Il Giornale
L’Iran fa paura: Riad si compra l’atomica dal Pakistan
Mentre suona a destra uno squillo di tromba, ovvero le notizie anche di ieri promettono che l’Iran otterrà condizioni che gli consentiranno di procedere verso la bomba atomica, a sinistra risponde uno squillo, e che squillo: l’Arabia Saudita ha investito nel corso degli anni in Pakistan, che ha più di centoventi bombe atomiche, per comprare un pacchetto atomico già pronto non appena sarà evidente che il suo nemico storico, l’Iran, sta per raggiungere l’obiettivo. Può darsi persino, secondo un’alta fonte della NATO che ha parlato alla BBC, che l’arma nucleare pakistano-saudita venga approntata prima di quella iraniana.[...]
Iran, nell'ambasciata Usa si respira ancora odio
Ieri di nuovo l’Iran ha mostrato al mondo la sua faccia di tutti I giorni: “Morte all'America”, hanno urlato in decine di migliaia. Come 34 anni fa, il 4 novembre del 79, di nuovo le Guardie della rivoluzione hanno bruciato le bandiere USA e israeliani, hanno impiccano svariati zio Sam, si sono affollati come ai bei tempi fra le mura mezze rovinate e dentro i cancelli arrugginiti dell’ambasciata d’America aperti per l’occasione esprimendo tutto il loro odio. Per l’anniversario del sequestro dell’ambasciata, sono entrati insieme ai giornalisti che hanno indossato inopinatamente targhette con scritte di odio agli USA, avventurandosi nelle stanze che dalle dieci di mattina di quel giorno di autunno furono violate contro ogni regola internazionale, si riempirono di giovani urlanti e armati, fra cui un Ahmadinejad di 23 anni, spinsero i funzionari terrorizzati a barricarsi fino nell'ultimo ufficio, finché in 52 (dopo il rilascio di alcune donne sudafricane) furono presi prigionieri dai basiji urlanti, e trattenuti per 444 giorni. Ieri gli slogan erano gli stessi: “lottiamo contro l’arroganza globale, l’Iran è il migliore, fatemi morire per l’Iran”. Dopo tanti anni, l’ambasciata non è stata rivisitata, in tempi di trattative con gli USA, da un gruppo di storici o politici consapevoli del fatto che si trattò di un gesto di violenza inenarrabile, ma da decine di migliaia di basiji urlanti con il ritratto di Khamenei.[...]
Il gioco palestinese di rendere inutili i colloqui di pace
I colloqui di pace fra israeliani e palestinesi sono cominciati il 29 di luglio, dandosi sei mesi di tempo. Siamo dunque vicini alla scadenza, ma c’è qualche speranza per quello che Obama definisce il maggiore impegno insieme all’atomica iraniana? Ieri l’esercito israeliano ha avuto 5 feriti di cui tre gravi, Hamas ha avuto quattro morti. Questo è accaduto mentre l’IDF chiudeva una galleria lunga due chilometri, attraverso la quale passa di tutto, specie gruppi terroristi. Lo scontro è pesante, ma non più di quello in corso, mentre si tengono i colloqui cui Kerry sovrintende (è di nuovo in arrivo) con Abu Mazen. Infatti, la gara per l’egemonia nel mondo palestinese che garantisce il potere, si vince su chi dirige il giuoco antisraeliano. Abu Mazen deve quindi essere molto inventivo.[...]
L'antisemitismo di Vauro in tribunale non esiste. Ma ci perseguita da sempre
Il Giornale, 31 ottobre 2013
Quando guardo la vignetta di Vauro con la mia caricatura che di nuovo un tribunale italiano ha assolto accusando invece contro ogni logica Peppino Caldarola che ne ha denunciato il significato, penso: bravo Vauro, ha saputo compendiare tutto il significato dell’antisemitismo contemporaneo in una sola immagine. Ambiguo, polivalente, saldamente ancorato nella tradizione antisemita classica, io col naso a becco, un mostro, un essere deumanizzato, con la stella di Davide cucita come esigevano i nazisti con gli ebrei, e moderno, consapevole del fatto che basta trovare una qualche ragione popolare per odiare gli ebrei e appicicarglielo, come quel distintivvo del PdL accanto al fascio littorio appiccicato a me? Proprio a me? Sono Fiamma? Con la mia storia di femminismo? Diritti umani? Iranianiani perseguitati? Tanti libri? Tanta storia? No, sono l’ebrea di Vauro, con il fascio, la stella di David, il naso.[...]
Erdogan "regala" dieci spie israeliane all'Iran
I servizi turchi probabilmente hanno approfittato della antica, consolidata collaborazione con il Mossad per tendergli una trappola, e consegnare una rete intera di spie israeliane all’Iran. E’ questa la triste verità della spy story più sporca dell’anno, una vendita impensabile solo qualche anno fa. La storia dice chiaro due cose: la prima è che Erdogan è incontrollabile, alla ricerca di nuove alleanze, mosse egemoniche, primati islamisti; la seconda, che Obama non sa valutare chi sono i suoi alleati e comunque ha perso la presa. Ne deriva un terzo problema: la Turchia è nella Nato, ovvero è un nostro alleato militare, e invece conduce una sua guerra privata e sceglie i suoi amici fra i peggiori.[...]
Gerusalemme conferma il sindaco laico
Evviva, Nir Barkat ha vinto le elezioni a Gerusalemme, ha battuto l’impassibile Moshe Leon, nuovo venuto nella capitale, un tipo di politicante straripante, sostenuto da una coalizione regressiva e pericolosa per la più bella città del mondo, conservatori col coltello fra i denti e religiosi guidati da Arieh Deri, il capo dei nerovestiti sefarditi di Shas. Netanyahu non ha mai voluto sostenerlo. Neppure quei pochi caffè e ristoranti che impavidi in centro, alla Vecchia Ferrovia, sono aperti di sabato, i pochi cinema avrebbero chiuso,le macchine avrebbero circolato a fatica, tutto bloccato in cambio di scuole e costruzioni a schiera per le famiglie multifigli dei religiosi. Single, conviventi, omosessuali, studenti avrebbero scelto Tel Aviv.
Invece la vittoria di Barkat dice che anche se la componente araba è stata complice dell’Intifada e quella cristiana non è del tutto amichevole, Israele sceglie di nuovo la tolleranza. Barkat lo porta scritto sul bel viso, un ingegnere elettronico nato nel ’59, figlio di un professore di fisica, paracadutista, padre di tre ragazze, prima di fare il sindaco aveva dal 1988 una compagnia di software. Due volte aveva già vinto contro la schiera dei haredim alla conquista di Gerusalemme, e anche stavolta il suo sorriso di bravo ragazzo che prosegue la tradizione dei padri fondatori laici, moderni sionisti un po’ socialisti, ha funzionato.
Assad sbeffeggia il mondo: "Pronto a ricandidarmi"
Alla tv libanese, in un’intervista di due ore, Bashar Assad ieri ha tenuto il suo discorso della vittoria. La tv è la dinamica al Mayadeen, simile a Al Jazeera. Assad in sintesi ha annunciato: ce l’ho fatta perché ho saputo capire il momento strategico. Ovvero, quando gli Stati Uniti, tuttora la più grande potenza mondiale, si fanno avanti, bisogna stringere un accordo, se conviene, senza pregiudizi. Un ragionamento molto mediorentale, cui Assad ha aggiunto alcune osservazioni sprezzanti sul suo nemico, l’Arabia Saudita, che, in parole povere, è rimasta fregata con la Turchia e i Paesi del Golfo. Ma il messaggio più pesante è quello per Obama, che era venuto per suonare ed è stato suonato, ha creduto di ridurre Assad ai minimi termini con l’accordo sulle armi chimiche e ora lo rimette in sella. Infatti Assad ha annunciato:“Personalmente non vedo ostacoli ad essere candidato alle prossime elezioni presidenziali”. Ha fatto la faccia da ingenuo, come se il sangue non gli arrivasse bene al cervello, con una smorfietta da bambino dolicocefalo. Dunque: dopo 100mila uccisi, ostacoli non ne vede su quella sedia che la dinastia alawita occupa da quarant’anni e lui dal 2000.[...]
Il negazionismo non si combatte con il carcere
Le mie ragioni per non essere d’accordo col reato di negazionismo sono opposte a quelle del Movimento 5 Stelle, il cui riferimento alla “complessità” è semplicemente risibile. Temo che della“complessità” i nuovi senatori e deputati grillini ne sappiano poco, specie quando è riferita alla condizione e alla questione ebraica: lo si vede dalle loro inverosimili prese di posizione sullo Stato d’Israele, che pure si succedono con una certa frequenza. Dunque, speriamo che si occupino d’altro. Il negazionismo non può essere combattuto in tribunale: delle leggi ad hoc peraltro non esistono in vari Paesi per altro molto interessati al tema, per esempio in Israele. Si tratta infatti di una perversione globale, trasferitasi nel mondo intero da un maleodorante salottino europeo capeggiato da Roger Garaudy (definito da Gheddafi il più grande filosofo europeo dopo Platone e Aristotele), che come Robert Faurisson prendeva aria in certi suoi tour finanziati dal mondo islamico, dall’arcigna maschera di David Irvin e quella penosamente ridicola di Dieudonnè M’bala M’bala, dall’ammiccare a certi ambienti di alta aristocrazia codina e a dei deficienti rapati a zero… è diventato un ruggito globale, uno strumento primario di antisemitismo.[...]
Così l’Italia si consegnò ai terroristi islamici
C'è stato un tempo peggiore di questo, in cui attacco terroristico e odio antisraeliano ( e antisemita) si sono sposati giorno dopo giorno fino a pavimentare una strada larga e comoda per l’attacco alla sinagoga del 9 ottobre 1982. Alle 11,55 di mattina un commando palestinese assaltò il Tempio di Roma da cui uscivano soprattutto bambini per mano ai loro genitori, perché era il giorno di Shemini Atzeret, con la tradizionale benedizione dei ragazzini. Fu ucciso Stefano Gay Tachè, di due anni. Trentasette persone furono ferite, alcune molto gravemente.
Un libro edito da Viella, Attentato alla Sinagoga coi sottotitoli Roma, 9 ottobre 1982 e Il conflitto israelo palestinese e l’Italia scritto da Arturo Marzano e Guri Schwarz, ci riporta senza remissione verso quel giorno, e ci dimostra che non si sarebbe potuto evitare. Perché il carico di odio degli spari dei palestinesi godeva di una inverosimile supporto: gli israeliani e gli ebrei erano considerati da quasi tutta l’opinione pubblica italiana (e comunque dai media fuorché il Giornale , il Resto del Carlino e il Secolo d’Italia , scrivono gli autori) fascisti colonizzatori e neonazisti, e sempre di più via via dalla guerra del ’67 fino a quella del Libano nell’82.[...]
Per uno spietato carnefice ogni perdono è impossibile
Un giorno di inverno durante l’Intifada iniziata nel 2001, un terrorista si era fatto saltare per aria al mercato di Mahanei Yehuda a Gerusalemme. Sono corsa là col blocco di appunti. Le bancarelle erano montagne di schegge insanguinate, gli infermieri con i gilè arancione raccoglievano I feriti e li immettevano a schiera nella bocca delle ambulanze urlanti, le compagnie di pietà raccoglievano corpi di innocenti, membra, brandelli. Il terrorista aveva scelto un luogo affollato di tutti gli ebrei possibile, i vecchi che fanno la spesa la mattina in ciabatte, le donne con i brutti carrelli a ruote, i bambini per la mano, i negozianti. Mi girava la testa, procedevo brancolando sulla strada, i cameraman si affollavano, la polizia mi spingeva fuori con gli altri giornalisti. E camminando scavalcai un tronco nero di cenere e di fuoco. Quasi ci inciampavo. Quando mi sono voltata per capire cos’èra, ho capito che era il corpo del terrorista. Non ho sentito nulla, proprio nulla. Nessun sentimento. Era un carro armato atterrato, una mitragliatrice rotta, il residuo ferruginoso di una bomba a mano usata, era lo strumento d’odio con cui quella gente innocente era stata fatta a pezzi. [...]