiglia, all'insicurezza di condividere lo spazio conqualcuno che non vuole dirti se è vaccinato oppure no. Perché alla fine sai checi sono molte probabilità che questo significhi che non lo è.

A tutte le latitudini un eccitato movimento"intersezionale" che ammonticchia tutti i diritti umani e tutti glioppressi contro tutti gli oppressori, ci propone l'idea di libertà, quelladelle donne, dei neri, dei gay, delle minoranze etniche, e adesso dei No-Vax edei no green pass, come se in definitiva debba essere praticata tenendo comeobiettivo una visione palingenetica, in cui si butta giù tutto pur di affermarele proprie buone ragioni e si sospetta una rete di potere oppressivo che hafatto la storia, la geografia, gli stati, le leggi... La verità è che perquanto buone esse possano essere, le cause di ciascuno vanno sempre bilanciatecon la possibile distruttività che contengono.

E qui per quel goccio di libertà in più che può fornire nondover mostrare un' app verde sul telefonino, si gioca sulla vita umana. É lalibertà di passare col semaforo rosso. Inoltre, che l'opinione pubblica sulla salute alla fine è saggia: i leader chespingono verso la salute saranno alla fine i più ammirati. Per esempio daun'indagine della tv israeliana. Netanyahu che ha gestito con polso sicuro laguerra al Covid, senza evitare chiusure e multe, e ha ossessionato dittefarmaceutiche e popolazione. Oggi lo segue anche questo governo, e anche quelloitaliano, e quello inglese, e quello francese, e quello americano... Lalegge  e l'obbedienza, specie dovec'entra la salute, danno la libertà.

Il Medio Oriente visto da Gerusalemme

venerdì 6 agosto 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,

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Israele e dintorni. Luciano Pallini intervista Fiamma Nirenstein sul futuro di Israele.

giovedì 5 agosto 2021 Generico 0 commenti

Buongiorno Fiamma, cominciamo la intervista?

 Prima delle domande, vorrei solo dire che l’articolo  molto pensoso che avete pubblicato (“Una nuova strada per Israele”)contiene delle ipotesi con cui non concordo affatto (ma questo però è del tutto legittimo da parte vostra – o di chi scrive): questa storia  dello stato binazionale è un’assurdità completa che nega proprio l’esistenza stessa dello stato di Israele come stato del popolo ebraico, nega il fatto che la nazionalità – intesa in senso buono, non del nazionalismo ma della Nazione ebraica – sia stata una componente fondamentale dei 3000 anni di esistenza e che è alla base del desiderio di ritorno a casa del popolo ebraico, che è un popolo che è nato primigenio in Israele… ma questa è un’altra storia e se vuoi mi fai una domanda su questo e c’entriamo dentro più organicamente.

Ha suscitato grande interesse anche in Italia e non soltanto in Italia la fine – per ora – dell’era Netanyahu con la formazione di un nuovo governo. Il primo punto che ti chiedo è sul piano interno, Netanyahu sicuramente ha ottenuto importanti traguardi  sul terreno della crescita economica, sul terreno della lotta al Covid, sull’aver portato Israele sulle frontiere più avanzate dell’innovazione tecnologica. Cosa pensi, la conformazione del nuovo governo sarà in grado di mantenere questo percorso virtuoso per Israele?

Penso che il merito gigantesco che ha avuto Netanyahu in questi lunghi anni, in cui è stato sempre democraticamente prescelto come Primo Ministro, e  molto democraticamente ha governato, mai sfiorandogli la mente né di toccare i diritti basilari  stabiliti dalla legge, né di discutere sul diritto della stampa di far polpette di lui – perché questo è stato quello che è accaduto nel corso di questi anni, l’uomo più preso di mira dall’odio dei media che ci sia stato – ecco, il  suo grande merito – secondo me-  è stato di rendere Israele indispensabile al genere umano. Tu pensa al contributo portato da Israele sul terreno della conoscenza, della sicurezza anche economica  e del contributo alla democrazia che può dare un Paese così piccolo e così assediato. Il contributo scientifico è del tutto evidente, non ci sarebbero i telefonini se non ci fosse Israele, se non in forma molto meno sviluppata di quello che ci sono adesso, i computer avrebbero tutt’altre caratteristiche: diciamo che  Israele è secondo solo agli Stati Uniti nel campo della tecnologia, così anche nel campo della medicina, Israele ha inventato dei sistemi per scoprire quando una persona ha il cancro o quando potrebbe avere l’Alzheimer, davvero straordinari, oltre al fatto di aver combattuto il Covid in un modo che ha insegnato a tutti: se oggi l’Europa ha imparato che facendo  vaccinazioni massive avrebbe sconfitto il Covid, dite se non è merito di Israele, è Israele ha insegnato che si fa e come si fa. È stato questo strano “Bibi” che,  ossessionato dal COVID, come racconta il CEO della Pfizer, lo chiamava alle 3 di notte per garantirsi che arrivassero i vaccini… ossessionato, perché lui è sempre stato ossessionato – lo dico in senso positivo – dalla sicurezza e dalla sopravvivenza del popolo ebraico che nel corso di tremila anni di storia ha attraversato momenti in cui la sua sicurezza e la sua sopravvivenza non erano affatto garantiti.Infatti, il  terzo successo  è  quello economico, tutti sanno che Israele è un Paese che versa in floride  condizioni economiche nonostante il Covid, perché Bibi ha cambiato tutto il sistema di libero mercato abbandonando  anche elementi dell’antico socialismo utopistico israeliano – che ha la sua origine nei kibbuz ma che nel tempo cambia e si modifica e che Bibi poi ha portato a una svolta.Infine  nel campo della sicurezza Netanyahu ha proprio dato una svolta,  una svolta fondamentale, ha individuato fin dal primo momento il terrorismo non solo come nemico fondamentale di Israele ma come nemico del mondo. Ha stretto alleanze di tutti i generi ha operato con tutti i mezzi, coi droni, con gli aerei, per dire  ha fatto di recente  un’esercitazione con l’Italia con gli F15, con risultati assai soddisfacenti.  Si sono elaborati  modi su come individuare i siti che diffondono le posizioni ideologiche del terrorismo,  come neutralizzarli e ha aiutato tantissimo anche gli altri paesi , basta pensa all’attentato iraniano che qualche anno fa   in Francia è stato scoperto e che voleva  far saltar per aria  una enorme manifestazione di massa a Parigi  nella quale tra l’altro erano presenti anche degli italiani – fra cui Giulio Terzi di Sant’Agata,  sai quante migliaia e migliaia di cose sono state scoperte con l’aiuto israeliano! Quindi è un aiuto teoretico, di nuovo, e un aiuto pratico che soprattutto prende di mira un punto fondamentale, l’Iran come stato che maggiormente finanzia e disloca  i suoi gruppi, sia per una conquista integralistica programmata, secondo le teorie del regime degli Ayatollah, sia per compiere  una quantità di attentati terroristici, di cui il più famoso è quello dell’AMIA (Argentine Mutual Jewish Association)  a Buenos Aires,  che fu fatto saltare in aria uccidendo tanti ebrei.

L’opinione pubblica in Italia ma anche in occidente, guarda con molta più attenzione e condivisione il movimento palestinese. C’è una lunga storia di accordi raggiunti e poi non attuati, in particolare da parte palestinese, qual è stata l’azione di Netanyahu verso  i palestinesi? Quale atteggiamento verso l’obiettivo “due popoli due stati”,  come si colloca  il problema di Gerusalemme come capitale dello stato ebraico?  Quali  i rapporti su questo,  in particolare con gli Stati Uniti, nel cambio delle sue presidenze?

Sono tante domande differenti. Sulla questione palestinese, Netanyahu sin dall’inizio con il suo famoso discorso all’università di Bar Ilan disse che era favorevole alla soluzione due stati per due popoli,  lo disse e l’ha perseguita attuando  il blocco delle costruzioni negli insediamenti e stando ad aspettare per dieci mesi  che Abu Mazen  si presentasse ai colloqui. Come al solito,  i palestinesi sono risultati inaffidabili, come avevano dimostrando precedentemente in tutti i modi possibili e immaginabili, con il rifiuto degli accordi che  erano stati offerti con colloqui molto ordinati.Prima con la Conferenza di Madrid del 1991, poi con il vertice di Camp David con Clinton, il premier israeliano Barak insieme a Arafat, vertice  finito con il rifiuto dell’intesa da parte  di Arafat, che nel 1993  era stato fatto rientrare in Palestina   in base agli accordi di Oslo che prevedevano la rinuncia al terrorismo (un errore, perché lui è ritornato e da lì ha ricominciato a saltare tutto per aria, gli autobus, le pizzerie ecc). Così allo stesso modo Abu Mazen rifiutò la proposta del premier Olmert che gli aveva  offerto  tutto,  la città vecchia,  praticamente qualsiasi cosa.I Palestinesi nel corso degli anni, di fronte a queste profferte,  hanno sempre detto no: basta leggersi un libro di storia qualunque, per  quanto possa essere scritto con malevolenza nei confronti di Israele e possa partire da delle idee preconcette, non c’è  però testo – DICEVO –  che possa sostenere che da parte, prima del mondo arabo in generale e poi dei palestinesi in particolare, sia mai venuto un “sì”, sono venuti soltanto dei “no”.   Netanyahu è quello che poi alla fine ha capito  – dopo che i suoi predecessori da Shamir a Begin a Barak, Olmert  avevano provato a offrire ai Palestinesti delle opzioni molto appetibili, molto larghe, hanno tutti quanti ricevuto dei “no”-   che   si tratta di “no” che hanno un carattere ideologico e non territoriale, religioso e non territoriale.L’errore che si seguita a fare, anche quando si giudica l’operato di Netanyahu, è quello di pensare “Beh, se però Israele mollasse sulla questione dei territori, si ritirasse oltre il cosiddetto confine – che confine non è – del ’67, allora i Palestinesi sarebbero più contenti”. Le prove evidenti sono tantissime, la più chiara di tutte è quella di quando Sharon ha ritirato fino all’ultimo ebreo da Gaza e Gaza è diventata la sede dei lanciamissili di Hamas  che ci bombardano dalla mattina alla sera e che durante l’ultimo conflitto ci hanno sparato addosso 4500 razzi! Ora la storia è talmente evidente che misconoscerla sarebbe stato, da parte del Primo Ministro un errore fondamentale.Allora diciamo una cosa: la storia di Netanyahu è la storia di una persona che cambia il paradigma perché il paradigma è sbagliato. È semplicemente così. La sua idea è stata quella di cercare di andare verso i Palestinesi con un approccio  diverso. Ricordiamoci anche di un altro fatto fondamentale: quell’accordo di Oslo firmato da Rabin e da Arafat, che nella fantasia ignorante di tante persone è una specie di promessa di Israele di impacchettare le proprie valige e fare posto ai Palestinesi, non è affatto così. Oslo è tutta un’altra cosa: ci sono i territori A, B e C. Una parte, la zona A, la maggiore, quella in cui c’è il 98% di tutta la presenza Palestinese, è già stata consegnata ai Palestinesi! Io da giornalista a Betlemme, a Ramallah, a Gerico ho seguito con gli occhi,  uno per uno,  gli sgomberi degli Israeliani! Gli Israeliani se ne sono  andati e hanno consegnato all’autonomia Palestinese quello che gli dovevano dare. la zona A, interamente palestinese, la B, dove l’autorità civile è palestinese, mentre il controllo militare rimane a Israele, e la zona C, israeliana.Poi ci sono i territori B,  quelli in cui c’è  presenza comune con l’autorità civile palestinese ed il  controllo militare israeliano) , ancora oggetto di trattativa, e poi ci sono quelli solo Israeliani, i territori C. È vero,  ci sono questi territori dove ci sono i cosiddetti “insediamenti”  che sono delle vere e proprie cittadine, di cui qualcuna direttamente connessa a Gerusalemme come Ma’ale Adumim,  ma una presenza araba c’è anche in Israele. Tutto questo non qualifica come appartenenza, e qui è forse il caso di ricordare –prima che uno se lo sia dimenticato completamente – che uno stato Palestinese non c’è mai stato, non è mai stato occupato, non è mai esistito: prima c’era  l’impero Ottomano, c’erano i Turchi,  poi c’è stato il dominio inglese per un certo periodo, e poi è venuto lo Stato di Israele, non c’è mai stato lo Stato Palestinese!Nel 1948 durante la guerra, la Giordania occupò quello che oggi viene vissuto nella mente degli amici dei Palestinesi – che hanno diritto di essere amici dei Palestinesi –come lo stato Palestinese, ma non è così. Erano territori occupati dalla Giordania, quando la Giordania nel 1948 ha attaccato insieme a tutti gli altri stati Israele, Israele ha risposto e,  siccome ha vinto la guerra, una delle tante guerre vinte inopinatamente da Israele che le doveva sempre perdere e invece le ha vinte: pensa te come  ha vinto nel ‘48 con tutti questi disgraziati scampati ai campi di concentramento con un pezzetto di ferro in mano che non sapevano da che parte rigirarlo, qui è proprio la vittoria dell’anima, della mente, del cuore, sono cose meravigliose in un certo senso, se si fosse ancora persone in grado di pensare e sentire. Israele si trovò in questi territori così come si trovò a unificare nel 1967  Gerusalemme che era stata occupata nel ‘48 : nel ‘67 Israele libera questi piccole parti  di terra. Li libera, da lì vengono i cosiddetti  territori disputati: “disputati” così è anche la denominazione  che ne dà l’ONU, non sono territori occupati, secondo i maggiori giuristi sono territori sui quali si deve addivenire ad una intesa.La conclusione di una intesa  ha una sua premessa negli accordi di Oslo, gli accordi di Oslo che sono stati accettati da tutti, compreso Netanyahu, il quale tuttavia,  essendo un patriota,  ha sempre capito che c’era un grande problema di sicurezza. Pensate  solo questo: gli hezbollah al nostro confine  al nord  verso il  Libano – e ora anche in Siria perché sono andati lì ad aiutare  Assad, che ha ammazzato tre quarti  della sua stessa popolazione e lì ci sono lì anche gli iraniani sciiti come gli hezbollah– e gli hezbollah hanno 200.000 missili puntati su Israele  fornitigli dall’Iran. Il giorno che decidessero di farci la guerra – per ordine dell’Iran perché il loro capo Nasrallah dal punto di vista internazionale risponde agli ordini dell’Iran – il giorno che decidono di farci la guerra… altro che Hamas!

L’altro punto  riguarda proprio  l’Iran che è un punto che vede gli Stati Uniti in una posizione in qualche modo ambivalente, l’Europa ancora una volta al suo interno divisa e con posizioni più o meno ondivaghe. Ecco, qual è la rilevanza della questione iraniana per Israele, ma in genere per l’occidente, e qual è il problema dei rapporti fra Iran, Turchia, Egitto, Arabia Saudita i quattro grandi paesi che si contendono l’egemonia nel mondo arabo

Vanno separato questi ultimi che hai nominato, perché Egitto e Arabia Saudita stanno da una parte, che potremmo dire sono quelli più amichevoli verso l’occidente, e quindi anche verso Israele

Anche se verso di loro, permettimi, sollevano problemi per il mancato rispetto dei diritti umani, mentre se lo dimenticano verso l’Iran e verso anche la Turchia dopo

Si,  se lo dimenticano verso l’Iran che impicca alle gru in piazza  gli omosessuali e dimenticano che  Raisi, il nuovo presidente eletto – eletto si fa per dire –  ha sulle mani, essendo stato procuratore, che per lo Stato sosteneva l’accusa e ne chiedeva la   condanna a morte,  ha sulle mani il sangue di  20.000 fra dissidenti, omosessuali, oppositori  li ha tutti condannati a morte lui, ma di lui non se ne parla nemmeno. In ogni caso la questione dei diritti umani è molto complicata quando si viene in Medio Oriente, salvo quello che riguarda Israele:  e qui c’è un discorso a parte da fare perché,  per delegittimarlo,  si vorrebbe sempre tirare in ballo, in un folle  calderone di argomenti, l’accusa  dell’apartheid, una pazzia assoluta,  basta andare in un mall, un centro acquisti israeliano, oppure in un ospedale israeliano per capire che non c’entra nulla, si parla a caso senza conoscere nulla.

Il problema è quello che ha capito Netanyahu: Israele è   un Paese moderno, talora persino post-moderno,  e  tuttavia è  un Paese con dei problemi giganteschi di sicurezza, chiunque lo ignori compie una ipocrita operazione politica, lasciando passare qualsiasi ben peggiore violazione ai suoi nemici. Netanyahu invece i problemi di sicurezza li ha sempre avuti presenti…

Torniamo alla situazione dei rapporti con l’Iran:  è un Paese sciita, che contempla negli scritti di Komeini, il fondatore del regime degli Ayatollah, la distruzione prima di Israele – Israele è un’ottima bandierina di propaganda per lui- e poi  dell’Occidente in generale. Gli sciiti attendono  il ritorno  del Mahdi,  il loro Profeta, più che un  Profeta il loro, che viene a salvare il mondo e,  quando viene,  crea una conflagrazione mondiale dove non importa nulla se si viene bruciati insieme, questa è l’idea iraniana basilare, una sorta di Apocalisse.

Il precedente presidente Rohani era un grande propagandista e un diplomatico che riusciva a farsi passare per “moderato, non essendolo affatto, ora vedremo cosa dirà quest’altro, il nuovo. L’Iran nel corso di questi anni prima di tutto ha perseguito la bomba atomica, questa è la cosa più importante, e anche dopo gli accordi di Vienna nel  2015 ha seguitato a perseguirla come dimostrano gli archivi che il Mossad è riuscito ad asportare con una azione  meravigliosa – e anche di questo va lodato Netanyahu – e ha dimostrato a tutto il mondo che non valgono nulla gli accordi che si fanno con l’Iran:  non bisognerebbe mai dimenticare  che ci sono delle centrali dove l’Iran continua ad arricchire l’uranio  secondo criteri non consentiti e con delle centrifughe che non sono parte degli accordi.

Questo il primo punto,  il secondo,  sotto gli occhi di tutti è una grande crescita dell’espansione imperialistica e degli attacchi terroristici: in Yemen, in Iraq, in Libano, in Siria.  L’Iran è diventata un’immensa potenza internazionale,  seguita a ruota in questo dalla Turchia.  La Turchia spalleggia Hamas  che è sunnita come lo sono tutti i palestinesi, ma lo è anche in maniera molto determinata e molto estrema essendo parte della Fratellanza musulmana. Sunnita, come peraltro naturalmente anche Abu Mazen con l’autonomia palestinese, sono parte di un unico blocco che è un blocco di denegazione fondamentale originaria dell’esistenza stessa di uno stato ebraico sulla umma islamica, cioè quel territorio su cui secondo la dottrina islamica quando esso sia stato per una parte, per un periodo – la Spagna per esempio ne farebbe parte come  anche la Sicilia – dominato dal mondo islamico mai più apparterrà a nessun altro.

La Turchia è ancora più espansionista perché la sua espansione non è solo a carattere militare (ormai Erdogan manda il suo esercito in giro dappertutto) ma  è molto più sottile, la Turchia usa l’immigrazione anche come strumento di dominio,  non mi soffermo su questo   perché già lo sapete tutti cosa fa, una forma di ricatto: intimididsce l’Europa tenendo dietro compenso nei suoi confini centinaia di migliaia di profughi siriani. Poi c’è la Libia, poi c’è il Mediterraneo con la questione dello scontro sull’energia, insomma queste due potenze giocano su rapporti sia con la Russia sia con la Cina, contrapposti a quello dell’Occidente, in particolare contro la politica americana.

Insomma, è tornato l’impero del male

Non c’è dubbio che sia proprio questo, purtroppo c’è poco da ridere perché è molto potente, e l’Europa dovrebbe star molto attenta a non soccombere a   questa nuova situazione: la prima cosa da fare è evitare che l’Iran possa perseguire il suo disegno nucleare, per evitare che lo possa perseguire bisogna continuare con le sanzioni che tolgono potere al regime degli Ayatollah e evitano che si possa fare legalmente l’arricchimento dell’uranio richiesto per raggiungere la bomba atomica, purtroppo il processo è andato molto avanti, l’incertezza sia di Biden che dell’Europa ha un costo gigantesco rispetto a una prospettiva di pace.

In più, occorre bloccare i programmi balistici iraniani, e questo è molto,  molto importante perché questi programmi balistici, con missili giganteschi e programmi spaziali rappresentano una minaccia e  la loro industria dei droni è avanzatissima. Tutte le loro risorse   le impiegano in questo, c’è molto aiuto cinese, molto aiuto anche russo… c’è concorrenza fra Turchia e Iran in questo, ma anche c’è collaborazione.

Ma intanto c’è stato il Patto d’Abramo, con Donald Trump

 Dall’altra parte Israele – viva Netanyahu – ha fatto il Patto di Abramo nel quale  quattro  paesi musulmani – fra cui anche il Marocco che per l’Italia è importantissimo –  e poi paesi che si avvicinano per interesse a tutta questa parte del Mediterraneo orientale dove si sono trovate grandi sorgenti di gas – vicino alla Grecia, vicino a Cipro ecc – che formano un magnifico blocco pacifico. Allora lì se si riesce,  nonostante Netanyahu sia andato a casa, nonostante il nuovo  presidente americano per ora non si sia espresso, anche se ha detto che vuole fare una riunione con i paesi del Patto di Abramo, la sta organizzando e anche se  sembra che per lui tutte le iniziative di Trump debbano essere considerate qualcosa da cancellare – tuttavia sembra  non antipatizzante nei confronti di Israele. Il punto cruciale è  veramente il Patti di Abramo, e io qui vorrei dire che l’Europa deve finalmente rendersi conto che si trova di fronte a una svolta storica fondamentale! Ma vi rendete conto che cosa significa dire che gli Emirati siano in colloquio quotidiano con Israele, abbiano stabiliti rapporti diplomatici con la creazione dell’ambasciata, il Bahrein, il Sudan che era un paese terrorista, il Marocco da cui furono cacciati tutti gli ebrei a suo tempo, (c’è sempre rimasta una comunità affezionata perché c’è sempre stata una simpatia profonda interna dei marocchini nei confronti degli ebrei, una storia particolare, diversa).  Vi rendete conto cosa significa? Significa che Israele può aiutarli su tutto, sull’acqua, sull’agricoltura, sulla medicina… e loro possono aiutare Israele su una quantità di cose: l’energia, il turismo, l’accettazione internazionale… parlare, parlarsi… non avete idea della passione che viene messa da tutti questi signori con la kefiah bianca nei rapporti con gli israeliani. È una scena travolgente, appassionante, lì sì che davvero vedi la pace mondiale, lì si davvero che vedi la libertà religiosa che fa, non  le chiacchiere dei preti  di tutte le religioni.

Io ho un amico che si chiama Ahmed Al Mansoori,  consiglio di andare a vedere il suo museo della tolleranza che ha fatto a Dubai, è una cosa veramente meravigliosa che racconta come gli ebrei siano una forza endogena del medio oriente, e sono gli arabi che lo raccontano finalmente, non come i palestinesi, non come disse Arafat a Clinton «Ma via senta ora lo sa benissimo anche lei che gli ebrei a Gerusalemme non ci sono mai stati»  e Clinton si alzò in piedi e gli disse «Se lei ripete un’altra volta questa sciocchezza io esco dalla stanza».

Chiudiamo dandoci un altro appuntamento con te per parlare di Israele: la sua società, i cambiamenti che sta attraversando, come tema specifico che merita tanta attenzione

 Anche il nuovo governo che è senz’altro un esperimento molto pragmatico e anche molto disinvolto di questi otto piccoli partiti che naturalmente ha tutti i nostri auguri e speriamo che possano far bene, l’alternanza democratica è l’anima di ogni paese democratico. Netanyahu c’è stato 12 anni e quindi adesso…

Come gli altri leader democratici…

 Appunto, io sarei per togliere troppa enfasi, perché poi questa enfasi porta a dire delle sciocchezze su Netanyahu…

Felipe Gonzales, te l’ho scritto, è stato 14 anni il leader della Spagna e nessuno ha gridato alla dittatura, all’autoritarismo socialista

 Certo ma si capisce, qui in Israele  non c’è stata nessuna traccia di totalitarismo, quest’uomo anzi ha patito moltissimo senza batter ciglio una vera e propria character killing – un assassinio del personaggio come dicono gli americani e gli inglesi – e se l’è lasciato fare perché non c’era niente da fare se non fuori dalle norme che non ha voluto violare, cioè chiamando nelle piazze quella maggioranza che ha sempre seguitato ad avere. ma è storia passata, il nuovo governo lavora contro la pandemia e per la sicurezza, speriamo riesca nei suoi intenti.

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