Mediorientale
Cari amici,
Chiamate il terrore con il suo nome
Il Giornale, 11 settembre 2022
Book Launch - Jewish Lives Matter: Human Rights and Anti-Semitism
J'POST The intersectionality of antisemitism
The Jerusalem Post, September 8, 2022
Fiamma Nirenstein’s latest book, Jewish Lives Matter, paints an aptly bleak portrait of the way in which Jew-hatred has had a happy resurgence in the West under the guise of human rights.
The term, which represents a genuinely high value, is so abused by the people who earn their livelihoods promoting it through various progressive movements and heavily funded NGOs, as well as by many of the very groups it aims to protect that its original meaning is all but a hologram.
As Nirenstein adeptly illustrates, this inversion of good and evil was given a serious push by champions of the Palestinian cause, whose false claims against the Zionist enterprise provided the perfect cloak for any antisemitism that was dormant, or at least kept under wraps, in the aftermath of the Holocaust. Indeed, while it was no longer acceptable to admit to a desire to annihilate the Jews, Israel became an acceptable target for what Natan Sharansky dubbed the three Ds: demonization, double standards and delegitimization.
How did Israel become an acceptable target?
“Today’s pro-Palestinian movements have found, especially in America, but also in France through the Islamic nexus, a conceptual link with the themes of racial injustice, colonial racism, and the persecution of blacks and women throughout history.”
Fiamma Nirenstein
“Today’s pro-Palestinian movements have found, especially in America, but also in France through the Islamic nexus, a conceptual link with the themes of racial injustice, colonial racism, and the persecution of blacks and women throughout history,” she writes. “Although Jews could only be identified by a very manipulative observer as the white oppressor or masculinist, this is precisely what has happened. The so-called intersectionality purportedly aimed at realizing human rights for all has become the catalyst for the current wave of antisemitism.” [...]
Mostra del Cinema di Venezia: presentazione del film GOLDA MEIR. Intervento di Fiamma Nirenstein
ASSESSORATO ISTRUZIONE, FORMAZIONE, LAVORO E PARI OPPORTUNITA’
79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
Proiezione cortometraggio film GOLDA MEIR – Una donna che ha fatto la storia
05 settembre 2022 – Hotel Excelsior, Lido
dalle ore 13.30 alle ore 14.30
Interverranno:
- Assessore Elena Donazzan
- Fiamma Nirenstein
- Shani Rosanes -Regista (in collegamento da Israele)
- Enrico Mairov Presidente Associaz. NUOVA UDAI 10.0
Saranno presenti:
Consiglieri Provinciali Parità
- Tiziana Botteon
- Flavia Monego
Consiglieri Provinciali PO
- Lucia Ghiotti RO
- Giulia Busato VI
Commissione regionale PO
- Sandra Miotto
- Nicoletta Ferrari
- Loredana Daniela Zanella
- Stefania Barbieri
RIFERIMENTO: Franco MODIGLIANI 3356 8192 752 moditra@iol.it
SINTESI
Il documentario su Golda Meir di Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes
Documentario Golda, diretto a sei mani da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes. Il film si snoda tra testimonianze di sostenitori e oppositori e rari filmati d’archivio e prende spunto da un’intervista per la televisione israeliana realizzata alla Meir poco prima della sua scomparsa. Un discorso intimo, con la prima e unica donna che abbia mai governato Israele, che racconta la turbolenta storia della sua vita. Nel documentario la prima e unica donna premier di Israele si racconta ai giornalisti della televisione di Stato in una conversazione informale mai trasmessa prima. Miglior documentario al Silicon Valley Jewish Film Festival del 2020, il lungometraggio diretto da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes si concentra sui cinque anni di mandato della Meir, dal 1969 al 1974, alternandone le parole e i ricordi con le testimonianze di quanti hanno incrociato la sua traiettoria umana e politica. Il documentario segue la parabola della Meir attraverso filmati d’archivio, telegiornali e immagini d’epoca, concedendo solo un breve spazio alla biografia di Golda prima del suo arrivo in Israele. La si vede così bambina, immigrata con la famiglia dall’Ucraina negli Stati Uniti, a Milwaukee, e poi ragazza, pronta a imbarcarsi per la Palestina, dove con il marito Morris Meyerson passerà dalla vita in un kibbutz a quella in un monolocale di Gerusalemme. Non indulgendo nell’amarcord il film corre spedito attraverso i decenni senza allontanarsi mai troppo dall’intervista inedita. I giornalisti passano dalle domande più strettamente politiche a quelle più intime dando modo all’ex primo ministro di raccontare molto di sé anche solo parlando di sogni interrotti.
Sogni mai conclusi a causa di un telefono che squillava regolarmente nel cuore della notte. Lo aveva chiesto lei, che la avvertissero dal quartier generale dell’esercito di qualunque cosa accadesse, ma anni dopo quegli stessi telefoni sarebbero diventati un incubo ricorrente… Incubi e sogni, ma soprattutto guerra e pace sono il filo conduttore del racconto. Diventata primo ministro all’indomani della guerra dei Sei Giorni, Golda vedrà segnato il suo mandato da altri due conflitti, la guerra di Attrito e quella di Yom Kippur, e dai continui scontri politici dentro e fuori lo Stato. Dall’alternarsi di voci di quanti l’hanno conosciuta emerge l’immagine di una persona inflessibile e dura, ma capace anche di grande tenerezza e ironia, qualità ambivalenti riconosciute dai suoi stessi oppositori. Il suo essere una donna ormai matura, e pure gravemente malata, non suscita condiscendenza né tanto meno pietà, ma un grande rispetto che non prevede però sconti. Se la guerra di Yom Kippur resta la tappa decisiva negli anni di Golda al potere il documentario non dimentica altri fatti feroci legati al suo mandato, dalla tragedia del massacro di Monaco del ‘72 agli scontri in casa con le Black Panthers. Leader del partito laburista, nei suoi sette anni come ministro del lavoro la Meir aveva istituito la previdenza sociale, introdotto leggi a tutela dei lavoratori e dato un forte impulso all’edilizia popolare. Come primo ministro, però, si ritrova a deludere le speranze degli ebrei arabi che le chiedono uguaglianza di trattamento rispetto agli immigrati ashkenaziti. Incapace di capire e tanto meno di accettare le manifestazioni delle Black Panthers, che sfoceranno in scontri violenti e porteranno all’arresto di un centinaio di partecipanti, in un incontro mal digerito con i rappresentanti dei mizrahi la si vede alzare un muro invalicabile tra sé e i suoi interlocutori.
Saranno proiettati il trailer del film Golda e 15 minuti dei passaggi più salienti
Monaco 50 anni dopo
Teheran, la prima volta delle donne allo stadio. La propaganda del regime e l'ombra del nucleare
Chi usa l'esca anti-Israele per i voti degli estremisti
Il Giornale, 21 agosto 2022
Molti miei amici di sinistra non sono affatto antisemiti, anzi, capiscono e sostengono lo Stato d'Israele. Ma sono l'eccezione, non la regola. La "faccenda" dei post anti-israeliani di La Regina non è un caso disgraziato che riguarda il carattere di un giovane ignorante, un incidente. L'uso dell'antisemitismo anti-israeliano come arma di consenso, come esca sui social media, come visione del mondo o come modo d'essere (anti-imperialista, antirazzista, terzomondista, globalista etc etc etc) e quindi, in questo periodo, come attrazione elettorale cospicua e utilizzabile, è anzi molto attraente perché è di massa. Una fetta non piccola di elettorato pensa che Israele non abbia diritto di esistere, che sia uno stato di apartheid, che il Bds, ovvero il boicottaggio e il disinvestimento siano un'arma dovuta. Ogni 83 secondi, sui social appare un post anti-israeliano-antisemita; i dati sono in crescita verticale, come verifica il Rapporto Annuale sull'Antisemitismo del Centro per lo Studio dell'Ebraismo Contemporaneo dell'Università di Tel Aviv. Leader come Jeremy Corbyn, la cui stella è poi declinata, ne hanno fatto una bandiera; più del 25 per cento degli ebrei nelle città europee si sentono insicuri e molti se ne vanno. Nizza da 20mila ebrei e passata a 3000, un trend che sta decimando le comunità. La Regina ha scritto uno slogan efficace; come dice la scrittrice Ruth Wisse popolarizzare l'odio antiebraico, paga. L'anno scorso in Germania, gli attacchi antisemiti sono cresciuti a 3028 da 2351, e crescono in Francia, Inghilterra etc. Una settimana fa Abu Mazen accanto al Cancelliere Scholz, senza che lui reagisce, in Germania! Ha affermato che gli israeliani hanno compiuto almeno 50 olocausti contro i Palestinesi."Kill the jews" è uno slogan comune. Che per Israele si intenda il popolo ebraico è facilmente deducibile dagli attacchi continui alle sinagoghe, ai negozi, alle persone, dalle menzogne e dai "blood libel". [...]
Una sconfitta per la nostra libertà e per l'Occidente
Il Giornale, 13 agosto 2022
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Cari amici,