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«Golan a Israele»: Trump twitta. Scoppia l'ira di Siria, Iran e Russia

sabato 23 marzo 2019 Il Giornale 0 commenti
Il Giornale, 23 marzo 2019



Il Golan è una terrazza sul Medio Oriente, una montagna di basalto alta 1000 metri da cui puoi minacciare tutta Israele in un colpo solo, è uno stato d'animo di continua avventura e insicurezza oggi trasformato in una zona di coltivazioni e natura per circa 25mila fra israliani e drusi in una quarantina di comunità. La capitale, Katzrin, è nei testi che parlano del Secondo Tempio. Ma per i siriani odierni, la memoria storica è quella del Villayet nell'impero Ottomano, e poi del protettorato francese degli anni ‘20 e ‘30.  Solito Mediorente. Un passato conteso, un presente di scontro. Da tempo il Golan israeliano è pastorale: è un terrapieno di pascoli, antiche rovine, nuove cittadine, vigne in cui Israele produce fra i vini migliori del mondo. Ma, se in mano nemiche, sarebbe in giuoco tutto il Medio Oriente nel rischio di un'invasione iraniana e di Hezbollah sostenuta da Assad, contemplata da lontano da Putin. Probabilmente è questa la considerazione strategica che ha spinto Donald Trump a gettare il guanto sul terreno e a dichiarare che il Golan deve appartenere a Israele. Perchè sulla parte siriana del Golan Iran e Hezbollah stanno stabilendo le roccaforti di un attacco strategico al nemico più odiato, Israele. Questo, visto dagli USA, distrugge anche ogni eventualità che la conclusione del conflitto siriano si trasformi in una situazione di equilibrio, e rimette al centro, come l'America non ha mai voluto, il dittatore Bashar Assad che ha fatto dei suoi concittadini un popolo martirizzato (sono 800mila i morti) ed esule. Dalla parte israeliana, quella che Israele occupò durante la Guerra dei Sei Giorni nel 1967 difendendosi dall'attacco siriano concertato con Nasser d'Egitto il confine contiene l'ammassarsi del più pericoloso fra tutti i rischi conosciuti insieme al pericolo ISIS ormai sconfitto: l'imperialismo sciita condito dalla dittatura siriana.

Dunque il presidente americano Donald Trump nel suo stile bizzarro e controverso(si dice che Mike Pompeo, in visita in Israele, sia stato preso di sorpresa) ha twittato la sua intenzione di riconoscere il Golan come parte dello Stato d'Israele. Una decisione esaltata presa alla vigilia del viaggio di Netanyahu, in piena campagna elettorale, che domenica vola negli Stati Uniti per un discorso all'AIPAC, la maggiore organizzazione della massa potente e divisa degli ebrei americani. Bibi ci va trionfante dopo il tweet dice: "Dopo 52 anni, è tempo per gli Stati Uniti di riconoscere interamente la sovranità israeliana sulle alture del Golan, che è di importanza critica e strategica per la sicurezza dello Stato di Israele e della Regione". Niente potrebbe essere più vero, se si pensa anche solo per un attimo all'alternativa: una grande terrazza su Israele da cui lanciare attacchi militari e terroristici, come avveniva fino al ‘67. Ricorda il generale Avigdor Kahalani un eroe della guerra del Kippur del 1973 in cui Israele fu presa di sorpresa, come il Golan fu la piattaforma critica su cui all'improvviso si avventarono 470 tank siriani, che vennero respinti con la forza della disperazione dai 150 carrarmati israeliani, a prezzo però della strage di centinaia di soldati animati da un furore eroico che salvò la nazione.  

Nel '67, quando la zona fu conquistata, Kahalani era già di stanza sul Golan, e ricorda come anche allora l'attacco fu siriano. Chi scrive, ragazzina volontaria al Kibbutz Neot Mordechai in alta Galilea, ricorda come gli aerei Mig spuntavano per bombardare da dietro le alture. I residenti della zona oggi sono rassicurati da una legge che fu votata nell'’81 per annettere il Golan, e impedisce di abbandonarlo se non con un referendum. Il Golan è anche prezioso per l'acqua perchè incombe sul Lago di Tiberiade, detto anche Mare di Galilea, e ci passa il Giordano. Dopo la guerra del ‘67 la Siria respinse ogni accordo di restituzione, e così via via sono falliti i piani di Ehud Barak, Olmert e anche di Netanyahu, che ci hanno provato scontrandosi con i no degli Assad padre e figlio. Adesso le reazioni sono svariate e tutte molto prevedibili: i siriani respingono con sdegno, i russi sperano che la cosa resti a livello di un tweet, Erdogan, al solito promette fuoco e fiamme, le altre capitali mediorentali reagiscono molto debolmente ormai abituate alla rassicurante presenza israeliana, e la Mogherini con l'Unione Europea non perde un'occasione per schierarsi contro Israele in nome della superviolata legge internazionale. Che l'abbia violata Assad o l'Iran di stanza in Siria non sembra importare molto all'UE. Eppure lo sa anche lei che sotto le alture del Golan si accalcano i feriti, gli esuli, le famiglie cacciate da Assad sperando che una delle pattuglie di Israele, come tempo fa, li raccolga nottetempo e li porti per curarli e assisterli, dalla sua parte.

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