Il Giornale
"Il sacrificio del fuoco". Un libro di 50 pagine che coglie l'orrore meglio di mille discorsi
"Il sacrificio del fuoco" è quello definitivo, oltre il quale non resta che cenere, grigio, nero, niente. E' anche una santissima aspirazione che percorre tutta le Scritture: ovvero, è la speranza che con l'espiazione le immani brutture, l'inconfessabile crudeltà, i più inverosimili peccati dell'uomo possano essere mondati col sacrificio. E ancora: è la speranza che possa pur venire un giorno in cui sante lingue del fuoco non brucino il sacro cespuglio che testimonia le parole di Dio a Mosè, e suggella la legge. Ovvero in cui l'espiazione si sia già compiuta e resti solo la legge.Scritto da un pastore protestante, Albrecht Goes, che durante la Seconda guerra mondiale fu persino cappellano militare e poi decise di ritirarsi nel puro mestiere della scrittura, il libro edito dalla Giuntina e venduto a dieci euro non potrebbe celebrare meglio, nel titolo e nel significato, il Giorno della Memoria. E' un piccolo libro fulminante, di quelli che aprono nuove strade di comprensione di un evento cui sono state dedicati milioni di pagine e di discorsi.[...]
La nuova Casa Bianca apre le porte a Israele
Nessuno sa ancora bene, nel mondo, cosa aspettarsi da Donald Trump, e molti si preoccupano alquanto: ma c'è chi spera per il bene, ovvero gli israeliani, anche se il Primo Ministro Benjamin Netanyahu, si dice, ha ormai fra i suoi impegni quotidiani quello di calmare gli entusiasmi di Ministri che si spenzolano troppo, ansiosi di affiliarsi. La telefonata che il nuovo Presidente degli Stati Uniti ha fatto al PM israeliano domenica sera ha suscitato soddisfazione anche se i due non sono entrati in dettagli: gli accenni sono allegri ("Molto carina", dice Trump; "Amichevole", Bibi), in confronto ai toni sempre nuvolosi dei colloqui con Obama, Trump ha promesso di "consultarsi intensamente" sulla minaccia iraniana, finalmente chiamata di nuovo come merita; ha dichiarato che l'aiuto alla sicurezza israeliana sarà "senza precedenti" e così anche la "determinazione a raggiungere la pace".
Nessun accenno agli insediamenti, niente "confini del '67", niente "due Stati per due popoli", o almeno non si sa. Invece, un invito in tempi brevi alla Casa Bianca, "nella prima parte di febbraio". Non si sa se i due abbiano parlato dell'intenzione di muovere l'Ambasciata americana a Gerusalemme, ma anche il fatto che il portavoce di Tump abbia detto "siamo nelle primissime fasi perfino di una discussione" è sufficiente per far sperare bene; si dà anche per certa la ricerca di una casa nella zona di Talpiot.[...]
Basta esperimenti, serve recuperare il realismo dei forti
Caro Presidente Trump,
davvero la speranza del mio cuore è che la sua sia una bella presidenza rivoluzionaria. Tanti auguri a Lei e al Suo Paese.
Ogni Suo battere di ciglia risuonerà ovunque, ogni Sua presa di posizione diventerà una pietra di paragone su cui si misura un mondo in grande sommovimento, in cui si è realizzata la previsione infausta della guerra di religione con l'Islam, in cui le armi di distruzione di massa sono state usate contro donne e bambini in Siria senza che il Suo Paese abbia reagito come promesso (è da qui che Lei deve ricominciare, col ritessere la tela lacerata dal Suo predecessore quando nel 2013 ha consegnato a Putin le chiavi del Medio Oriente in fiamme), in cui la crudeltà nazista dell'Isis è diventata un normale fatto di cronaca.
Mi limito a farLe i migliori auguri per la Sua politica estera, per tutto il resto Lei ha occhi e orecchi, Sa che l'economia mondiale dipende dal Suo buon senso e anche dalla Sua generosità.
Il Medio Oriente è stato ritenuto dal Suo predecessore solo una zona di esperimenti per i suoi buoni rapporti con il mondo musulmano, ma non gli è riuscito: i suoi consiglieri non sapevano bene chi fosse la Fratellanza Musulmana, madre di tutto l'odio anti-occidentale che porta diritto al terrorismo di ogni genere; non sapevano valutare che puntare tante carte sull'Iran, scegliendo l'accordo nucleare come grande acquisizione, persino retaggio, della presidenza, sarebbe stato un gesto molto imprudente. Infatti le violazioni porteranno presto almeno a una crisi, se non a una cancellazione degli Accordi, e ad un Iran peggiore.[...]
Se il Papa abbraccia un falso uomo di pace
Dopo lo stupefacente successo di pochi giorni fa all'ONU con la supervisione oculata di Obama, è difficile sottrarsi alla sensazione che la visita di Abu Mazen da Papa Francesco sulla strada per Parigi dove partecipa oggi alla Conferenza voluta dal presidente Hollande cui sono invitati più di 70 ministri degli Esteri all'evidente scopo di mettere Israele all'angolo, non sia parte della medesima passeggiata trionfale per cui si sono mobilitati molti leader occidentali: perché per quanto si sventolino le bandiere della pace e della lotta al terrorismo, un'occhiata anche superficiale alla politica di Abu Mazen rende molto difficile pensare che Papa Francesco possa credere, se ha dei consiglieri informati, di avere abbracciato ieri l'uomo della pace in Medio Oriente. [...]
Parigi sulla scia di Obama
Forza, veloci, non perdiamo tempo, Obama è ancora alla Casa Bianca per dieci giorni, il Consiglio di Sicurezza è là con le fauci spalancate, e chissà che non si riesca a assestare un'altra bella botta a Israele contando sulla sua eco alla risoluzione che verrà presa. Diamogli giù adesso, è una bella occasione, un'altra grande, imponente, condanna internazionale proprio dopo l'attentato di Gerusalemme, con un'ipocrita esaltazione della famosa formula "due Stati per due popoli" e la condanna della "politica degli insediamenti". Sarà una sventola a Netanyahu. Facciamolo subito. Parigi, da sempre anti-israeliana, sarà di grande ispirazione: condanniamo Israele visto che mancano ancora pochi giorni prima che si cominci a ripensare, con l'insediamento di Trump il 20, la formula "due Stati per due popoli".[...]
La lezione di Israele: assassinare un terrorista è comunque omicidio
C'è voluto un anno di scontri e di sofferenza morale, e adesso il sergente Elor Azaria, abbracciato in tribunale dalla sua mamma Oshra in lacrime, mentre il suo babbo disperato, il poliziotto Charlie, si mette le mani nei capelli e una folla disperata urla a sostegno di Elor "l'esercito è finito", è stato accusato di omicidio. Azaria ha 19 anni. Il ministro delle Difesa Yvette Lieberman come tanti altri politici dice di accettare a malincuore, ma di accogliere la decisione del tribunale. Ci vorrà un mese circa per arrivare alla inevitabile condanna, che non ha un limite minimo ma può arrivare fino a vent'anni; e fino ad allora sarà un corteo continuo, una marcia senza fine della parte più popolare di Israele; degli amici di Ramla, il paese povero in cui si trova la casa della famiglia Azaria; di uscite pubbliche dei tifosi della squadra Beitar Yerushalaim, la più radicale e strillona del Paese; e sarà il tempo delle prese di posizioni di politici di tutti i colori, strappati fra la necessità di onorare il corpo giudiziario, sempre venerato, del Paese, e invece la rabbia di vedere un soldato in estrema difficoltà condannato con un'accusa tanto pesante e, tuttavia, motivata punto per punto. Molti politici, compresa l'esponente della sinistra Shelly Yechimociv, chiedono che si proceda subito con un'amnistia ad personam, perché le colpe certo non sono tutte di Azaria, dicono, e "un soldato non può essere lasciato solo". [...]
Povera Aleppo devastata come Dresda
Il Giornale, 03 gennaio 2017
La si guarda, e non ci si crede: com'era bella Aleppo con le piscine azzurre, la folla di turisti nel suq, i lampioni alti fatti a spirale, le scale leggiadre, le palme e i cedri del Libano a ombreggiare i viali e le piazze assolate, le grandi strade del centro trafficate e affollate di negozi, i marciapiedi dove passeggiavano a braccetto i vecchi e i bambini prendevano aria, com'erano onorevoli quelle moschee dove il rosa era il colore dominante, deliziose le cornici di marmo delle finestre e i rosoni orientali sulle facciate, magnifici i tappeti di pietra colorata delle piazze e i pulvini fatti per il culto, imponenti le torri guerriere delle mura armate, ma anche tranquillizzante il quotidiano traffico delle auto. [...]
Su Israele l'ultimo flop di Obama. Ultimo fallimento della politica Usa
Il Giornale, 30 dicembre 2016
E' una trama shakespeariana quella che travolge nel paradosso la presidenza Obama, lo sfondo è la tragedia siriana, il proscenio la commedia degli errori. Kerry sotto le luci dei riflettori, dopo la risoluzione anti-israeliana sostenuta da Obama, fa il suo discorsone sugli insediamenti convince i palestinesi, di aver già vinto la partita, che importa trattar? Questo è stato il ruolo degli USA di Obama, mentre stragi immense graffiano di rosso il Medio Oriente. Intanto, a Mosca, la Russia porta a compimento un gran colpo politico: incontra la sua storica nemica, la Turchia, leader dei paesi sunniti, capo della Fratellanza Musulmana, e si porta dietro l'Iran col suo favoloso record di violazione dei diritti umani, terrorista e belligerante, capo di tutti gli sciiti del mondo. [...]
Così Obama ha tramato per pugnalare Israele. Trump twitta: resistete
Ci vuole la febbre anti-israeliana che ha travolto Obama e il suo governo al tramonto, la volontà di lasciare un graffio sanguinante nel futuro dello Stato Ebraico, per risvegliare i sensi sopiti del segretario di Stato John Kerry, eccitato come non mai nel suo discorso di ieri sul conflitto israelo-palestinese. La sua passione può anche essere letta come una contraddizione, un desiderio di differenziarsi. Ma questo discorso altro non è, nei fatti, che la conferma del retaggio del suo Presidente: dopo aver per la prima volta nella storia americana confermato, astenendosi, un voto dell'ONU che condanna Israele, ha lanciato Kerry come un missile contro l'unico stato democratico e laico del Medio Oriente.[...]
Ambasciatori convocati e nuovi insediamenti. Netanyahu non si piega
Benjamin Netanyahu non ha inghiottito la decisione dell'ONU, e si batte come Callimaco a Maratona: ha convocato di Natale l'ambasciatore americano, ha cancellato l'incontro con la signora May fissato a Davos nelle prossime settimane e anche la visita del Primo Ministro ucraino Volodomyr Groysman. Ha richiamato gli ambasciatori in Senegal e in Nuova Zelanda, e interrotto le relazioni con Venezuela e Malesia, con cui non ci sono relazioni diplomatiche: sono i Paesi che hanno rappresentato la Risoluzione 2334 di condanna di Israele. L'ambasciatore Ron Dermer, che ne ha le prove, ha spiegato che la Risoluzione è stata promossa da Obama stesso. Sono state ridotti i contatti come Paesi importanti come la Russia e la Cina. Netanyahu ha ragione? Nel Paese ferve lo scontro, naturalmente, anche se tutti sono feriti dal gesto di Obama.[...]