Fiamma Nirenstein Blog

La guerra antisemita contro l'Occidente

7 ottobre 2023 Israele brucia

Jewish Lives Matter

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Museo del popolo ebraico

Mahsa uccisa per il velo, il pugno duro del regime

mercoledì 21 settembre 2022 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 21 settembre 2022

La rabbia è di nuovo un fiume in piena, il coraggio del popolo iraniano è dispiegato nelle piazze per fronteggiare un regime che uccide i suoi cittadini pur di conservare il potere degli Ayatollah: una folla di giovani grida slogan di protesta nelle strade di Teheran e della periferia, molte donne di tutte le età si strappano il velo, mettono in gioco di fronte alla brutalità della polizia che picchia e spara, il bene più prezioso, la vita. Si parla già di cinque persone uccise da lunedì a ieri in varie città del Paese. La ragione dell'ira iraniana è un'orrida e non inconsueta vicenda legata alle regole imposte dalla polizia addetta al controllo del comportamento privato di ciascuno: Mahsa Amini, una bella ragazza curda di 22 anni, era in gita con la famiglia da Saqez la nella provincia kurdistana dell'Iran, quando la "polizia della moralità" l'ha arrestata perchè non aveva la testa coperta"propriamente". Trasportata in un furgone al centro di "rieducazione" è stata, si può desumere dagli eventi, picchiata e torturata a morte. La polizia nega ogni responsabilità, il Primo Ministro Raisi ha telefonato alla famiglia dichiarandosi addoloratissimo; la polizia è stata accusata comunque da un deputato iraniano di essere troppo dura... ma non sono molti quelli che credono che Mahsa sia morta di un attacco cardiaco, come le fonti ufficiali suggeriscono, anche perchè la famiglia ha ripetuto che la giovane donna era in perfetta salute e chi ha potuto accedere a foto e documenti parla di una frattura del cranio. Durante il suo funerale, già alcune donne si sono strappate il hijab e la folla ha intonato lo slogan "morte al dittatore". La repressione delle manifestazioni, ormai in corso da tre giorni, spara, uccide, arresta in massa i manifestanti. [...]

Il patto con i palestinesi armati che è costato la vita a un bambino ebreo di 24 mesi

mercoledì 21 settembre 2022 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 21 settembre 2022
 
Gadiel Gaj Tachè aveva cinque anni quando il terrorismo palestinese lo orbò del fratello Stefano di due anni. Potete vedere al Ghetto di Roma, o "in Piazza" come dicono gli ebrei romani, la lapide che intitola a suo nome lo slargo fra Via del Tempio e Via Catalana. Gadiel racconta nel suo libro "Il silenzio che urla" appena uscito per la Giuntina anche questa: per arrivare a legittimare del tutto la memoria del suo fratellino e riconoscerlo fra le vittime del terrorismo in Italia, ci sono voluti trent'anni dell'attacco del 9 ottobre 1982, quando nel 2015 la buona coscienza del presidente Napolitano ha stabilito che si trattava di una ferita per gli italiani tutti. Ce n'è voluta; e ce n'è voluta anche a Gadiel per ritornare a vivere dopo l'attacco che ferì a morte il piccolo Stefano e quasi uccise anche lui e il resto della sua famiglia, facendo 37 feriti. Ricordare, è un processo molto selettivo: negare la memoria o distorcerla quando si tratta di ebrei uccisi, è una storia vecchia e sperimentata. Sulla lapide, e Gadiel se ne chiede il perché anche se dentro di sé lo sa bene, non c'è scritto che è stato un commando terrorista palestinese a colpire. Andando al Tempio per la benedizione ai bambini per la festa di Shemini Atzeret, tutto era lieve e giocoso, come nella tradizione ebraica di quel giorno. Alla fine di quel giorno in cui i bambini si mettono i vestitini belli, la famiglia Tachè contava uno dei due bambini ucciso, e gli altri tre membri feriti gravemente.
 
Gadiel fa riemergere da nulla le parole dell'infanzia di Stefano, lo richiama alla vita e al loro mondo di giochi, e fa al mondo contemporaneo un regalo molto importante, perché spiega così l'impossibile condizione di sopravvissuto: un essere umano incatenato al passato, che non può più credere nella vita,che si sente depresso, colpevole, timoroso, catturato in una rete. Il trauma fisico micidiale che lo ha tenuto per mesi fra la vita e la morte, e poi preda di strazi  ospedalieri, causa un post trauma che trasmigra instancabile nel presente finché non si individua un sentiero d'uscita. Per Gadiel è stata la musica, la scoperta di questo mondo parallelo lo ha preso per mano, la sua canzone "Little Angel", che mi ha fatto ascoltare su mia richiesta, è la chiave che lo ha condotto fuori del corridoio buio.  [...]

Presentazione del libro "Il silenzio che urla" di Gadiel Taché

martedì 20 settembre 2022 Generico 0 commenti

 

Potrebbe essere un'immagine raffigurante libro e testo

Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "La moralità dell'esercito israeliano"

lunedì 19 settembre 2022 Generico 0 commenti
Video di Fiamma Nirenstein in esclusiva per Informazione Corretta
 
Quello di Israele è l'esercito con le regole più rigorose del mondo. Ma questo non ferma l'ignobile propaganda degli odiatori.
 
Ecco il video:
https://www.informazionecorretta.com/video/fiamma190922.mp4

Mediorientale

venerdì 16 settembre 2022 Generico 0 commenti

Cari amici,
 

cliccando qui potrete riascoltare e leggere la trascrizione della rubrica di questa settimana Il Medio Oriente visto da Gerusalemme condotta da Giovanna Reanda

Chiamate il terrore con il suo nome

domenica 11 settembre 2022 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 11 settembre 2022

Molto è cambiato da quel giorno di orrore in cui attoniti, precisamente 21 anni fa, e sembra ieri, guardammo alla tv morire tremila persone a New York City, Washington DC e a Shanksville, Pennsylvania. Fu il 9/11. Ma ancora siamo preda dell'incubo terrorista e della sua astutissima costruzione teoretica, inchiodati davanti agli schermi tv a seguirne le gesta in tutto il mondo, con qualsiasi sigla si presenti; siamo avviluppati con le sedi di decisione internazionale, specie l'ONU, le Corti internazionali, le ONG e i suoi derivati, nell'adottare una concettualizzazione dubitosa e timida della parola stessa "terrorismo"  e dei suoi feroci perpetratori, preferendo spesso immaginare squilibrati e disadattati miserevoli, per timore che siano alla fine "combattenti delle libertà"; questo ha anche indotto il giudiziario alla cautela estrema per timore di ferire la libertà religiosa... e epitome della vicenda, dopo tanti anni di combattimento, ha spinto l'America l'anno scorso a fuggire nella vergogna dall'Afghanistan, nido in cui Bin Laden aveva trovato rifugio e conforto con l'aiuto e il sostegno un po’ di tutti gli affluenti all'estremismo islamico. Si è ripetuta la storia irachena che ha generato l'ISIS; dopo che tante vite di soldati americani vi erano state perdute. Al-Qaeda però e l'ISIS non somigliano a ciò che erano. [...]

Book Launch - Jewish Lives Matter: Human Rights and Anti-Semitism

giovedì 8 settembre 2022 English 0 commenti

J'POST The intersectionality of antisemitism

giovedì 8 settembre 2022 English 0 commenti

The Jerusalem Post, September 8, 2022

 

Fiamma Nirenstein’s latest book, Jewish Lives Matter, paints an aptly bleak portrait of the way in which Jew-hatred has had a happy resurgence in the West under the guise of human rights.

 

The term, which represents a genuinely high value, is so abused by the people who earn their livelihoods promoting it through various progressive movements and heavily funded NGOs, as well as by many of the very groups it aims to protect that its original meaning is all but a hologram.

 

As Nirenstein adeptly illustrates, this inversion of good and evil was given a serious push by champions of the Palestinian cause, whose false claims against the Zionist enterprise provided the perfect cloak for any antisemitism that was dormant, or at least kept under wraps, in the aftermath of the Holocaust. Indeed, while it was no longer acceptable to admit to a desire to annihilate the Jews, Israel became an acceptable target for what Natan Sharansky dubbed the three Ds: demonization, double standards and delegitimization.

 

How did Israel become an acceptable target?

 

“Today’s pro-Palestinian movements have found, especially in America, but also in France through the Islamic nexus, a conceptual link with the themes of racial injustice, colonial racism, and the persecution of blacks and women throughout history.”

Fiamma Nirenstein
 

“Today’s pro-Palestinian movements have found, especially in America, but also in France through the Islamic nexus, a conceptual link with the themes of racial injustice, colonial racism, and the persecution of blacks and women throughout history,” she writes. “Although Jews could only be identified by a very manipulative observer as the white oppressor or masculinist, this is precisely what has happened. The so-called intersectionality purportedly aimed at realizing human rights for all has become the catalyst for the current wave of antisemitism.” [...]

Mostra del Cinema di Venezia: presentazione del film GOLDA MEIR. Intervento di Fiamma Nirenstein

lunedì 5 settembre 2022 Generico 0 commenti

ASSESSORATO ISTRUZIONE, FORMAZIONE, LAVORO E PARI OPPORTUNITA’

 

79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia

 

 

Proiezione cortometraggio film GOLDA MEIR – Una donna che ha fatto la storia

 

 

05 settembre 2022 – Hotel Excelsior, Lido

dalle ore 13.30 alle ore 14.30

 

 

 

 

 

Interverranno:

  • Assessore Elena Donazzan
  • Fiamma Nirenstein 
  • Shani Rosanes -Regista (in collegamento da Israele)
  • Enrico Mairov Presidente Associaz. NUOVA UDAI 10.0

 

 

 

Saranno presenti:

Consiglieri Provinciali Parità

  • Tiziana Botteon
  • Flavia Monego

Consiglieri Provinciali PO

  • Lucia Ghiotti  RO
  • Giulia Busato VI

Commissione regionale PO

  • Sandra Miotto
  • Nicoletta Ferrari
  • Loredana Daniela Zanella
  • Stefania Barbieri

 

 

RIFERIMENTO: Franco MODIGLIANI   3356 8192 752    moditra@iol.it

 

 

 

SINTESI

 

Il documentario su Golda Meir di Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes

 

Documentario Golda, diretto a sei mani da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes. Il film si snoda tra  testimonianze di sostenitori e oppositori e rari filmati d’archivio e prende spunto da un’intervista per la televisione israeliana realizzata alla Meir poco prima della sua scomparsa. Un discorso intimo, con la prima e unica donna che abbia mai governato Israele, che racconta la turbolenta storia della sua vita. Nel documentario la prima e unica donna premier di Israele si racconta ai giornalisti della televisione di Stato in una conversazione informale mai trasmessa prima. Miglior documentario al Silicon Valley Jewish Film Festival del 2020, il lungometraggio diretto da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes si concentra sui cinque anni di mandato della Meir, dal 1969 al 1974, alternandone le parole e i ricordi con le testimonianze di quanti hanno incrociato la sua traiettoria umana e politica. Il documentario segue la parabola della Meir attraverso filmati d’archivio, telegiornali e immagini d’epoca, concedendo solo un breve spazio alla biografia di Golda prima del suo arrivo in Israele. La si vede così bambina, immigrata con la famiglia dall’Ucraina negli Stati Uniti, a Milwaukee, e poi ragazza, pronta a imbarcarsi per la Palestina, dove con il marito Morris Meyerson passerà dalla vita in un kibbutz a quella in un monolocale di Gerusalemme. Non indulgendo nell’amarcord il film corre spedito attraverso i decenni senza allontanarsi mai troppo dall’intervista inedita. I giornalisti passano dalle domande più strettamente politiche a quelle più intime dando modo all’ex primo ministro di raccontare molto di sé anche solo parlando di sogni interrotti.

Sogni mai conclusi a causa di un telefono che squillava regolarmente nel cuore della notte. Lo aveva chiesto lei, che la avvertissero dal quartier generale dell’esercito di qualunque cosa accadesse, ma anni dopo quegli stessi telefoni sarebbero diventati un incubo ricorrente… Incubi e sogni, ma soprattutto guerra e pace sono il filo conduttore del racconto.  Diventata primo ministro all’indomani della guerra dei Sei Giorni, Golda vedrà segnato il suo mandato da altri due conflitti, la guerra di Attrito e quella di Yom Kippur, e dai continui scontri politici dentro e fuori lo Stato. Dall’alternarsi di voci di quanti l’hanno conosciuta emerge l’immagine di una persona inflessibile e dura, ma capace anche di grande tenerezza e ironia, qualità ambivalenti riconosciute dai suoi stessi oppositori.  Il suo essere una donna ormai matura, e pure gravemente malata, non suscita condiscendenza né tanto meno pietà, ma un grande rispetto che non prevede però sconti.  Se la guerra di Yom Kippur resta la tappa decisiva negli anni di Golda al potere il documentario non dimentica altri fatti feroci legati al suo mandato, dalla tragedia del massacro di Monaco del ‘72 agli scontri in casa con le Black Panthers.  Leader del partito laburista, nei suoi sette anni come ministro del lavoro la Meir aveva istituito la previdenza sociale, introdotto leggi a tutela dei lavoratori e dato un forte impulso all’edilizia popolare. Come primo ministro, però, si ritrova a deludere le speranze degli ebrei arabi che le chiedono uguaglianza di trattamento rispetto agli immigrati ashkenaziti. Incapace di capire e tanto meno di accettare le manifestazioni delle Black Panthers, che sfoceranno in scontri violenti e porteranno all’arresto di un centinaio di partecipanti, in un incontro mal digerito con i rappresentanti dei mizrahi la si vede alzare un muro invalicabile tra sé e i suoi interlocutori.

 

 

 

 

Saranno proiettati il trailer del film Golda e 15 minuti dei passaggi più salienti

 

 

Monaco 50 anni dopo

lunedì 5 settembre 2022 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 05 settembre 2022
 
Avrebbe dovuto essere l'Olimpiade che cancellava quella all'insegna della svastica nel 1936; a meno di un trentennio dalla Shoah, la Germania Occidentale stabiliva che il motto sarebbe stato "i giuochi felici". Questa "felicità" per cui i controlli furono diminuiti e le informazioni (che pure riguardavano la banda Baader Meinhof , oltre ai palestinesi) diluite, fu una delle ragioni che condusse al massacro antisemita di Monaco. Alle quattro di mattina otto terroristi coi kalashnikov e le granate, membri di Settembre Nero, affiliato dell'OLP, su ispirazione di Abu Mazen (sì, lo stesso che oggi è il presidente dell'Autorità Palestinese) e di Abu Yihad, il vice di Arafat, fecero irruzione nelle stanze in cui 11 atleti israeliani riposavano. Due che si opposero lottando, Moshe Weinberg e Yosef Romano furono uccisi subito. Dire quello che accadde nelle ore successive in quelle stanze e sul breve spazio prospiciente, non somiglia a un film d'azione, ma alla scena girevole che da una parte ebbe la caratteristica del più orribile massacro, che condusse alla morte disumana degli undici sportivi, uno fu perfino evirato. E dall'altra è un balletto senza senso di decisioni mancate, di conferenze stampa degli assassini che mangiano e ridono per i fotografi, senza che le forze dell'ordine tedesche cerchino di fermarli. In un film una poliziotta tedesca flirta con un terrorista, mentre dentro le stanze gli atleti vengono fatti a pezzi. I palestinesi comunicarono che il loro scopo era liberare 234 prigionieri palestinesi in Israele e, in Gemania, i leader della Baader Meinhof. [...]
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