La congiura degli (dis)eguali Uniti solo dall'odio verso Bibi
lunedì 31 maggio 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 31 maggio 2021
Gerusalemme Bennett
l'ha ripetuto giustificando la sua scelta, come tutti si aspettavano, e
presentandola come un sacrificio politico e personale: “È per evitare
le quinte elezioni in due anni che ho accettato di far parte del
‘Governo del cambiamento’ di cui sarò il Primo Ministro, dato che
Netanyahu non ha i numeri. Ma non è vero: la destra sarebbe avuto i
numeri, ma ha fatto i capricci, si è spaccata, si è abbandonata
all'estremismo di Smotrich che ha dichiarato che con l'appoggio arabo
non avrebbe mai accettato, e poi, e soprattutto, all'ambizione personale
di Naftali Bennet, capo di Yemin, la Destra, e di Gideon Sa'ar (Likud);
e sempre a destra, anche l'odio inveterato di Lieberman ha bloccato
quella che era la scelta degli elettori. Bennett, Sa'ar, Lieberman e
anche Benny Gantz, tutti avevano un conto aperto con Netanyahu. Così
adesso Naftali Bennett il giovane, capace tecnocrate, ufficiale di
valore, critico sì, ma fino a ieri da destra, farà il Primo Ministro a
rotazione, prima di Yair Lapid. Sarà il primo anche se ha meno uomini
per il maggiore sacrificio ideologico: a lui il premio più grande, e
anche l'accusa di aver tradito e venduto tutto il suo patrimonio ideale.
La sua base ribolle, e difficilmente
accetterà che la metta in gioco col Partito Meretz, ultrapacifista e
amico di Abu Mazen, o con Yair Lapid, che non può soffrire i religiosi,
appena un pò meno di Lieberman che li vuole tutti coscritti. Ma Bennett
ha ceduto a due spinte che il suo carattere ambizioso gli ha imposto:
l'occasione unica di essere il Primo Ministro del piccolo Stato a cui il
mondo intero guarda dicendogli ogni giorno " non posso vivere né con te
né senza di te", e soprattutto, molto di più ancora,il desiderio
condiviso coi suoi partner, quale che fosse il suo colore, di far fuori
il grande l'immarcescibile migliore Primo Ministro del mondo, lo
statista che da 12 anni siede in Rehov Balfour, casa del PM,
riconosciuto come un leader storico da chi lo ama e da chi lo odia, e
che però a suo tempo l'ha praticamente licenziato e non l'ha mai tenuto
in grande considerazione. Come Sa'ar, come Lieberman, come tanti altri
che lo accusano di arroganza, noncuranza, prepotenza; a fronte di quelli
che invece lo amano e lo considerano indispensabile.
Ma
Bennett aveva promesso ai suoi elettori di non fare alleanze con Lapid,
di restare fedele al guscio della destra, che se fosse rimasto unito
era maggioritario. E' un impegno che adesso sarà difficile mantenere:
significa liberalismo economico accentuato, apparato della difesa forte e
deciso di fronte ai pericoli, fedeltà al sionismo delle origini,
compresa la questione dei territori disputati e dei cosiddetti "coloni"
di cui Bennett è stato sempre un sostenitore, tanto quanto altri membri
del nuovo governo li detestano. Ma la proposta della rotazione con Lapid
come numero uno lo aveva affascinato da tempo, e adesso vi è tornato
dopo il breve ripensamento durante le operazioni a Gaza e gli scontri
con gli arabi israeliani. Quando avranno realizzato il sogno "chiunque
fuorchè Bibi" cosa resterà a questo gruppo senza Bibi? La verità è che
Netanyahu, il cui processo sta complicandosi a suo favore dato che sta
uscendo allo scoperto la malizia con cui alcune prove a favore sono
state celate dal PM, sarà un macigno sulle spalle dei partitini al
governo lontani fra di loro e senza un leader in comune.
Netanyahu
è il Primo Ministro che parla, ascoltato, d'accordo o no, a tutto il
mondo e a tutta Israele; che tutti considerano anche per la severità nel
considerare la sicurezza di Israele e insieme per la disponibilità nel
condividerne i risultati col mondo minacciato dal terrorismo; anche
l'ascesa economica e scientifica grandiosa è frutto della sua
impostazione; è, oggi soprattutto, il leader che ha salvato con
un'azione unica, il suo Paese dalla pandemia. Perseguitato da un
giustizialismo, minimale nelle accuse e grandioso nelle aspettative di
distruggerlo, ha fronteggiato il sistema giudiziario accusandolo di
partigianeria ma senza contestarlo neppure quando si è seduto al banco
degli imputati.
L'ultimo sfregio dell'Onu «Crimini di guerra i raid di Israele su Gaza»
venerdì 28 maggio 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 28 maggio 2021
Gerusalemme Non
è un giocattolo, qualcuno dovrebbe dire al Consiglio dell'ONU, non sono
roba vostra i Diritti Umani tanto che possiate usarli a vostro
piacimento per delegittimare Israele con una risoluzione, una
commissione, un'accusa insensata. L'accusa è facile da gestire, "crimini
di guerra": poiché ci sono dei civili morti anche se su 283, 254 sono,
secondo l'IDF (Esercito israeliano), in realtà guerriglieri o leader di
Hamas. Il fatto che fossero in edifici civili, ha dato legittimazione
tecnica per sostenere che Israele ha agito contro degli innocenti. Anche
se è ovvio che nella guerra di Hamas i civili sono gli scudi umani che
il gruppo terrorista usa per difendere le sue postazioni da cui partono
missili progettati e programmati per lo scopo di colpire i civili
israeliani. È impossibile, quando il nido di missili che ti spara è
dentro una casa o un ufficio, far finta di niente per compiacere l'ONU,
ignorare i tuoi cittadini. Se non fermi il missile, verranno feriti o
uccisi.
Il nominalismo è il genitore legittimo
della menzogna, e la menzogna serve, in questo caso, alla legittimazione
dell'odio contro Israele: dei civili sono stati uccisi. Perché? Di chi è
la responsabilità? Erano davvero civili? Stavolta il movimento di odio è
più vasto del solito, dalle organizzazioni terroriste che si
auto-legittimano come movimenti di liberazione si estende alle
Istituzioni, dalle Istituzioni alle piazza di sinistra specie negli USA.
L'ultimo episodio, dopo le accuse del Tribunale Internazionale, dopo
quelle dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, dopo la richiesta dei
Deputati americani democratici a Biden di tagliare i fondi a Israele,
alla presa di posizione del Consiglio per i Diritti Umani. [...]
ISRAELE E LA NUOVA FRONTIERA DI DIFESA
giovedì 27 maggio 2021 Generico 0 commenti
Shalom.it, 27 maggio 2021
Non
ci proverò ancora una volta a insistere nello spiegare le buone ragioni
di Israele, nel raccontare la storia, nell'insistere sulla evidente
vicenda dei compromessi e patteggiamenti, sulla ricerca di pace sempre
elusa dai palestinesi. Non c'è logica che possa convincere coloro che
marciano nelle strade contro Israele con le bandiere di Hamas, come non
c'è mai stata logica, nella storia, che abbia potuto convincere chi
odia, o disprezza, o biasima il popolo ebraico. La guerra è stata, nelle
sue ragioni e nel suo svolgimento, molto semplice: Hamas ha attaccato i
cittadini nella sua guerra di distruzione terroristica, Israele ha
risposto. Anche la storia del popolo ebraico nel suo ritorno a casa è
semplice: Israele è l'unico Paese che da tremila anni abbia avuto la
medesima capitale, ideale o reale. [...]
Il bimbo col mitra di Hamas è il terrorismo in culla
giovedì 27 maggio 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 27 maggio 2021
Gerusalemme Le immagini valgono spesso più di molte parole, e la foto di Yahya Sinwar, capo di Hamas che brandisce, davanti alla folla festante un bambino cui ha messo in mano un mitra, è multiplo: noi gestiremo le vostre vite e i vostri figli, sto tenendo questa creatura in braccio davanti a me come scudo, proprio come abbiamo usato i vostri bambini per farne scudi umani in difesa dei nostri missili. Qui a Gaza, sappiate che proseguiremo nella nostra educazione omicida fin dalla prima infanzia, la riteniamo vincente, getteremo Israele in mano, anzi sarà questo bambino che lo farà… Dei bambini non faremo scienziati, o tecnocrati, o musicisti: ne faremo terroristi a caccia di ebrei, shahid della causa della conquista islamista prima di Israele e poi dell'intero mondo occidentale.
Voi che avete marciato nelle strade europee per difendere la cosiddetta causa palestinese e contro gli ebrei, dice qui Sinwar, tenetelo a mente: “Questo bambino è nelle mie mani, quindi adesso mi impossesso della sua innocenza, domani della sua vita. Avrà un mitra in mano come me perché ho il potere di insegnarglielo come detta la nostra Carta che disegna come scopo la cancellazione dello Stato di Israele, l'uccisione degli ebrei, la Guerra Santa contro l'Occidente infedele”. Leggete. Questo, sappiatelo, dice Sinwar alla folla sua, e a quella che ha marciato con slogan come: "Non devi essere musulmano per difendere la Palestina, devi solo essere umano" (questo si è visto a Roma!) oltre a "Palestina dal fiume al mare" cioè senza ebrei, nelle strada in questi giorni a Parigi, a Londra, a New York. [...]
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "La vera domanda dopo la guerra degli 11 giorni"
lunedì 24 maggio 2021 English 0 commenti
Cari amici,oggi, il sito web Informazione Corretta pubblica in esclusiva un mio nuovo video: "La vera domanda dopo la guerra degli 11 giorni"
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Medioriente, l'ambigua strategia di Biden: dichiara amore a Israele ma flirta con l'Iran
domenica 23 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 23 maggio 2021
Gerusalemme Ha anche alzato il dito indice e scandito ben chiaro: "Diciamolo chiaro: finché la regione non riconosce senza equivoci il diritto all'esistenza dello Stato d'Israele come Stato Ebraico indipendente, non ci sarà pace. Non c'è cambiamento nel mio impegno verso lo Stato d'Israele. Nessuno. Punto". Poi, Joe Biden ha aggiunto dell'altro, certo: che ha parlato con Abu Mazen, che si è impegnato sugli aiuti e sulla situazione di Gerusalemme, che è per due Stati per due popoli... Ma il discorso di fatto ha messo al centro la "strategia dell'abbraccio", come l'ha chiamata Martin Indyk: un lavoro diplomatico complesso, con cui Biden ha portato Netanyahu ad accettare dopo 11 giorni di guerra il cessate il fuoco, anche se ci sarebbero state ancora alcune cose per ottenere un'indispensabile senso di quiete per la popolazione d'Israele bersagliata da Hamas e quindi perplessa dalla tregua.
Biden, come ha confermato Bibi ringraziandolo, ha parlato sei volte con il PM israeliano nei giorni dello scontro, e non si è lasciato andare alle condanne che gli venivano richieste con insistenza da una parte del Partito democratico: e accadeva ogni giorno di più mentre aumentava il numero dei morti e i cortei invadevano le strade. Biden è rimasto saldo anche di fronte a Rashida Tlaib, la parlamentare democratica americano-palestinese che accusava Israele di apartheid e pulizia etnica e lo copriva di proteste e richieste. Il presidente le ha solo fatto tanti auguri per i suoi genitori a Ramallah. E intanto, giorno dopo giorno, ha seguitato a ribadire il diritto di Israele alla difesa. È stato il suo mantra mentre auspicava il ritorno alla pace. Attenzione tuttavia: a fianco di questo atteggiamento ci sono due questioni divergenti. La prima: il sentimento personale di Biden, cui il padre insegnò il dettato morale fondamentale "never again" appena immigrato in America, ha incontrato nel ‘73 Golda Meir e nell' ‘82 Menahem Begin, sa in che pericolo Israele vive sempre, ha impedito a George H. W. Bush di condizionare i fondi per l'immigrazione dalla Russia a Israele ed è sempre stato contrario a qualsiasi altro condizionamento, conosce Bibi e gli ha detto "Ti voglio bene anche se la pensiamo diversamente". [...]
Ma la vera vittoria sarà disarmare Hamas
sabato 22 maggio 2021 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 22 maggio 2021
Gerusalemme Chi
ha vinto? La parola vittoria non è stata pronunciata nel sobrio
discorso di conclusione dell'operazione "Difesa delle mura" che ieri
Benjamin Netanyahu ha pronunciato. Quel che ha annunciato è che "ciò che
è stato, non è quello che sarà". Ovvero: "Non osate di nuovo". Ma la
spiegazione che è seguita spiega che Hamas, che ancora forse non ne è
consapevole, è ferita fatalmente nelle sue strutture belliche.
La
sua "metro" ovvero il labirinto sotterraneo che ha portato gli
attentati terroristici dentro i confini di Israele, nei kibbutz, sotto
le case, la grande impresa mimata dagli Hezbollah coi soldi iraniani, è
stata distrutta; mille obiettivi militari sono stati colpiti, fra cui
430 lanciamissili; gli edifici che ospitavano le strutture di Hamas, di
cui 9 a molti piani, sono in rovina; fra i 230 morti almeno 160 sono
terroristi, e l'IDF ha i nomi e i cognomi. Vale la pena qui di fare un
cerchio a matita rossa sul fatto che su 1000 lanci 60 civili fra cui
purtroppo alcuni bambini fra gli scudi umani di Hamas sono rimasti
uccisi: una percentuali molto bassa di morti civili rispetto a qualsiasi
altra guerra dall'aria.
Meno ancora se si
pensa che dei 4340 lanci di Hamas, 640 sono caduti dentro la Striscia
colpendo i palestinesi stessi. Netanyahu sapeva molto bene, ieri,
accettando la richiesta del presidente americano e interrompendo le
operazioni belliche che annunciando la tregua avrebbe incontrato la
protesta, la paura, lo sguardo sconcertato della gente del sud che ieri
si è di nuovo avventurata qualche metro lontano dai rifugi: è vera pace?
Quanto può durare? Perché non distruggiamo l'incubo? Ma Bibi ha
spiegato che non ha voluto rischiare la vita dei soldati entrando nella
gabbia della tigre, come nel 2014; può solo promettere che adesso ogni
lancio, ogni pallone infuocato, ogni fuoriuscita di terroristi da Gaza
troverà una durissima risposta. Ma Israele non vuole occupare Gaza. [...]
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
sabato 22 maggio 2021 Generico 0 commenti
Cari amici,cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda
Israele-Hamas, finita la guerra degli 11 giorni
venerdì 21 maggio 2021 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 21 maggio 2021
Gerusalemme Dopo undici giorni di scontro spietato, brutta come tutte le guerre, si è conclusa anche questa: ieri sera alle 10,30 il Gabinetto di sicurezza di Israele, dopo tre ore di riunione ha stabilito che oggi ha inizio un cessate il fuoco. Non contiene condizioni, non prevede accordi: il contenuto ideologico dell'odio di Hamas che ha lanciato la guerra di distruzione dei suoi missili lanciati a pioggia sulla popolazione di Israele, dal sud confinate con la Striscia alla piana di Tel Aviv a Gerusalemme, non ha nessun contenuto che mostri aperture, ripensamenti capaci di aprire un qualsivoglia dialogo.
Come si dice da due giorni, l'atteggiamento di appoggio di Joe Biden si è consumato nel dissenso della sua parte politica e nelle manifestazioni anti-israeliane di questi giorni, e Benjamin Netanyahu, costretto ad apprezzare tuttavia la costanza con cui per parecchi giorni Biden ha garantito l'appoggio al diritto all'autodifesa di Israele, adesso ha ceduto alla logica dei buoni rapporti con quello che resta pur sempre il suo migliore alleato. Biden a sua volta ha spinto il presidente egiziano al Sisi, con una rara telefonata, a gettare tutto il suo peso nell'arrivare al passo conquistato ieri sera.
D'altra parte, è chiaro che Hamas in realtà ha ancora una volta, come nella guerra del 2014 usato la sua popolazione come una povera massa di ostaggi, usata con le sue case, le sue strutture pubbliche, la sua vita, per diventare il presidio labirintico di due milioni di persone che nascondono in realtà solo un disegno di guerra, spesso non loro, che è indispensabile distruggere per non esserne distrutti. [...]
Israele valuta la tregua Biden chiama Netanyahu «De-escalation da oggi»
giovedì 20 maggio 2021 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 20 maggio 2021
Gerusalemme
La sorpresa è venuta dal nord con quattro spari dal Libano, dopo una
giornata bollente di missili al sud: i razzi sono stati sparati da
organizzazioni palestinesi collaterali a quella di Hassan Nasrallah, gli
Hezbollah. Una finta diplomatica, ma è solo lui che può permetterlo, e
l'Iran, il suo boss, che può chiedere di creare un rumore di applausi
per l'uscita dalla guerra di Hamas, per altro molto desiderata a Gaza,
ormai semidistrutta negli uomini e nelle cose. E' la terza volta che il
nord d'Israele viene attaccata dal Libano per segnalare che Hamas non è
solo. La gente che abita sul lago di Tiberiade e in Galilea ha aperto i
rifugi, una donna là colpita da un attacco al cuore è in condizioni
molto gravi, le memorie della guerra del 2005 col Libano ha serpeggiato
fatale fra la gente.