Sfida diplomatica: Israele protagonista
Il Giornale, 14 marzo 2022
Se Putin e Zelensky atterreranno a breve a Gerusalemme per discutere di pace è assai incerto, e somiglia di più alla speranza di un miracolo che a una previsione politica: ma di sicuro, ambedue i leader hanno parlato con Naftali Bennett con inaspettata frequenza e in un modo o nell'altro fino a ieri la presenza del piccolo Stato Ebraico nella discussione globale sulla questione più drammatica del mondo, è cresciuta. Si possono considerare le quattro telefonate con Zelensky e le due conversazioni con Putin stesso il seguito dell'incontro del 5 marzo, quando Bennett è volato fra molte sopracciglia alzate a incontrare a Mosca lo zar in guerra. Poi, ieri ancora uno scambio di idee. Zelensky stesso spiega: "Ho detto a Bennett che al momento non è costruttivo parlarsi in Russia, Ucraina o in Bielorussia. Se considero Israele, e in particolare Gerusalemme, un posto adatto? La risposta è sì". [...]
Bennett il mediatore: le telefonate dopo il viaggio
Il Giornale, 07 marzo 2022
Con Israele, non è mai semplice. Putin nella sua fortezza di fuoco, drago arrotolato sulla sua determinazione incomprensibile, ha voluto invitare l'ebreo errante, lo spirito del mondo, quello che parla agli americani e all'Europa da dentro il cuore della storia. Tre ore di colloquio in piena guerra. Non si sa mai, e certo era l'unico adatto. Se è stato Putin a invitare Israele, per il suo peso morale e perché è un punto su cui ci si incontra e scontra, spesso gli si dà torto, ma lo si ascolta, e ci si fa il titolo… O se si è offerto Bennett, non si sa. Certo il protagonista negativo, il guerrafondaio, invece di ripetere un "pattern" già consumato, come invitare Macron o Johnson per dimostrare la sua buona volontà e anche accennare a una sua debolezza, ha usato il"sistema Israele" per comunicare che ha desiderio di trattare. E Naftali Bennet,a sua volta, un giocatore a sua volta, ha preso il rischio: il suo piccolo Paese così ha potuto seguitare a parlare di Medio Oriente, della pace mondiale, dimostrando, come ha detto, che Israele corre in aiuto dei sofferenti, gli Ucraini, e sempre lo farà. Anche di Shabbat, il Sabato santo in cui Bennett non viaggia, non telefona, non lavora a meno di "picuach nefesh", di salvare la vita. E per questo ha deciso di andare. I suoi motivi sono tre: portare a casa tutte le centinaia di migliaia di ebrei in pericolo, com'è missione essenziale di Israele; evitare che la Siria si trasformi in una postazione di missili avallati da Putin; cercare di limitare i danni del folle accordo di Vienna con l'Iran, pronto fra breve. [...]
Minacce da Teheran e ricordi della Shoah. Così Israele si è ritrovato in una tenaglia
Il Giornale, 05 marzo 2022
"Non ho visto Bennett avvolto nella bandiera ucraina". Zelensky, appassionato nel suo eroismo, anche disperato come ha ragione di essere per la crudele aggressione, deciso a utilizzare la solidarietà ebraica che gli spetta, ha aperto nei giorni scorsi uno fronte di critica verso Israele. Non fa abbastanza, ha detto, chiedendo tuttavia al PM Naftali Bennett di mediare fra lui e Putin. Zelensky ha anche lanciato un commovente appello agli ebrei del mondo intero chiedendo di aiutarlo. Zelensky ha infatti un'unica speranza, ed è quella del fronte della solidarietà, su cui vince. Per il resto, Putin è infinitamente più forte, purtroppo lo si vede sul campo ormai infestato di morti, profughi e rovine. Inoltre, Zelensky intuisce che lo Stato Ebraico gode (o soffre) di una specie di statuto di trascendenza, per cui catalizza grandi conseguenze morali e pratiche. Venerdì 25 febbraio Israele non si è unito al voto del Consiglio di Sicurezza, intorno ai cui 15 membri gli USA avevano raccolto 80 firme. La risoluzione non poteva passare comunque, per il veto russo. Ma mercoledì, Israele ha addirittura cosponsorizato e aiutato a portare più Paesi alla firma, la risoluzione di condanna dell'ONU. Cos'è accaduto? Che Israele, con una contrazione di coscienza tipicamente ebraica, ha scelto fra il cuore e la mente e ha deciso per quella cosa strana che si chiama "essere dalla parte giusta della storia". Non è stato facile. Israele è in una autentica tenaglia, e in più anche la storia la assedia. [...]
Se l'Europa adesso scopre il bisogno di armi ed eroi
Il Giornale, 28 febbraio 2022
Madonna ha postato una canzone in cui con artistica determinazione mette a Putin i baffi di Hitler; il famoso attore Sean Penn è il ghost writer (si scrive) di Zelensky; i social media di cui si pasce la gioventù russa come ogni altra, minacciano una ferale chiusura entro i confini russi; lo spazio aereo è già chiuso; quello Swift rischia di disseccare tutti i bancomat di Mosca. Milioni di parole vengono in queste ore spese in ognuna delle variegate forme dell'informazione del commento, per lodare l'eroismo di Zelensky e biasimare Putin. La forza della figura del leader ucraino sta cambiando radicalmente alcuni concetti della narrativa che definisce l'etica attuale. Beato il mondo che non ha bisogno di eroi? Non più: fortunato chi gli eroi ce li ha. E vinceranno con le armi e con l'amor patrio. In queste ore, mentre sembra che il blitzkrieg di Putin non funzioni, si discute di un possibile compromesso con un incontro a Minsk; l'ordine di attivare le difese nucleari appare orrendo e minaccioso, ma sembra una reazione furiosa quanto imbarazzata al "no" che gli ha detto il mondo. Un"no"compatto, omogeneo, dai ragazzini di Kiev che preparano le bottiglie molotov fino ai Paesi dell'Unione Europea che hanno cambiato via via il loro atteggiamento dal 24 di febbraio. Macron, Sholtz,l'Unione Europea tutta hanno disegnato un'inusitata esaltazione etica della democrazia combattente. [...]
Così Vladimir è diventato come Stalin
Il Giornale, 26 febbraio 2022
Nel 2000 Putin (racconta il giornalista Alec Luhn) disse alla BBC che la Russia "era parte della cultura europea" e che non avrebbe escluso la possibilità di entrare a far parte della NATO: "Non riesco a immaginare che il mio Paese resti isolato dall'Europa e da quello che chiamiamo il mondo civilizzato". Il giovane leader era ancora presidente ad interim dopo le dimissioni di Eltzin. Nessuno poteva immaginare che, dopo il suo avvento al potere il 7 maggio del 2000, l'immagine concentrata e determinata che prometteva di trasportare, come aveva apprezzato il cancelliere Gerard Schroeder, la Russia ferita dall'avventura comunista nell'universo liberal democratico, si sarebbe trasformato nel lupo che azzanna la pax occidentale. Su di essa si basa l'Unione Europea, sia pure in maniera zoppicante e contraddittoria; su di essa si è definita l'ONU, in modo però spesso strumentale e vizioso... ma la premessa era la fine della Guerra Fredda, e questo ispirò l'idea della "fine della storia", ovvero fine delle guerre. Invece il conflitto è qui, il rombo dei cannoni e il sibilo dei missili, i bambini e le madri disperati, la gente in lunghe file carica di inutili residui della propria vita spezzata. E Putin dagli anni in cui, bravo ragazzo ex vicesindaco di Pietroburgo, riportava la Russia sul palcoscenico della storia è il primo attore, della "ripresa della storia". Indesiderata.
Putin non ha mai mentito sulla sua natura: semplicemente, essa si è rivelata via via che ai suoi occhi un mondo che doveva essere conforme al suo potere e al suo successo si è rivelato complicato, ostile, frustrante. Il mondo non gli ubbidiva, e lui con esso: il suo modo di guardarlo, testimoniato dalle foto che via via che dal KGB passava alla politica, lo ritraggono sempre più ginnico, cacciatore, maschio. Putin diviene sempre più assertivo e antagonista non quando la NATO si avvicina ai suoi confini, perchè c'è sempre stata, ma via via che il respiro del dissenso internazionale e interno si addensano. Boris Eltsin nel ‘97 aveva firmato l'atto di fondazione della NATO; e quando essa andrà in Afghanistan, Putin ne sarà contento, e non reagisce quando l'Estonia, la Lettonia, la Lituania entrano nel progetto di cooperazione. [...]
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "Ucraina in Fiamme e Iran nucleare: la linea di Israele"
Che catastrofe gli ayatollah con l'atomica
Il Giornale, 21 febbraio 2022
La prossima settimana un accordo disastroso verrà firmato con l'Iran. Sarà una sconfitta totale dell'Occidente in un momento in cui si affaccia all'orizzonte una nuova guerra in cui invece esso dovrebbe apparire sicuro di sé e vincente. Una promessa di guerra in tempi in cui si fa di tutto per evitarne un'altra. Se la guerra di Putin contro l'Ucraina scoppia nelle prossime ore, questo sottrarrà l'attenzione dal nucleare iraniano, e gli ayatollah potranno muoversi felicemente carichi dei soldi delle sanzioni restituite e dell'uranio arricchito al 60 per cento. L'America dovrà guardare da un'altra parte. E se Putin non lo farà, lo stesso: l'Iran potrà godere del vantaggio che gli fornisce dopo otto riprese di colloqui in cui ha fatto mille capricci, il fatto che Biden voglia arrivare alle elezioni congressuali con i quattro americani prigionieri finalmente liberati. E Putin, potrà, appena avrà un po’ di tempo libero, considerare il successo iraniano come il successo di una delle sue pedine sulla scacchiera mondiale contro il nemico americano. [...]
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
Il Medio Oriente visto da Gerusalemme
Museo del popolo ebraico