Guerra al rais e pace col figlio? Sarebbe un flop clamoroso
Il Giornale, 16 luglio 2011
Attenzione, niente scherzi, ci dovrà essere un mediatore unico sulla vicenda della Libia e niente Gheddafi né membri della sua famiglia nel mezzo. Questo è stato il messaggio che il ministro degli esteri italiano Franco Frattini al vertice del Gruppo di Contatto Internazionale aperto ieri a Istanbul dal ministro degli esteri turco Ahmet Davutoglu. E’ stato un incontro importante, perché crea un compatto schieramento internazionale che punta su una soluzione politica nonostante la determinazione a seguitare a bombardare anche durante il Ramadan e le promesse degli inglesi di aggiungere quattro Tornado alle loro forze aeree in guerra: infatti la signora Clinton ha dichiarato che gli Stati Uniti riconoscono il Consiglio Nazionale di Transizione come "l’interlocutore più legittimo del popolo libico", ovvero lo strumento che da maggiori garanzie a tutte le componenti della rivolta.
Insomma, gli americani sembrano capire che bisogna mettere tutta la propria forza nel trovare un accordo, perché le cose sul campo peggiorano ogni giorno, anche i ribelli compiono atrocità, i governativi con i loro mercenari sono campioni di crudeltà. Dunque, il mediatore unico è il giorndano Khatib, mentre la Francia aveva costruito un garbuglio che non si capisce se sia ormai stato sciolto. Perché di fronte a fatica, tanti morti, a atrocità ormai palesi dalle due parti, polemiche furiose, bombardieri che si levano in volo, mentre si moltiplica il lavorio internazionale che oggi a Istanbul ha la sua ennesima tappa nella riunione del Gruppo di Contatto… è apparso all’orizzonte Seif Al Islam.
Il trentottenne Seif Al Islam figlio di Gheddafi al posto del padre, spostando Muhammar di qualche stanza, è stata l’idea che ha probabilmente allarmato il gruppo di contato e lo ha spinto a prendere posizione. Che Seif sia migliore del padre, meno prepotente, meno megalomane, non vi è traccia. Ormai queste primavere arabe ci stanno abituando a fallimenti continui, il vulcano erutta lapilli incandescenti e non fiori di gelsomino ovunque, in Egitto, in Tunisia...
Il presupposto della non-soluzione Seif al Islam, che significa la Spada dell’Islam, è tutto francese. Nasce dalla disperazione per il rifiuto del colonnello di levare le tende. Dopo essere stati capofila dell’iniziativa bellica i francesi, adesso hanno fatto circolare la peggiore di tutte le soluzioni. Alain Juppè ministro degli esteri francese ha ammesso che Parigi ha avuto contatti con il regime di Tripoli nei quali si è parlato di una disponibilità del colonnello ad andarsene; nel contempo Seif ha annunciato che Tripoli negozia con la Francia e non con i ribelli della Cirenaica. Dopo, i francesi si sono affrettati a spiegare che qualsiasi soluzione politica “richiede l’abbandono da parte di Gheddafi”; ma intanto Seif raccontava a un giornale algerino che la Francia è la padrona del Consiglio Nazionale Transitorio delle armi, e che l’avrebbe costretto al cessate il fuoco.
Dunque, Seif prenderebbe il posto del padre. Buona idea. Proprio Seif, che ha scelto di apparire come il più grande, il più determinato difensore del padre e del suo regime fino a livelli tragicomici. Mostrando una hybris quasi artistica, spingendo il mento in fuori e con le braccia conserte, Seif ci ha inondato di pezzi teatrali: naturalmente ha promesso di combattere “fino all’ultimo uomo, l’ultima pallottola”; inopinatamente ha assicurato che il paese uscirà dal carnaio “più forte, più unito”; ha giurato di avere, per vincere, “un piano A, un piano B, un piano C” e tutti prevedevano di tenersi la Libia. Seif possiede tigri e falconi, è “gentile, cortese, psicotico”, come lo definisce una persona che lo conosce bene. Quando si è laureato alla London School of Economics, diventando buon amico di politici e finanzieri inglesi, prometteva di essere il volto occidentalizzato della sua dittatura.
Ma in guerra, fra i mercenari che invadevano le strade, fra vicende di stupro e vendetta bipartisan, Seif ha solo sbraitato e minacciato in favore del regime, non ha fatto che attizzare il fuoco promettendo, letteralmente, “fiumi di sangue” adesso è accusato dal Tribunale Internazionale di crimini contro l’umanità insieme al padre e al capo dei servizi segreti per aver ucciso, ferito, imprigionato centinaia di innocenti.
Da Aprile, dopo il primo bombardamento, si parla della possibilità che Seif, affiancato dal fratello Saad, rappresenti una soluzione almeno momentanea del conflitto, col padre sempre nel palazzo: ma l’idea era stata scartata dai ribelli. Da qui il pubblico biasimo del ministro Frattini verso la Francia nel caso stia promuovendo sott’acqua contatti diretti che potrebbero distruggere strategie segrete: “ce ne sono tanti di contatti diretti e indiretti” ha detto alle Commissioni Esteri del Parlamento riunite “ma certo non si va sui giornali a farsi belli”.
I tre figli maschi di Gheddafi hanno preso molta cura del loro futuro accumulando una quantità di beni in conti in Svizzera e altro, come per esempio il franchise della Coca Cola. La Compagnia nazionale del petrolio è però naturalmente un cespite preferito con altre attività legate alla principale risorsa del Paese. Seif fra i tre, è quello che ha sempre cercato di bonificare la sua immagine donando molti soldi, per esempio ai terremotati di Haiti. In un raptus di onnipotenza, ha previsto in marzo, in una delle sue esternazioni tv che tutto sarebbe finito in 48 ore. Ha continuato prevedendo di continuo vittorie schiaccianti e descrivendo il nemico come venduto, qaedista, delinquente. Sarà anche vero, ma i suoi mercenari non hanno fatto una migliore figura. Da quando il ministro degli esteri Mussa Koussa se n’è andato, Seif da una parte intrattiene trattative dall’altra minaccia vendetta, e grida “combatteremo fino all’ultimo minuto, fino all’ultimo uomo”, ripetendo che il regime di Gheddafi è il migliore, che nessuno può eguagliare il padre e che non se ne andrà mai. Come soluzione, questo giovane somiglia molto al problema.
E' davvero un flop clamoroso!! E' vero, brava!!