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Iran, nell'ambasciata Usa si respira ancora odio

martedì 5 novembre 2013 Il Giornale 2 commenti
Il Giornale, 05 novembre 2013

Ieri di nuovo l’Iran ha mostrato al mondo la sua faccia di tutti I giorni: “Morte all'America”, hanno urlato in decine di migliaia. Come 34 anni fa, il 4 novembre del 79, di nuovo le Guardie della rivoluzione hanno bruciato le bandiere USA e israeliani, hanno impiccano svariati zio Sam, si sono affollati come ai bei tempi fra le mura mezze rovinate e dentro i cancelli arrugginiti dell’ambasciata d’America aperti per l’occasione esprimendo tutto il loro odio. Per l’anniversario del sequestro dell’ambasciata, sono entrati insieme ai giornalisti che hanno indossato inopinatamente targhette con scritte di odio agli USA, avventurandosi nelle stanze che dalle dieci di mattina di quel giorno di autunno furono violate contro ogni regola internazionale, si riempirono di giovani urlanti e armati, fra cui un Ahmadinejad di 23 anni, spinsero i funzionari terrorizzati a barricarsi fino nell'ultimo ufficio, finché in 52 (dopo il rilascio di alcune donne sudafricane) furono presi prigionieri dai basiji urlanti, e trattenuti per 444 giorni. Ieri gli slogan erano gli stessi: “lottiamo contro l’arroganza globale, l’Iran è il migliore, fatemi morire per l’Iran”. Dopo tanti anni, l’ambasciata non è stata rivisitata, in tempi di trattative con gli USA, da un gruppo di storici o politici consapevoli del fatto che si trattò di un gesto di violenza inenarrabile, ma da decine di migliaia di basiji urlanti con il ritratto di Khamenei.

Da un paio di mesi l’opinione pubblica mondiale viene bombardata dall'idea che l’Iran, una volta eletto Rouhani, sia cambiato nella sua struttura culturale e politica, nella sua volontà di conseguire l’arma atomica. La manifestazione antiamericana che ha avuto luogo ieri segue l’offensiva dei sorrisi di Rouhani all’ONU, mentre fervono le trattative arricchimento dell’uranio che Kerry descrive come positive. Ora che l’incontro fra i 5+1 e l’Iran avrà luogo di nuovo questa settimana, molta dissimulazione sarà necessaria per accantonare l’episodio. Le guardie della Rivoluzione, i violenti controllori degli abiti femminili, della sessualità, dell’alcool, delle opinioni, gli assassini di Neda, i giurati nemici imprigionati nel 2009, sono la base di una piramide che non può estrarre dal cappello una barba benevola per cambiare una politica radicata nel profondo.

Non è un caso che i preparativi della manifestazione arricchita dal bando per il “Gran Premio Morte all’America” e da due inni antiamericani creati dalle Guardie per l’occasione, ha avuto il controcanto indispensabile di Khamenei, il leader supremo che distribuisce le carte. A Rouhani ha dato le sue: “Tratta e prendi tempo per bloccare le sanzioni”, ma ai giovani dice quello che ha scritto su Twitter: “Nessuno deve pensare che i nostri negoziatori siano pronti al compromesso, sono nostri figli e figli della rivoluzione”. Khamenei rivela ancora più a fondo il suo attaccamento alla linea dura dichiarando Israele “un regime illegittimo e bastardo” ovvero che deve sparire. I giovani in piazza non si aspettano niente di meno di questo: Morte all’America. Questa è la cultura dell’Iran khomeinista. Recentemente quattro donne sono state lapidate, si è intensificata la caccia a omosessuali, infedeli, dissidenti.
 
L’Iran è lo stesso, e forse la grande manifestazione di ieri, non osteggiata in nessun modo, è una mossa da suk. Il significato sarebbe: vedete quanto è difficile cambiare linea, sul nucleare andiamo piano. Ma per Ruthie Bloom, autrice di uno studio sull'occupazione dell’ambasciata, To hell in a handbasket, il regime mostra qui ineluttabilmente il suo vero volto. Quando sequestrarono gli americani nell'ambasciata -racconta la Bloom- invece di ordinare ai marines di difenderli, gli fu detto arrendetevi a testa alta. Non fu una bella idea, spero che abbiamo imparato la lezione.  

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GianCarlo MATTA , TORINO
 sabato 9 novembre 2013  15:17:34

Gentile Signora Nirenstein,mi permetto, a commento di questo Suo articolo, citare un breve estratto da una interessante relazione dello Storico americano J. D. Lewis : "Le nostre (dell’Occidente) capacità militari sono fuori discussione. E’ la nostra autostima morale a essere in discussione. Cos'è che ci ha fermato dal confronto con l’Iran nel 1979, tranne una mancanza di fiducia nella nostra giustezza e la riluttanza a difenderci per il nostro bene? Se noi avessimo rimosso il regime iraniano nel 1979 [dopo l'attacco alla Ambasciata USA], migliaia di vite americane -e non solo americane- sarebbero state salvate e migliaia di bambini in paesi musulmani di tutto il mondo non sarebbero cresciuti immersi in un ambiente di istigazione allo jihad."La lotta alla islamizzazione è innanzituttoun problema di consapevolezza ed affermazione etica dell'Occidente.



GianCarlo MATTA , TORINO
 sabato 9 novembre 2013  14:21:50

Gentile Signora,La seguo da un certo tempo leggendo Suoi articoli. Condivido molte delle Sue analisi e osservazioni in tema di contrasto alla "islamizzazione" dell'Occidente. Mi permetto chederLe: secondo Lei come mai in Italia -e non solo- molte persone "di sinistra" manifestano una sperticata simpatia e propensione per gli islamici ?Nell'attesa di Sue gradite osservazioni, saluto rispettosamente. GM



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