Video conferenza "Il ricordo della Shoah nel comune impegno morale contro l'antisemitismo"
Il Centro per gli Studi Europei Contro l'Antisemitismo (CESCA)
il Jerusalem Center for Public Affairs (JCPA)
la invitano ad una tavola rotonda
in occasione della
Giornata internazionale della Memoria
Il ricordo della Shoah nel comune impegno morale contro l'antisemitismo
Video conferenza
Giovedì 26 gennaio, ore 18 (Roma),
7 p.m. (Israel), 12 noon (New York), 9 a.m. (California)
Webinar link: https://us02web.zoom.us/
Dario Nardella, Sindaco di Firenze
Fleur Hassan-Nahoum, Vice Sindaco di Gerusalemme
Presiede: Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, Presidente Commissione Politiche dell'Unione Europea del Senato
Dan Diker, Presidente Jerusalem Center for Public Affairs (JCPA)
Marco Carrai, Console Onorario d'Israele, Copresidente Centro per gli Studi Europei Contro l'Antisemitismo (CESCA)
Fiamma Nirenstein, Direttore Program on Antisemitism and Israel-Europe, Jerusalem Center for Public Affairs e Copresidente Centro per gli Studi Europei Contro l'Antisemitismo (CESCA)
Ambasciatore Francesco Maria Talò, Consigliere diplomatico del Presidente del Consiglio
Franco Modigliani, fondatore de “La voce delle regioni”
La memoria nelle fedi religiose
Reverend Canon Brian Cox, Presidente Institute for Faith-Based Diplomacy
Rabbi Abraham Cooper, Decano e Direttore Global Social Action Agenda for the Simon Wiesenthal Center
Pastore Dumansani, Fondatore Institute for Black Solidarity with Israel
Ahmed Obaid al-Mansouri, già membro del Federal National Council (Emirati Arabi Uniti), Fondatore Crossroads of Civilizations Museum, Fondatore del primo Memorial Permanente dedicato all'Olocausto nel modo arabo e mussulmano e fuori di Israele
Monsignor Vincenzo Paglia, Presidente Pontificia Accademia della Vita
In questa occasione verrà inaugurato il Centro per gli Studi Europei Contro l'Antisemitismo (CESCA)
Webinar link: https://us02web.zoom.us/
La tavola rotonda si svolge in italiano ed inglese. E' prevista la traduzione simultanea dall'inglese
Riforma della giustizia, Netanyahu nel mirino. Resiste all'attacco della sinistra ma molla Deri
Il Giornale, 23 gennaio 2023
La piazza di Israele secondo la corrente narrativa di giornali anche importanti come il New York Times e in Italia come La Stampa di Torino o fogli ideologici come il Manifesto, protesta contro il pericolo che Israele correrebbe di abbandonare la strada della democrazia, di diventare preda di una banda di pregiudicati irresponsabili che la vogliono trasformare da un Paese multiculturale, democratico e stabile nonostante il pericolo continuo in un odioso bandito globale. Ma questa versione dei fatti è contraddetta da se stessa e da tutti i media israeliani e internazionali che la sostengono: quando mai un governo tende all’autocrazia dopo una vittoria elettorale molto decisa, con dubbi sul ruolo democratico delle dimostrazioni e della libertà di espressione consentirebbe senza remora alcuna, per giorni e giorni, il ripetersi ossessivo di slogan guidati, di dotte dissertazioni di intellettuali, di cipigliose affermazioni di ufficiali ancora in carica contro il governo appena eletto? Quando mai, a memoria d’uomo, un giornalista, e ce ne sono qui a migliaia, è stato interdetto dalla sua diatriba quotidiana contro Netanyahu? Non se ne conosce il nome. È tuttavia qui è in corso una vera, non disputabile, contestazione di piazza contro i volti di questo nuovo governo, 64 seggi su 120, e contro le proposte di legge avanzate, specie quella relativa alla riforma della Corte Suprema. I motivi sono antichi, ripetuti negli anni, e in niente simili all’ispirazione di un putsch. Il giudice Aharon Barak ne promosse negli anni ‘90 una riforma che ne ha fatto l’arbitro indisputabile della vita di Israele, ed oggi fra gli altri si è levato per denunciare la presunta “catena velenosa” che porterà alla caduta dello Stato di Diritto. Ed è logico: è la sua stessa creatura che viene messa in discussione, e gli duole. [...]
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: "La democrazia israeliana è vitale"
Mediorientale
Cari amici,
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein: Le accuse preventive contro il nuovo governo Netanyahu
Mediorientale
Cari amici,
Il sesto Netanyahu zittisce fischi e contestazioni 'La democrazia è anche accettare la sconfitta
Il Giornale, 30 dicembre 2022
"Anti-arcobaleno, estremista, autoritario". Netanyahu smonta le polemiche e giura
Il Giornale, 29 dicembre 2022
Il caos che ha preceduto sulla stampa e nell’opinione pubblica locale e internazionale la giornata odierna in cui il nuovo governo di Netanyahu deve presentarsi finalmente ai cittadini d’Israele e al mondo, è soprattutto la conseguenza furiosa della rabbia di poco meno della metà dei cittadini di Israele, quelli che non hanno votato i 64 seggi che votano oggi il nuovo governo. La maggioranza è larga e stabile, stupefacente la tenuta della leadership di Netanyahu che, nonostante i tanti tentativi di affiancarne il nome a invisi leader della destra nel mondo (da Orban a Bolsonaro, e altri definiti dittatori o quasi) non ha nel suo curriculum traccia di autoritarismo e di repressione della parte avversa: né un giornalista bloccato, né un politico tacitato, né un intellettuale contestato nel suo ruolo, né interventi oppressivi sull’economia o sui sindacati. Al contrario, la cultura liberal-democratica è straordinariamente fiorente ovunque, scuole e istituzioni pubbliche come gli ospedali, il cinema, la ricerca, l’high-tech, l’università, nonostante la costrizione di un quotidiano confronto con una realtà ostile. [...]
La forza delle donne oppresse dall'islam fanatico
Il Giornale, 27 dicembre 2022
I due grandi fenomeni storici che hanno fatto delle donne iraniane e afghane le eroine della libertà del nostro tempo sono sulle prime pagine e in assoluta evidenza in questo 2022 nella mente e nel cuore della nostra civiltà. Che giovani e anziane donne si espongano alla prigionia, e alla violenza fino alla morte per cambiare la loro condizione prendendo la testa della richiesta di cambiamento del regime, è una novità assoluta. Ieri, Vida Movahed conosciuta nel mondo per una foto del 2017 che la ritraeva col suo velo bianco usato a bandiera è stata arrestata, di nuovo in prigione per la terza terribile volta. In Afghanistan il fronte da ieri si allarga dalle mille proibizione fra cui quella alle ragazze di frequentare le scuole superiori, al bando delle donne delle ONG che soccorrono famiglie, donne e bambini (19 milioni di bisognosi, di cui 10 milioni di bambini). É magnifico che da parte della parte più oppressa, più disarmata, più in pericolo del mondo islamico si sollevi un grido tanto preciso: libertà e democrazia. Occorre ripeterlo: dalla parte più oppressa del mondo islamico. É questa indicazione geopolitica e sociale chiarissima, questa mappa religiosa l’indizio che deve guidare ogni sostegno alle donne in lotta, altrimenti non si fa nulla; è questo che manca nei commenti che sui giornali e sui teleschermi. Le donne in lotta offrono la loro vita in cambio dei quel bene che dalla fine della seconda guerra mondiale è diventato un dovere principale per la nostra civiltà, quella della libertà nel rispetto dei diritti umani di ognuno:ma loro, vanno oltre. [...]
Uno sporco gioco ai danni dell'Occidente
Il Giornale, 13 dicembre 2022





