Il Giornale
La pace tra Turchia e Israele conta più di quella con i palestinesi
Dopo la visita di Obama: per chi si lamenta che non lascia il processo di pace aperto, attenti che invece ce n’è uno in corso, e ancora più importante di quello con i palestinesi. E’ quello fra Israele e la Turchia, una Turchia che dovrà smetterla di odiare lo Stato ebraico, ricordando che fino a tre anni fa con Israele scambiava scambiava tecnologia, intelligence e esercizi militari. Ora riprenderanno, specie quelli degli aerei israeliani nei cieli turchi, molto vicini all’Iran.[...]
Regalo di Obama a Israele: pace fatta con la Turchia
Prima di ripartire il presidente Usa organizza una telefonata tra Netanyahu ed Erdogan: ristabilire le relazioni diplomatiche
Gerusalemme. Shalom Obama, Israele col naso per aria resta di solo, minuscolo in mezzo a un mondo islamico in agitazione. E’ stato bello per il popolo ebraico scoprire un amico caloroso dopo quattro anni di frizioni e disaccordo, consolante guardare le pacche sulle spalle di Bibi e Barak senza giacca sulla pista dell’aeroporto, è stato indispensabile discutere con gli USA una nuova strategia dopo il lungo periodo di stupefazione seguito alle primavere arabe. Quando l’Air Force One si è alzato intorno alle 15:00 diretto da re Abdullah di Giordania, si è disegnato nel cielo troppo caldo un ricamo nuovo, un Medio Oriente diverso da quello di tre giorni fa.[...]
Obama strega Israele e irrita i palestinesi
Ai giovani israeliani: "Pace giusta e possibile". E nella lista delle priorità fa sparire la questione insediamenti
Gerusalemme. Delusi i palestinesi per la sparizione degli insediamenti dall’agenda, affascinati gli israeliani per il calore di Obama, incerto il futuro. La doppia missione della giornata, la visita a Ramallah da Abu Mazen e poi il discorso alla massa degli studenti israeliani, ha preso due strade apparentemente divergenti, quello della frenata sul tema degli insediamenti a Ramallah, e quella, al pomeriggio, di unbagno di folla giovanile israeliana. Obama ne esce con uno staccato mirabile, e anche con una narcisistica piroetta in cui la rassicurazione dell’appoggio americano fa da supporto alla sua visione del mondo. Obama ha interpretato con maestria la sua parte di sognatore ieri sera. Ma resta chiara la strada concreta scelta per il viaggio: nel tempo della crisi che in Medio Oriente ha la faccia dell’Iran nucleare, della Siria, delle armi chimiche, degli hezbollah, di Hamas e dell’ascesa dei Fratelli Musulmani, bisogna smetterla di litigare con Israele.[...]
Obama deluso dai musulmani cerca la "primavera israeliana"
Il presidente Usa sbarca nello Stato ebraico e mostra con le parole e i gesti di voler superare la fase del rapporto preferenziale con la “rivoluzione” araba
Gerusalemme. Tutti sembrano avere imparato la lezione: cambia musica fra gli Stati Uniti e Israele. Un paio di anni di Fratellanza Musulmana all’assalto del potere, decine di migliaia di morti in Siria, l’Iran vicino alla bomba... sembrano aver vaccinato tutti: è il tempo della coesione, non di inutili scaramucce. Obama e Netanyahu si avvicinano. I preparativi sono stati ossessivi: ma ora sotto il sole dell’aeroporto Ben Gurion, ecco Obama che si affaccia dall’Air Force One, e sembra molto contento. La musica della banda dell’esercito si fa sotto, i nuovi ministri israeliani si allineano per una pacca sulla spalla del principe azzurro.Quando sta per aprirsi il portello, Shimon Peres a Bibi Netanyahu sono concentrati. Quante cose sono in causa. L’Iran non si piega, in Siria forse sono state usate armi chimiche, i palestinesi sono innervositi e combattivi mentre aspettano oggi Obama a Ramallah. [...]
Il Pd non faccia inciuci con chi nega l'Olocausto
Se il PD cerca la sponda del nuovo grande protagonista, il partito di Beppe Grillo, deve preoccuparsi di un bel problema per evitare un traumatico ed evidente “mercato delle vacche”. Sarebbe una macchia sull’intera storia d’Italia e sullo stesso PD se qualsiasi trattativa si svolgesse senza affrontare un aspetto intollerabile del leader e del Movimento 5 Stelle. Non si dovrebbe, cioè, neppure avere a che fare con un partito che sul blog del capo, nelle sue parole e in quelle dei suoi, mostra di covare un profondissimo sentimento antiebraico e antisraeliano, condito da teorie della cospirazione che coinvolgono gli Stati Uniti,accusati di dare come gli ebrei la scalata al dominio del mondo, e dall’esaltazione di un regime oppressivo e genocida come quello iraniano. Il conflitto israelo-palestinese lui lo vede così: “La Palestina è sotto il tallone di Israele, alleato degli Stati Uniti”. Ovvero: “La macchina da guerra non può fermarsi, il PIL sprofonderebbe… In lista ci sono Siria e Iran, quest’ultimo nel mirino di Israele”.[...]
Obama in Israele. Un viaggio che parte in salita.
Se la Siria abbatte la statua di Assad
Un uomo è la sua bandiera, la sua croce, il suo libro: una statua trascinata nella polvere ha un effetto più forte dello scoppio di un missile, più violento di una strage. Così, non è da sottovalutare l’effetto dell’immagine della statua di Hafez Assad tutta d’oro ieri trascinata nella polvere di Raqqa sul fiume Eufrate. Chi non ha pensato, anche Assad e i ribelli siriani, alla statua di Saddam la cui caduta ne segna la sconfitta? Raqqa è una capitale di provincia nel nord del Paese che è fondamentale oggi conquistare per motivi di collegamento. Ma i ribelli, benchè fieri della conquista, dicono che le forze loialiste ancora tengono l’aeroporto a sessanta chilometri dalla città, e un cittadino fa sapere dalla sua zona d’ombra che ancora i ribelli assediano gli uffici dei servizi segreti di Assad.[...]
"Quel Pontefice poco mediatico che ha parlato chiaro agli ebrei"
Il rabbino capo di Roma: "Ammiro il suo aspetto ritirato, da lui abbiamo ricevuto rispetto. La nostra speranza? Che il nuovo Papa non sia ostile"
Nello studio al secondo piano del Tempio Maggiore, sorriso gentile: «Si rischia il cattivo gusto a interessarsi degli affari degli altri». Ma poi quelle due cupole che si guardano dalle rive del Tevere altro non possono fare che scrutarsi e discutere in un dialogo sempiterno e spinoso quanto lo è quello fra ebrei e cattolici.
Il professor Riccardo Di Segni, rabbino capo di Roma, una sessantina d'anni molto ben portati, dotto e severo, parla con familiarità e rispetto delle dimissioni del suo coinquilino nella città in cui gli ebrei risiedono da 2000 anni. I ragazzi che incontriamo lo chiamano «morè» maestro. Il Papa è venuto qui in visita, in segno di amicizia. Di Segni è primario di radiologia diagnostica, come prescrive il dettato ebraico che vuole che i suoi saggi siano attivi nel mondo. Bioetica, rapporti interreligiosi, laicismo, speranze per il futuro: il rabbino dice sempre di più di quel che esprimono le sue brevi frasi. [...]
Quelle giravolte di Erdogan
Le ambizioni della Turchia di entrare a far parte dell’Unione Europea sono state frustrate fin dagli anni ‘60, e per questo, dopo la svolta islamista impressa al grande Paese dal presidente Recep Tayyp Erdogan, ci siamo vigorosamente battuti il petto: tutto sarebbe stato diverso se la Turchia fosse entrata nell’UE, abbiamo detto, oggi il mondo islamico e quello cristiano andrebbero più d’accordo... insomma, mea culpa se le migliori aspirazioni della Turchia sono state decapitate dalla scarsa lungimiranza europea e americana, abbiamo pensato. [...]
La grande fuga da Al Jazeera: "È il megafono delle dittature"
Nonostante gli ottimi stipendi, da Parigi al Cairo giornalisti e anchor del network lasciano in polemica con la linea editoriale. "Asserviti al potere, specie se islamico"
C’è una storiella che piace ai dirigenti di Al Jazeera, la onnipotente rete del Qatar, la voce forgiata sull’ambizione e l’hybris dello sceicco Hamad bin Khalifa Al Tani, che la fondò quindici anni fa, una delle prime mosse dopo aver dolcemente deposto suo padre e averne preso il posto. Dice la storiella: Nasser, Sadat e Mubarak chiedono l’uno all’altro che cosa ne abbia decretato la fine. Nasser dice “Il veleno”; Sadat dice: “Le pallottole degli assassini”; E Mubarak risponde: “Al Jazeera”. [...]