Fiamma Nirenstein Blog

Il Giornale

Netanyahu chiede aiuto. Per battere la sinistra vuole fare fuori la destra

martedì 9 aprile 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 09 aprile 2019

 

"Gevalt": chi conosce questa parola? E' diventata il distintivo delle ultime ore della campagna di Benjamin Netanayhu a poche ore dalle lezioni che si svolgono oggi. Vuol dire "aiuto" in Yiddish, la lingua degli ebrei dell'Europa Orientale: la si usa lamentosamente, con gli occhi al cielo. E'letteraria, antica. Nelle ultime, superdrammatiche ore di ieri Netanyahu ha deciso che, come nel 2015 un finale di campagna tutto "gevalt" gli fornì 30 seggi contro i 24 della sinistra guidata da Tzipni Livni, così adesso un colpo di speroni allarmistico alle forze di destra può dargli quella spinta che gli manca per riconquistare il ruolo di Primo Ministro per la quinta volta. Se ce la farà, sarà una conquista che lo renderà il Primo ministro più longevo della storia di Israele, un retaggio storico che supererà Ben Gurion.


La scelta di Netanyahu ha irritato soprattutto i piccoli partiti di destra, perchè la sua richiesta è stata, urbi et orbi, di abbandonare i partiti che potrebbero schierarsi al suo fianco in un eventuale governo di destra, e di votare tutti quanti per il Likud, di cui è il capo. Per il momento i sondaggi lo danno in maniera ondivaga su e giù in un'altalena intorno ai trenta seggi  col suo antagonista,l'ex capo di Stato Maggiore Benny Ganz, capo di"Blu e bianco", moderatamente di sinistra, comunque anti Netanyahu. Fino ad ora le previsioni dicono però che l'incertezza non esiste se si parla del blocco che le due forze saranno in grado di formare per dare vita al nuovo governo: la destra dovrebbe superare di gran lunga i 61 seggi necessari, arrivando, dice l'ultimo sondaggio di Ha'aretz fino a 67, mentre gli altri si fermerebbero a 53. [...]

Il generale Gantz spera nel sorpasso sul filo. Ma il voto in Israele sarà tutto su Netanyahu

domenica 7 aprile 2019 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 07 aprile 2019

Martedì in Israele si vota, e la scelta, nonostante le tante liste, è semplice: "solo Bibi" oppure "chiunque fuorchè Bibi". In realtà Israele è teso come una corda di violino perchè una quantità di aspirazioni, di fantasie,di ambizioni trovano nelle elezioni un momento di necessaria resa dei conti. La pace non riesce a diventare l'argomento di scontro, come era un tempo. Il rifiuto, il terrorismo palestinesi hanno distrutto lo scontro sulle trattative, i territori, due Stati per due popoli. Non se ne parla. Israele dalla sua nascita cerca un interlocutore arabo, un partner palestinese, e non lo trova: ha fatto qualsiasi capriola per riuscirci sin dai primi "tre no al riconoscimento, alla trattativa, alla pace" che vennero quando propose di consegnare subito i territori della guerra del ‘67. Poi, gli accordi di Oslo ci hanno riprovato mentre Arafat preparava l'Intifada dei terroristi suicidi, leader come Shimon Peres ne hanno tratto un perenne crepacuore. Oggi Netanyahu, che non ha voluto fare la guerra a Gaza nonostante la sinistra lo spingesse a distruggere Hamas, ha spiegato che non valeva la pena:"non avrei a chi lasciare le chiavi" dato che Abu Mazen non vuole parlargli e giura che finchè vive finanzierà il terrorismo. Dunque, il tema della pace è raramente emerso, perchè anche gli antagonisti di Bibi non osano più parlarne: Abu Mazen ha distrutto la strada, marcia solo su terrorismo e BDS lasciando gli israeliani senza parole.
Da febbraio, il clima fatale ha avuto invece accenti amari, volgari, pettegoli, conditi da accuse giudiziarie che vanno dall'indicazione a incriminare Netanyahu per corruzione fino alle accuse al suo antagonista, Benny Gantz, di violenza sessuale. Corrotto, traditore, idiota... Se ne sono sentite di tutte. A Netanyahu si è dato di fascista perchè propugna una costituzione che dice che Israele è la patria del popolo ebraico,, a Gantz di deficiente e nevrotico, perchè il suo eloquio risulta debole e non carismatico. Ma Gantz è stato un rispettato Capo di Stato maggiore, Netanyahu è un leader riconosciuto in tutto il tutto il mondo, e queste accuse sono un tramonto nebbioso di legislatura. [...]

Grande marcia al confine con Israele: un morto

domenica 31 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 31 marzo 2019

Per ora non è guerra: i feriti sono alcune decine, un morto dalla parte palestinese. La giornata di pioggia, freddo, il sole bianco dietro le nuvole e sabbia che aleggia nel cielo del Medio Oriente, poteva essere sanguinosa. Israele ha passato il sabato festivo in attesa. Hamas ha deciso che poteva accontentarsi di vantarsi della sua forza di mobilitazione, dei suoi 40mila dimostranti, uomini donne e bambini tutti ammassati, anche dopo le improvvise rivolte interne dei giorni scorsi, ai suoi comandi. La scena si è compiaciuta di mostrare i leader Ismail Haniyeh e Yahya Sinwar baldanzosi insieme ai loro militanti.  E adesso le cose sono nelle mani di una riluttante delegazione egiziana che sabato ha tenuta ferma Hamas e  ieri è andata a parlamentare con Israele. Certo il presidente Sisi non si fida di Hamas, parte della Fratellanza Musulmana che lo odia: ma la mediazione assume un valore internazionale evidente, che tutto il mondo apprezza.Il 9 qui ci sono le elezioni, Netanyahu vuole evitare che scoppi una guerra, e per l'Egitto la competizione vincente con lo sponsor di Hamas, il Qatar, gli mantiene il ruolo di primato diplomatico. Hamas ha dato il via al round di scontri lunedì. bombardando alle fondamenta una casa di Moshmoret nel centro di Israele e poi seguitando coi missili ogni notte; Israele ha risposto bombardando Gaza, stando però attenta a non creare situazioni estreme in cui Hamas, in bilico a causa della sua permanente crisi economica, dovesse vendicarsi con grandi attentati. [...]

A Gaza la tregua è già rotta. E Netanyahu è tra due fuochi

mercoledì 27 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 27 marzo 2019


Tregua... quale tregua, chiede triste una donna al telefono dalla sua casa di Sderot, ne ho contate sette di tregue nell'ultimo anno, e ho contato invece decine di sirene durante questa ultima nottata... Tregua? Quale? Quella che Hamas ha dichiarato dalle tre di notte quando ormai  gli elicotteri Apache avevano attaccato bombardando l'ufficio (vuoto) di Ismail Haniyeh, e avevano fatto a pezzi diversi depositi militari. La gente d'Israele è esasperata a dodici giorni dal voto del 9 di aprile. I missili oramai hanno colpito metà del Paese, dal confine con Gaza fino al centro di Israele e più a nord. Questo è un Paese piccolo e vulnerabile, a portata di missili di Hamas finchè il suo territorio diventa zona a portata dei missili degli Hezbollah. In queste ore i suoi carri armati e i suoi mezzi corazzati sono ammassati sul confine con Gaza. Ma il Paese non è militarista: sulle reti sociali è diventato virale un video che mostra una famigliola che gioca con le sue due bambine piccolissime alla "festa del rifugio", che è tutto adornato di orsacchiotti e festoni. Le pupe col pigiamino ridono e vengono messe a letto mentre il padre le rassicura che quei bum che si sentono sono solo un gioco, e la madre piange di nascosto poco lontano.

Benjamin Netanyahu ha lasciato dietro, di corsa, a Washington, il tappeto rosso e la firma storica che riconosce la sovranità di Israele sul Golan. Trump gli ha regalato la penna con cui ha firmato il riconoscimento, un portafortuna di cui Bibi ha bisogno. Appena arrivato inseguito da mille accuse è andato direttamente al Ministero della Difesa, per incontrare tutti gli esperti e i militari. Ma non ha presentato soluzioni, promesse e tantomeno tregue. Netanyahu sa che con Hamas non c'è che bloccarlo con la forza senza però cadere nella trappola degli scudi umani che Hamas usa per catturare il consenso internazionale, e aspettare la prossima puntata a meno di una strage che Bibi non vuole. [...]

Razzo di Hamas colpisce a nord di Tel Aviv. E da Israele offensiva su Gaza

martedì 26 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 26 marzo 2019



Così Israele non può continuare dopo il bombardamento di ieri alle 5:00 di mattina sul centro di Israele, al kibbutz Mishmeret, vicino a Kfar Saba, 100 chilometri da Gaza, dopo che Tel Aviv colpita solo 10 giorni fa: basta guardare ciò che è rimasto della  casa della famiglia Wolf, le mura e il tetto a terra, l'interno tutto calcinacci compresi quelli che coprono il lettino di un bambino. Durante la sirena la nonna ha afferrato i nipotini salvandoli. Una svolta militare è nell'aria e già ieri sera è iniziata con un attacco degli Apache dal cielo: il bombardamento di Hamas è stato fatto per uccidere e gettare nel panico i cittadini di qualsiasi parte di Israele, sette persone della stessa famiglia sono all'ospedale, la nonna è ferita gravemente, il nonno, i genitori e tre bambini da 12 anni a 6 mesi tutti ricoverati. Ma la scena mediorientale ieri aveva due sfondi lontani migliaia di chilometri: mentre alle cinque meno un quarto di sera, ora italiana, iniziava la risposta su Gaza, le riserve venivano richiamate, i rifugi del sud ma anche di Tel Aviv venivano aperti, le attività esterne venivano tutte sospese, il treno fermato.. la Casa Bianca srotolava il tappeto rosso delle grandi occasioni per Netanyahu a Washington:  Donald Trump di fronte al Primo Ministro israeliano ha riconosciuto ieri a nome degli Stati Uniti la sovranità israeliana sul Golan cancellandolo cosi dal potere di Assad e disegnandolo nella strategia di una grande guerra totale contro il terrorismo in cui gli USA e Israele sono alleati. Doveva essere per Netanyahu solo un giorno di grande festa, e anche di proficua campagna elettorale a due settimane dalle elezioni. Il riconoscimento, a 52 anni dalla Guerra dei Sei giorni, è fondamentale per la sicurezza di Israele, toglie al terrore una terrazza strategica su tutto il Medio Oriente. Negli anni da là sono stati lanciati innumerevoli guerre e attacchi terroristici ormai gestiti dagli hezbollah e dagli iraniani. L'assalto coi tank del ‘73, Guerra del Kippur, fu quasi fatale. [...]
 

«Golan a Israele»: Trump twitta. Scoppia l'ira di Siria, Iran e Russia

sabato 23 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 23 marzo 2019



Il Golan è una terrazza sul Medio Oriente, una montagna di basalto alta 1000 metri da cui puoi minacciare tutta Israele in un colpo solo, è uno stato d'animo di continua avventura e insicurezza oggi trasformato in una zona di coltivazioni e natura per circa 25mila fra israliani e drusi in una quarantina di comunità. La capitale, Katzrin, è nei testi che parlano del Secondo Tempio. Ma per i siriani odierni, la memoria storica è quella del Villayet nell'impero Ottomano, e poi del protettorato francese degli anni ‘20 e ‘30.  Solito Mediorente. Un passato conteso, un presente di scontro. Da tempo il Golan israeliano è pastorale: è un terrapieno di pascoli, antiche rovine, nuove cittadine, vigne in cui Israele produce fra i vini migliori del mondo. Ma, se in mano nemiche, sarebbe in giuoco tutto il Medio Oriente nel rischio di un'invasione iraniana e di Hezbollah sostenuta da Assad, contemplata da lontano da Putin. Probabilmente è questa la considerazione strategica che ha spinto Donald Trump a gettare il guanto sul terreno e a dichiarare che il Golan deve appartenere a Israele. Perchè sulla parte siriana del Golan Iran e Hezbollah stanno stabilendo le roccaforti di un attacco strategico al nemico più odiato, Israele. Questo, visto dagli USA, distrugge anche ogni eventualità che la conclusione del conflitto siriano si trasformi in una situazione di equilibrio, e rimette al centro, come l'America non ha mai voluto, il dittatore Bashar Assad che ha fatto dei suoi concittadini un popolo martirizzato (sono 800mila i morti) ed esule. Dalla parte israeliana, quella che Israele occupò durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 difendendosi dall'attacco siriano concertato con Nasser d'Egitto il confine contiene l'ammassarsi del più pericoloso fra tutti i rischi conosciuti insieme al pericolo ISIS ormai sconfitto: l'imperialismo sciita condito dalla dittatura siriana. [...]

Tel Aviv, allarme per due missili sparati da Gaza. E Netanyahu raduna ministri e capi militari

venerdì 15 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
(Gerusalemme) Ieri sera l'allarme rosso delle sirene ha risuonato nelle vie in genere piene di vita e di senso di sicurezza di Tel Aviv, i rifugi sono stati aperti, le tv e le radio hanno cominciato una interminabile trasmissione in diretta cercando di calmare i cittadini ma anche di dare indicazioni e ordine: due missili Fajr sono stati sparati da Gaza, uno è caduto in uno spazio aperto, senza feriti o danni; il secondo è stato distrutto in aria dal sistema"scudo di acciaio". Mentre scriviamo, Netanyahu che è anche ministro della Difesa, è in riunione alla "Kirya" il sofisticato centro della sicurezza israeliana con tutti i consiglieri e i capi militari, e certamente la risposta non potrà essere banale, dato che l'attacco colpisce la vita di Israele in uno dei suoi cuori pulsanti, la sua seconda capitale, come fosse Milano in Italia. [...]

Gentilissima,

sabato 2 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti

Blitz del giudici sul voto: Netanyahu incriminato a 40 giorni dalle elezioni

venerdì 1 marzo 2019 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 01 marzo 2019

Israele è scossa e ferita: ieri per l'Avvocatura dello Stato, il Pubblico Ministero Avichai Manderbilt con 57 pagine di accuse, dopo due anni e mezzo di indagini ha suggerito di incriminare il Primo Ministro Benjamin Netanyahu per corruzione e frode, mettendo così in discussione non solo un grande protagonista, perno della politica israeliana a casa e nel mondo, ma palesemente influenzando pesantemente anche il risultato delle prossime elezioni che si terranno il 9 di aprile. Ormai che la macchina giudiziaria è stata avviata, è del tutto realistico pensare che la preminenza del Likud subirà uno shock nelle prossime giornate: si prevede già un calo di quattro seggi, e quindi un pareggio con la forza antagonista "Blu e bianco": non sorprende che i tempi della scelta di Mandelbit facciano parlare di un putsch politico. Il brivido della situazione, l'imbarazzo di un Paese che per la seconda volta vede un suo Primo Ministro impolverato e ferito (anche se Ehud Olmert era accusato di ben altri crimini) è accompagnata anche da evidenti espressioni di soddisfazione, anzi, di gioia, di un largo schieramento di detrattori soprattutto nel mondo dell'informazione, quasi tutto ostile al PM: da anni ormai hanno fatto di Bibi il loro obiettivo designato. Nelle ore del pomeriggio di ieri la delizia dei canali tv è stata un evento in sé. [...]

Il giornalista e il militare: Israele e la strana coppia che spaventa Netanyahu

venerdì 22 febbraio 2019 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 22 febbraio 2019

(Gerusalemme) Qualcuno dice che la campagna elettorale è cominciata solo ieri sera, anche se il voto è vicino, il 6 di aprile. Infatti davanti a un profluvio di blu e bianco «Cahol lavan» come si chiama dai colori della bandiera israeliana la nuova formazione politica, i due protagonisti della guerra senza quartiere a Benjamin Netanyahu e al Likud hanno presentato il loro nuovo partito unitario. Ed ecco, davanti al pubblico israeliano, fieri e diritti, di bell'aspetto, colti e sicuri, Benny Gantz, 59 anni, ex capo di stato maggiore, e Yair Lapid, 55 anni, ex ministro e giornalista tv di successo. Due personalità molto diverse, costruite in mezzo ai soldati da una parte, e dall'altra fra gli intellettuali laici guidati dal padre, Tommy Lapid. La trattativa che li ha condotti a promettere l'uno all'altro la rotazione del ruolo di primo ministro è stata un corpo a corpo durato tutta la notte fra mercoledì e giovedì. La nuova lista, oltre a mettere insieme il generale che suona il piano e l'ex star tv scrittore di romanzi gialli e di libri per bambini, ha un'altra caratteristica: oltre a Gantz, ne fanno parte altri tre Capi di Stato Maggiore, tutti fra i primi della lista scritta al maschile: sono Moshe «Bogie Ya'alon (Capo di Stato maggiore dal 2002 al 2005, gli anni terribili della seconda Intifada), anche ex ministro della difesa di Bibi, e Gabi Ashkenazi, nel ruolo di capo dell'esercito dal 2007 al 2011. [...]
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