Regalo di Obama a Israele: pace fatta con la Turchia
sabato 23 marzo 2013 Il Giornale 6 commenti
Il Giornale, 23 marzo 2013Prima di ripartire il presidente Usa organizza una telefonata tra Netanyahu ed Erdogan: ristabilire le relazioni diplomatiche
Gerusalemme. Shalom Obama, Israele col naso per aria resta di solo, minuscolo in mezzo a un mondo islamico in agitazione. E’ stato bello per il popolo ebraico scoprire un amico caloroso dopo quattro anni di frizioni e disaccordo, consolante guardare le pacche sulle spalle di Bibi e Barak senza giacca sulla pista dell’aeroporto, è stato indispensabile discutere con gli USA una nuova strategia dopo il lungo periodo di stupefazione seguito alle primavere arabe. Quando l’Air Force One si è alzato intorno alle 15:00 diretto da re Abdullah di Giordania, si è disegnato nel cielo troppo caldo un ricamo nuovo, un Medio Oriente diverso da quello di tre giorni fa.
Il segnale è stato un evento esplosivo dell’ultima ora: “Pronto -ha detto Obama parlando con l’ufficio del primo ministro turco Tayyp Erdogan dall’Hotel King David di Gerusalemme- ho qui un amico per te”. E gli ha passato quello che in realtà è da anni è per Erdogan il nemico di elezione numero uno, e da ancor prima del 31 maggio 2010, quando per fermare la Flottilla diretta a Gaza l’esercito israeliano uccise nove turchi. Chi erano, perché accadde... certo non erano pacifisti come la narrativa turca tramanda, ma non è più importante. Importante che sotto l’ala di Obama, Bibi si scusa dell’accaduto, dice che ogni atto che sia stata causa della perdita di vite umane gli dispiace alquanto, promette ricompense economiche alle famiglie, si impegna a gesti amichevoli verso i palestinesi, compresa la facilitazione dei movimenti dal West Bank e perfino da Gaza. E’ una telefonata storica, che finisce con la promessa di ripristinare gli ambasciatori sospesi a Ankara e a Gerusalemme.
Perché Obama ha voluto tanto riaprire la strada dell’antica, fruttuosa alleanza di Israele con la Turchia? La risposta è già scritta nella scelta di fare di Israele la sua prima tappa del secondo mandato, come aveva fatto del Cairo alla prima elezione. Siamo allora alla vigilia delle primavere arabe, Obama spera ancora che la sua politica della mano tesa e dell’affossamento dei vecchi tiranni prepari stabilità e di pace per tutto il mondo. Ma si sbagliava. La presa del potere della Fratellanza Musulmana ovunque, e soprattutto in Egitto, non ha creato democrazia interna né apertura verso l’Occidente. Le religioni e le civiltà confliggono. Cresce il pericolo di esplosione mondiale con la scelta iraniana di proseguire nella costruzione dell’atomica; la Siria è una santabarbara dove un tiranno impazzito e forze incontrollabile legate alla parte sunnita più pericolosa fino ad Al Qaeda, giocano a pallone con armi chimiche micidiali. Gli Hezbollah sono giannizzeri impazziti di questa guerra, Hamas segnala la sua presenza solo con missili e minacce a Israele, mentre Abu Mazen, paralizzato dalle minacce interne e dall’educazione all’odio del suo popolo, non viene a quella trattativa di cui Obama si era fatto paladino spingendosi molto verso le ragioni palestinesi. Obama adesso ha bisogno di compensare i suoi errori, creando una nuova alleanza anti estremista, anti iraniana nel Medio Oriente.
Dunque, ha visitato i palestinesi e gli ha riproposto la trattativa, ma stavolta senza precondizioni. A Netanyahu ha dimostrato il suo ripensamento sottolineando il diritto storico del popolo ebraico alla sua terra. Ieri con le visite al Museo della Shoah, a Yad Va Shem ha ribadito che il popolo ebraico ha diritto alla sua terra non in virtù della tragedia patita, ma della sua antichissima fedeltà alla terra d’Israele e la sua spinta dalla schiavitù alla libertà. Spinge il processo di pace, ma soprattutto gli interessa costruire un fronte moderato davvero amico degli USA, che fronteggi il pericolo siriano e degli Hezbollah pronti eventualmente alla sfida iraniana. Per completare il suo compito Obama dunque ieri è andato in Giordania, dove 350mila profughi dalla Siria minacciano, insieme alla crisi economica e alla forte presenza estremista il re Abdullah, che aspetta a braccia aperte l’amico americano. Ha bisogno di Obama, come ne hanno bisogno di lui tutte le forze moderate del Medio Oriente in un momento decisivo. E Obama, ha bisogno di loro. Per questo cambia la strategia degli USA. Il segretario di Stato John Kerry tornerà in Israele dopo la visita in Giordania. C’è molto lavoro da queste parti.
domenica 24 marzo 2013 08:57:05
Siamo, in tutto il mondo, ostaggi dell'Islam e dei suoi capi più criminali ed assassini che la storia ricordi, dopo il nazismo tedesco.Ci troviamo di fronte ad un universo di falliti. di persone che covano un odio per la nostra civiltà, che li porta ad essere abitualmente affette da problemi clinici, di tipo nevrotico e psicopatico; sono intellettualmente e tecnicamente incapaci di risolvere da soli i loro problemi personali ed in ambito sociale; e si affidano alla guerra, come soluzione per emergere dal nulla.E' difficile, molto difficile raggiungere una pace duratura con queste persone che geneticamente hanno dei grossi complessi d'inferiorità con l'occidente giudaico-cattolico.Non saprei cosa proporre, però, purtroppo, solo il tenerli "sotto il bastone" può frenare i loro entusiasmi di morte. Basta osservare l'Iran di quel novello "ariano" Ahmadinejad. Per lui non c'é una politica di pace, di collaborazione con i popoli, di sviluppo della società civile, ma solo il desiderio, il sogno, la speranza ... di buttare bombe atomiche su Israele e su i suoi alleati.Un pazzo criminale, coadiuvata da tanti altri scellerati in giro per il mondo...
Piero Terracina , Roma
domenica 24 marzo 2013 08:44:55
Ottimo articolo, Fiamma, sono totalmente in accordo con lo scenario descritto.
claudia piperno , fort de france Martinica
sabato 23 marzo 2013 13:40:24
Sono d'accordo con la sua brillante analisi, ma per Obama, ormai il male è fatto. Cioé i paesi arabi sono consegnati impacchettati all'estremismo, e questo la storia lo deve a Mr Obama.Adesso si puo' arrampicare sugli specchi, Bibi puo' anche permettersi unja bugia con Erdogan, cosa non si farebbe per strappare la Turchia alla tentazione del califfato.Mah, vadremo.
Nicola Evoli , Minneapolis MN USA
sabato 23 marzo 2013 13:33:47
Ciao Fiamma...nessuno ne aveva parlato e grazie del tuo articolo. Le relazioni con la Turchia di fatto non si sono mai fermate...Io sto venendo in Israele proprio con un volo da Istanbul....I Turchi sono realisti e dobbiamo essrbne felici...A presto
Alexander Wiesel , Bari (Italia)
sabato 23 marzo 2013 11:17:21
Indubbiamente, la visita del Presidente Obama ,a mio parere,era più che positiva,in particolare la pace fatta con la TurchiaPresidente Erdogan. Un regaloo per il nostro prossimo PESACH.Shalom A.Wiesel
Adriano da Cingoli (Romaldi) , FALCONARA MARITTIMA (AN) ITALIA
sabato 23 marzo 2013 10:42:16
Lei pensa veramente che tra Turchia ed Israele sia scoppiata la Shalòm?Lei pensa veramente che un Presidente azzoppato sia capace di camminare bene?Io non lo penso, quindi pur avendo chiara la mèta, spero solo che sia vero; la speranza non si nega mai.Io credo al contrario che siccome in America Obama ha perso ogni speranza si intrattenga in giro per il mondo sperando, questo si, che possa fare breccia in qualche "Atollo".