La guerra antisemita contro l'Occidente
7 ottobre 2023 Israele brucia
Informazione Corretta, il nuovo video di Fiamma Nirenstein

Il Giornale, 15 giugno 2025
I bambini sono i più bravi: quando sei ancora semisvestito e scendi nel rifugio alle tre di notte, fanno due a due gli scalini polverosi e ripidi, scendono in una stanza buia dove al massimo c’è un materasso per terra, stanno tranquilli con gli occhi spalancati, non piagnucolano ne chiedono; se gli offri dell’acqua o un biscotto ti degnano di un cenno della testa, in genere negativo. Aspettano il bum: ecco, arriva, ne arrivano tre o quattro, i bambini chiedono senza mostrare ansia dove sono, se abbiamo colpito il missile, se è arrivato fin sul nostro terreno. La radio non dice tutto, per non indirizzare il nemico. Se dopo si comincia a fare qualche preparativo per uscire, i bambini ti ricordano di aspettare i dieci minuti secondo la regola e di guardare sul telefonino se il “pikud ha oref”, il fronte interno, ha confermato l’ordine.
Alla tv schiere di giornalisti in genere impegnati nella politica interna uno contro l’altro, quasi tutti contro il Primo Ministro, adesso sono per un numero di ore impensabile impegnati a raccontare appassionatamente l’incredibile avventura di un piccolo Paese che ha dovuto affrontare la pletora dei dittatori più aggressivi del mondo per sopravvivere. Senza nessuna retorica, sono fieri dei piloti; sul teleschermo intanto appaiono anche i mozziconi degli edifici di Ramat Gan, e si ricordano i nomi di tre morti e venti feriti. A canale 12 il giornalista super di opposizione seduto accanto a un generale in divisa, spiega come in poche ore è stata ripulita la strada dai missili più fatali e pericolosi con un’acrobazia aerea da leggenda di duemila chilometri; ricorda la distruzione dell’impianto atomico da parte di Begin in Iraq e da parte di Olmert in Siria. Il coro di proteste internazionali che si levò contro queste operazioni indispensabili era guidato dagli USA, la parola d’ordine era la stessa: sopravviviamo.
La gente di Israele sa una cosa che il mondo ormai ignora nei suoi più imi precordi: che sopravvivere viene per primo, e che bisogna farlo con maestria, mirando giusto. Si deve ricordare che cosa è l’Iran e che cosa ha deciso, e qui ogni massaia lo sa benissimo: il 7 di ottobre fu preparato con la sua intensa collaborazione strategica, e poi i suoi Hezbollah erano pronti a completare l’invasione dei macellai, e di fianco la Siria e l’Iraq stringevano, pronti a completare l’operazione storica della distruzione di Israele. E di lato, sempre la stessa mano, il vecchio ayatollah iraniano circondato dalle Guardie della rivoluzione accanite e fanatiche nella distribuzione accurata di compiti nella distruzione di Israele, nel genocidio pianificato del popolo ebraico. Soldi a palate, fabbriche di armi letali, geniali costruzioni cibernetiche, scienziati, arricchimento palese e nascosto di uranio, assassini allenati dal Sud America a Gaza solo nell’uccisione di ebrei. Alleanza con la Russia di Putin, strusciamento con la Cina. Adesso per Israele, alla vigilia della bomba atomica, ci voleva un miracolo di bravura, ma bisognava chiudere: così non si poteva andare avanti. Una volta Golda Meyer spiegò a Kissinger che l’arma segreta degli ebrei è che non hanno nessun altro posto dove andare. Di più: non hanno nessun altro posto che sia il loro. Ieri una signora anziana la cui casa è stata distrutta commentava “Mia nipote di tre anni e mezzo mi ha chiesto il perché fuori della porta del botto spaventoso, e io le ho detto che forse da qualche parte era caduto qualcosa. Siamo rimasti a dormire nel rifugio fino alla mattina, tranquilli, chiusi, e ora ecco, la casa è distrutta, e noi si vive”. La capacità di resistenza nell’affrontare anche questa guerra così funambolica e distruttiva contro gli ayatollah dopo due anni di Gaza, in cui i ragazzi e anche i padri di famiglia entrano e escono su un terreno in cui si rischia la morte, in cui Israele ha perso mille soldati, il lavoro, i figli, l’economia; la forza delle donne di reggere da sole famiglie con tanti bambini… è la componente che i nemici di Israele non sono capaci di prendere in considerazione. E’ il fantastico allenamento del popolo ebraico alla sopravvivenza persino nelle condizioni più estreme, la sua capacità di lavorare la terra mentre legge la Torah e fa la guerra anche dopo la Shoah.
C’è addirittura qualche povero illuso che disegna nei suoi interventi l’idea di una politica suicida di Israele, di Netanyahu. Niente è più sbagliato: così ha errato l’Iran con Sinwar quando ha interpretato il conflitto politico interno israeliano come un segnale di via al 7 ottobre; mai avrebbe immaginato, Khamenei, che i cercapersone avrebbero suonato la fine del suo maggior proxy, Nasrallah. Immaginava invece che la mostruosa determinazione di Hamas a sacrificare tutta la sua gente costruendo sulla cialtroneria antisemita la leggenda “genocida” avrebbe creato un inghippo internazionale molto difficile per Israele: era vero. Pensava che i rapiti fossero una trappola sanguinante, geniale, Era vero anche questo. Ma se pensava con questo che il popolo ebraico avrebbe scelto di morire nelle sue tenaglie senza affrontare la radice del male, ha commesso lo sbaglio della sua vita. Ogni bambino prima dell’età scolastica sa già dire “am Israel hai”, il popolo d’Israele vive. E’ nella linfa genetica di un popolo che per sopravvivere ha dovuto imparare la strada dei miracoli. Non è la più facile, ma è quella che è stata già inaugurata e sperimentata nei secoli così tante volte, e che lo Stato d’Israele ha reso pane quotidiano superando senza tregua l’assedio di un odio ideologico e religioso senza remissione. Adesso, se si vede come Giordania, Siria, Arabia Saudita, Egitto, fermano nel cielo i missili iraniani, sembra aver trovato un suo punto di rottura strategico che disegna una svolta.

Il Giornale, 14 giugno 2025
Da novembre l’impresa compiuta ieri notte era stata programmata, perché altrimenti Israele avrebbe pagato con la vita. Sarebbe stata la continuazione in grande del 7 di ottobre, 9 bombe atomiche erano pronte, migliaia di missili balistici le aspettavano per trasportarle fino a distruggere la piccola patria ebraica. La svolta è stata veloce, ma la direzione, le bugie, lo stile, erano evidenti da anni. Chi conosce l’Islam sa che non può rinunciare al suo compito escatologico con una trattativa politica, nemmeno con Trump. Proprio come la prodigiosa operazione che vinse la “Guerra dei Sei Giorni”, sapendo che questa era la scelta di fondo di Egitto e Siria, fu costruita in anni di preparazione da parte dell’esercito e del Mossad, anche stavolta si è costruito l’attacco nei più minuti particolari finché ieri si è imposto l’intervento immediato, anche perché come sempre sono anche le occasioni che spingono ad agire. L’ allenamento non è stato solo tecnico ma del cuore e dell’anima per affrontare l’inaffrontabile a più di duemila chilometri.
In quella terra nel 2006 il presidente Ahmadinejad, che univa all’oppressione bestiale del suo popolo il progetto mistico sciita di distruggere il popolo ebraico e dominare il mondo, come annunciò ispirato anche all’ONU, organizzò la mostra internazionale dei fumetti comici sulla Shoah e poi con conferenza internazionale per certificarne l’inesistenza. Era la benedizione culturale dei miliardi, alla faccia del popolo iraniano affamato, andati nella costruzione dell’arma definitiva per distruggere gli ebrei; intanto si costruiva l’anello di acciaio per stringere Israele sui confini e nelle sue strade col terrore. Le folle schiavizzate dal regime hanno gridato ogni giorno “morte a Israele”, Hamas ha ricevuto i piani e le armi per il 7 ottobre, Hezbollah i missili e la vita stessa, nel mondo si è esportato da Teheran l’odio gli ebrei nelle strade, nelle università.
Se ancora qualcuno in un mondo inquinato dalla menzogna contro Israele è capace di capire la verità, dopo l’attacco su Teheran e su Natanz si apre una fase nuova, un respiro di buon senso, il male ha trovato chi gli dà battaglia. Gli amici iraniani che, come molti da loro, hanno un buon rapporto con gli ebrei ringraziano e sperano che si tratti finalmente della fine del più crudeli e liberticida fra i regimi odiatori di donne e dissidenti, e assassini di omosessuali. Fino al 1979 non c’era stata questione sul rapporto di quel Paese multietnico e il popolo ebraico: fu Khomeini già da Parigi, fondando la teocrazia decise di trovare un alleato nella parte comunista antisemita e antiamericana definendo Israele “uno Stato coloniale imperialista”; sia Ali Khamenei che Akbar Rafsanjani hanno ripetuto la decisione di distruggere Israele come partner della “arroganza globale dell’America”. Netanyahu ha spiegato che da Novembre è stato evidente che a lato dei colloqui con Trump, su una linea parallela che ignorava ogni trattativa, come con Obama, il regime arricchiva l’uranio nel sogno di dominare non solo Israele ma il mondo con un’arma nucleare in mani fanatiche portando finalmente il Mahdi a dominare il mondo.
Abbiamo avuto il 7 di ottobre, ma adesso siamo al 14 giugno: nel 2023 la data della macelleria dei kibbutz del sud ha fatto esclamare che lo Stato degli Ebrei era finito. Hamas ha indicato la strada della strage programmata, del genocidio, poi con la sconfitta degli hezbollah e la cacciata di Assad le cose hanno cominciato a rovesciarsi. Adesso la incredibile capacità di Israele di combattere per la proprio salvezza con una decisione indipendente, autonoma, con una sorpresa conservata nonostante gli occhi puntati, restituisce a questo piccolissimo Paese il suo orgoglio miracoloso. Gli amici sono tanti in Medio Oriente, qualsiasi cosa possano mugugnare ora a beneficio delle loro opinioni pubbliche. Ma in Occidente in Europa, davvero si capisce che terribile feroce individuo potesse essere il capo delle Guardie della rivoluzione Hussein Salami? Quanto deve aver tormentato il suo popolo coi suoi ordini crudeli oltre a perseguitare Israele senza ragione?
Trump, nelle sue prese di posizione ha mostrato senso della realtà: “Ci ho provato finché ho potuto, l’Iran ha rifiutato, Israele mi ha avvertito e io a mia volta ho avvertito qualcun altro”. Facile immaginare che si tratti dell’Arabia Saudita, e forse di altri aspiranti ai patti di Abramo. Ci siamo svegliati in mezzo alla notte, la richiesta stavolta è di stare pronti più del solito, di scendere di due piani in basso piuttosto che uno se possibile. Non ci sono guerre senza prezzo. Ma questa guerra potrebbe essere quella che se starà forte, e gli americani sono con noi, tramite o una nuova trattativa molto decisa di Trump, o con una prosecuzione di cui possiamo intuire ancora poco, porti a una pace che dice: è finito il tempo di aggredire Israele e per Israele di combattere ogni giorno per sopravvivere. Si chiamerebbe pace.

Il Giornale, 12 giugno 2025
Ma è un incubo, o che cosa? La Regione Toscana rompe, dopo la Puglia e l’Emilia Romagna, i rapporti con Israele in onore dei tagliagole di Hamas, e sulla stessa strada sarebbero la Sardegna, la Liguria e la Calabria. La mia Firenze cerca anche di linciare moralmente il console onorario di Israele, il molto cristiano ecumenico Marco Carrai, con mozioni e manifestazioni per cacciarlo dalla presidenza della Fondazione Meyer, un ospedale per bambini dove ha per sua iniziativa ospitato bambini palestinesi, perché è console onorario di Israele. Puzza di Israele, puzza di ebreo, che importa chi è e che cosa ha fatto. La Toscana e coloro che perseguitano Carrai stanno creando un’apocalisse di violenza che ricadrà su di loro: abbiamo visto di tutto ormai, professori e studenti cacciati dalle università, come a Torino; medici, scienziati, artisti, attori messi al bando; a Atene un giovane col navigatore che parlava in ebraico per poco veniva ammazzato per strada ieri; all’aeroporto di Francoforte, in Germania! tedeschi con la bandiera palestinese hanno assediato con violenza un gruppo di viaggiatori israeliani; in California è scorso il sangue di chi chiedeva indietro gli ostaggi; a Washington due giovani dell’ambasciata israeliana uccisi a spari; mentre a Londra lunedì è stato proiettato in gloria di Sinwar, con musica nostalgica, un film mentre fugge nelle gallerie in preparazione del massacro in cui sono stati messi nei forni i neonati e fatte a pezzi e stuprate le donne.
La regione Toscana a fianco della Palestina? Quale Palestina? Per la pace con Hamas? Per il suo dominio di Gaza? Contro Carrai perché è una persona la cui aspirazione lapiriana lo ha anche spinto a contribuire a una moschea? Tutti zitti intanto mentre si caricano i kalashnikov e si sparano i missili che ogni giorno mandano i bambini israeliani nei bunker? Menomale che cento coraggiosi fiorentini hanno firmato un documento in difesa di Carrai, ma sono soli. Visto da Gerusalemme da una fiorentina, il gioco della maggioranza, compresa, udite, Italia Viva, sembra una di quelle barzellette antisemite in cui l’ebreo è il furbo cattivo, e voi là, tutti convinti dai numeri inventati da Hamas e da al-Jazeera, con le orecchie e gli occhi tappati ci punite per la guerra tragica che tocca a Israele di compiere contro chi nasconde i lanciamissili negli ospedali e nelle camere dei bambini, e votate nelle sedi di marmo di quattro regioni italiani ,pronunciando parole rovesciate, come genocidio, punendo Israele che si batte come un leone nella battaglia che tutti dovreste condurre per la libertà e la democrazia. Sì, è dura da capire la guerra, ma peggio è la resa all’idiozia e alla menzogna.

Il Giornale, 09 giugno 2025
Probabilmente ci sono molte cose che Greta Thunberg ignora mentre “mondializza l’Intifada” come si usa oggi: che ne sa di quella kefiah, bandiera del terrorismo, che indossa con grande orgoglio insieme ai suoi compari sulla nave Madleen che punta su Gaza per consegnare degli “aiuti umanitari”? Intanto, a chi li vuole consegnare? Certo i suoi interlocutori non possono essere che amici di Hamas, non saranno certo nè israeliani nè americani, Greta è buona, non pensa che gli aiuti Hamas li sequestra e li usa per comprare nuovi terroristi e affamare altra gente. Quanto alla kefiah, l’ha guardata bene prima di indossarla? Lo sa che è l’abito di gala di migliaia e migliaia di terroristi, difficile persino esemplificare: quelli che hanno fatto esplodere pizzerie come Sbarro, 16 morti, autobus che hanno fatto migliaia di cadaveri, vecchi al mercato e bambini che andavano a scuola, scuolabus come a Avivim 12 morti, sportivi alle Olimpiadi (Monaco 1972, 11 atleti uccisi), e via via fino al 7 di ottobre e molto oltre… decine di migliaia, stavolta veri, verificabili non tramite un ministero di Hamas o Al Jazeera, tutti civili davvero, come i 1200 del 2023.
Quella kefiah è vergognosa, se la Thunberg oggi vuole travestirsi da vittima indossandola, non funziona, nè per lei nè per la sua amica parlamentare francese Rima Hassan, e per gli intrepidi proPal che ripetono agli schermi quanto è pericoloso il loro viaggio.
La verità è che la loro gratuita aggressione mentre Israele si sforza di consegnare il cibo nonostante Hamas, è molto più pericolosa: aiuta Hamas , condanna a morte gli ostaggi, sostiene la Fratellanza Musulmana, dà tempo all’Iran per completare la bomba atomica... e soprattutto alimenta l’assedio mostruoso di un’opinione pubblica che ha fatto sue le più efferate bugie spinte dall’inebriata speranza di distruggere Israele e con essa di vedere accucciato questo popolo ebraico che si crede d’essere chissà chi sa chi da più di duemila anni. Greta e i suoi accoliti nel mondo pensano che gli israeliani sono genocidi, ethnic cleansing, razzisti, prendono di mira apposta la testa dei bambini, affamano i gazawi... un popolo da distruggere. E infatti anche a Roma sulla sinagoga a Piazza Bologna si scrive Juden Raus, che oggi è la traduzione di “From the river to the sea”, in Francia si picchia, in Colorado si spara… Israele e il popolo ebraico sono le vittime di una folla di politicanti cui si è dato spazio nelle elucubrazioni sulle sfumature di antisemitismo (genocidio o ethnic cleansing? Sionismo o Netanyahu?) come si trattasse di una vera discussione politica. Invece è solo un vulcano riesploso contro gli ebrei.

Il Giornale, 07 giugno 2025
La manifestazione di oggi a Roma è un esercizio di perversione, una pericolosa china che porta in sé una ondata di violenza antisemita come sempre basata su menzogne che criminalizzano gli ebrei, il solito sistema inaugurato nei secoli: gli organizzatori e gli sventolatori di bandiere terroriste ne porteranno l’onta e la responsabilità della trasformazione in violenza. Felici quasi tutti i media, sulla carta, dagli schermi, sui social, aumenteranno le fanfare di un’ossessiva e conveniente legittimazione del niente cosmico, delle bugie siderali, dell’ignoranza e dall’opportunismo politico da cui la manifestazione nasce.
Domani ripeteranno felici in coro con gli oratori incapaci ormai di distinguere fra vero e falso, bene e male, i termini “genocidio” e “pulizia etnica”, “occupazione”, “razzismo” etc. Sono quelli che hanno detto che in 24 ore sarebbero morti 14mila bambini palestinesi, e poi non hanno smentito mai la cretinata; che hanno ripetuto senza vergogna che i soldati mirano alla testa dei bambini; che all’ospedale al-Ahli erano state uccise 500 persone; che i soldati hanno violentato e ucciso le donne palestinesi all’ospedale al-Shifa; che sparano su chi va a prendere il cibo… Milioni sono le menzogne, come quella che accusa Israele di affamare a scopo bellico: come si può pensarlo, dato che fino a marzo venivano introdotti 600 camion al giorno? Ma la fame è stata causata dal furto e utilizzo degli aiuti umanitari da parte di Hamas, e quindi il sistema ora è cambiato… Orribile l’indifferenza sulle sofferenze dei rapiti, incredibile come i ragazzi e i padri di famiglia, gli eroi uccisi in guerra dalla parte d’Israele, siano considerati vittime di nessun conto, ignorati, mai nominati dalla stampa italiana. Fra i dimostranti, oggi, chi vorrà essere generoso dirà che non vuole la distruzione di Israele, ma condannerà a morte la politica di Netanyahu, di cui niente sa se non che è “di destra” e anche che è “vendicativo” e che deve accettare una tregua definitiva. Ma non gli importa che Israele insista per evitare semplicemente il prossimo 7 ottobre e altri assalti definitivi. Ogni giorno si insiste che “tanti ebrei” criticano Netanyahu. E perché, non è sempre così nelle democrazie? Menomale. Peccato se poi quegli ebrei diventano complici del nemico. La manifestazione di oggi è parte della strana velenosa fioritura di un nuovo culto della morte nella società occidentale in crisi: vi si moltiplicano i perfetti ignoranti, le menti woke, le pretese islamiste.
E i profittatori politici. Ma ci sono tanti che ricordano, le comunità agricole e la festa di giovani maciullate il 7 di ottobre, si sottraggono al rovesciamento di bene e male che ha buttato Israele dalla parte dei cattivi e ha adottato come eroi i terroristi che odiano la nostra civiltà, quelli che dicono noi amiamo la morte più di quanto voi amiate la vita, uccisori di ebrei cristiani omosessuali e donne, macellai di bambini e famiglie. Molti sanno che in questa manifestazione di ripetono bugie, dal fatto che Israele sia un paese coloniale a che abbia sparato a chi andava a prendere da mangiare ai camion. La gente che rifiuta il culto della morte sa che cosa è Israele, sa che dalla scuola all’esercito si insegna la pace; vuole che sopravviva, combatta, batta il mostro e recuperi gli ostaggi. Un mare di odio armato con miliardi di fake news a pagamento dalla Fratellanza Musulmana, dell’ Iran, del Qatar impone l’idea che sia in corso una strage senza precedenti, ma gli studi condotti sui dati forniti dai palestinesi ci dicono che il bilancio dei morti militari e civili è di uno a uno, il dato più positivo mai visto in una guerra; la grande maggioranza è formata da maschi dai 15 ai 70 anni, quindi combattenti, e non da donne e bambini; sanno che le gallerie, in cui mai si è permesso alla gente di rifugiarsi sboccano quasi sempre in ospedali, camere per bambini, moschee trasformati in retrovie terroriste. La gente è per Hamas uno strumento, l’ha detto più volte. La piazza di oggi è drogata di bugie, ma paradossalmente Israele è lì per difendere anche il suo diritto a esprimersi. A Gaza, chi prova a dire una parola di protesta, viene fatto a pezzi.

Il Giornale, 30 maggio 2025
Il lavoro pluridecennale ha finalmente premiato gli odiatori di Israele, detti anche difensori dei palestinesi. La manifestazione del 7 giugno fissata da PD M5S AVS è il seguito di una storia vecchia: le accuse odierne, come quella di genocidio e colonialismo, infiorettano la storia dell’antisemitismo postbellico, e, come sempre i picchi antisemiti, segnalano una crisi esistenziale dell’occidente. Quando una civiltà non sa che fare, da la colpa agli ebrei: il mondo su cui incombe la minaccia di Putin e della Cina, confusa da Trump, presa al collo dal rischio terrorista islamista senza trovare nemmeno il coraggio di sillabarlo, se la rifà con Israele, col sionismo, con Netanyahu… con gli ebrei. Basandosi su una caterva di bugie che portano all’omicidio, e ignorando i delinquenti che sostengono. Quella piazza, e anche quella di sinistra moderata a favore di un’Israele che rinunci a difendersi, di fatto si renderà responsabile con le sue folli accuse prive di fondamento solo dell’ondata di antisemitismo che ormai sporca il mondo in tutti i suoi angoli.
Occupazione è uno stilema preferito, e senza base alcuna. Qui si tratta solo di controllare un territorio finché non rappresenti più lo spaventoso pericolo che Hamas ha dimostrato di essere. La parola sionista è diventata una accusa demenziale, coniugata con colonialismo, come se gli ebrei non fossero l’unico popolo aborigeno che anche da lontano è rimasto legato alla sua terra fino a tornarci secondo tutti i crismi della legalità internazionale, e persino offrendone la metà ai più aggressivi nemici. Nei secoli gli ebrei diventarono assassini di Cristo, oggi ritorna il sudario, secondo il blood libel uccidono i bambini e ci si divertono. I nazisti dicevano che gli ebrei erano biechi capitalisti imperialisti, manipolatori, vermi corruttori, carogne da uccidere. Che lo abbiano detto in piazza non lo ha reso più vero, né ha diminuito la mostruosità della Shoah. Questa piazza ha torto: ricontrolli le cifre, che sono false, (cfr. Honest Reporting e la Henry Jackson Society) riveda la mostruosità delle azioni di Hamas, ricordi che la gente sarebbe stata protetta facilmente nelle gallerie invece usate solo dai terroristi proprio per fare morti civili, controlli gli aiuti sequestrati per costruire nuovo terrore. Chi va in piazza, va a fomentare un’ondata di antisemitismo catastrofica, esaltata dalla strage del 7 di ottobre. Hamas pensa: “Abbiamo ucciso, stuprato, bruciato, fatto a pezzi una massa di ebrei… lo rifaremo col vostro aiuto in tutto il mondo”. Chi va in piazza aderisce a una manifestazione antisemita. I numeri dei morti forniti da Hamas sono sbagliati, almeno il 75 per cento sono adulti e quindi appartengono a Hamas o a altre formazioni terroriste e ne fanno parte gli uccisi da malattie e da vecchiaia. Israele ha colpito il minimo possibile un mondo nazificato dove lanciamissili e esplosivi e covi assassini erano nascosti nelle case, le scuole, gli ospedali. Il cibo fornito fino a marzo ammonta a 975mila tonnellate di cibo, 50mila di acqua e 25 mila di medicine, unico caso al mondo in cui un Paese in guerra ha fornito aiuto; ma sin dal primo giorno Hamas lo ha sottratto con le armi in pugno.
Deporre le armi e restituire i rapiti, è la richiesta di Israele, del terribile Netanyahu. Israele combatte per questo una guerra di sopravvivenza, la spaccatura fra destra e sinistra non ha toccato la democrazia. Israele è imperdonabile perché ha vinto gli Hezbollah, combatte Houty e Iran con buoni risultati, ha causato la destituzione di Assad, Hamas è a pezzi. Guai adesso se vince una guerra che libererebbe il mondo da un’organizzazione terrorista come l’ISIS o come al Qaeda, che ha giurato di distruggere tutto ciò che non è islamico, che uccide gli omosessuali, schiavizza le donne, giustizia gli oppositori, ha conti miliardari, in 750 chilometri di gallerie non ha mai ospitato una donna o un bambino di Gaza. Tortura i rapiti. La piazza del 7 di giugno fiancheggerà la pizzaiola che sbatte fuori i clienti, i negozi e gli alberghi judenraus, i festival che gli escludono, i milioni di post che li minacciano, e alla fine anche chi sparerà come nell’82, quando fu ucciso Stefano Tache; e come pochi giorni fa Yaron and Sarah, i fidanzati uccisi a Washington. Erano ebrei. E ieri è stato sepolto Ravid Chaim Getz: la sua mamma Tzeela era stata uccisa sulla strada da un terrorista palestinese mentre andava a partorire, lui, salvato dai ginecologi, non ce l’ha fatta. Era ebreo anche lui. Tanti soldati hanno diciotto diciannove anni, 1000 ne sono morti combattendo per una democrazia umanitaria che si difende. Non andate alla manifestazione, Israele combatte per vincere i terroristi.

Il Giornale, 25 maggio 2025
L’antisemitismo delirante dei nazifascisti credeva di avere ragione, i motivi per odiare gli ebrei li sosteneva dottamente con libri, articoli, conferenze; le sue bugie furono la macchina dello sterminio. Si basarono su bugie antiche, l’uccisione di Cristo, la leggenda del sangue dei bambini, gli interessi diabolici che intrappolano il mondo. Oggi, la poco arguta formula del “sudario” allude di nuovo a Gesù, facendone dunque un palestinese, assassinati dai “perfidi ebrei”. Dietro il sudario, una fila di volenterosi costruttori d’odio: fra i tanti, Di Battista, posseduto da una fantasia demoniaca, o con lui la Jebreal, e fra gli israeliani (quanto può l’odio per Netanyahu) Yair Golan, o Ehud Olmert, lanciano sui soldati più morali del mondo accuse pazzesche. Certo, i ragazzi al fronte combattono come leoni per battere i macellai del 7 ottobre, ma solo la mostruosa costruzione di Hamas che da anni ha fatto di ogni angolo di Gaza sopra e sotto terra un deposito o una fortezza li costringe a combattere in mezzo alla gente.
Come non si capisce ancora, guardando chi sono, che i macellai portano anche la colpa di aver esposto e affamato fino alla morte la gente? Che se cedessero gli ostaggi e le armi la pena finirebbe in un momento? Ad oggi, il numero dei morti civili è circa pari a quello dei morti terroristi, una proporzione unica nelle guerre conosciute; Israele ha usato mille mezzi, volantini, telefonate, per allontanare la gente dalla battaglia.
Oggi per allontanare Hamas dai civili si cerca di spingere la popolazione lontano dagli armati. Il cibo così arriverà nelle sue mani: è stato mesi sequestrato da Hamas che l’ha usato o per arruolare o per mostrare uno spettacolo di fame al mondo; ora, i camion rientrano cercando di evitare che Hamas rubi tutto. Ma chi vuol sapere la verità? Chi conosce Hamas? Hamas uccide gli omosessuali, i dissidenti, usa i bambini, schiavizza le donne. Lo si sostiene in Europa immaginando di difendere quei diritti umani. La carta di Hamas incita a uccidere un ebreo ovunque lo si trovi: “Dietro un albero o dietro una pietra vieni e uccidilo”. Ma l’antisemitismo è più eccitante. In Italia, farà partire da Marzabotto dove l’eccidio nazista scriveva una delle peggiori pagine di sangue, una manifestazione contro Israele, da cui la Brigata Ebraica venne a combattere i nazisti. Solo una miserabile elaborazione antisemita può portare a tanta ignoranza e a un così plateale sostegno di Hamas. Svegliandosi dal malefico incantesimo si vedrebbe che il popolo ebraico che combatte solo per la sua vita e non vuole fare del male a nessuno, fin dal 1948. E anche che ieri il nazismo poteva vincere, oggi non più.

Il Giornale, 23 maggio 2025
È stato molto interessante sentire come l’ assassino Elias Rodriguez urlava “Free free Palestine”. Aveva appena freddato due ragazzi ebrei ventenni,Yaron Lischinsky e Sarah Lynn Milgrim, due israeliani di cui lui al lavoro all’ambasciata di Washington. È avvenuto al Museo dell’Ebraismo. Rodriguez scandiva lo slogan a ritmo, un militante disciplinato: il suo doppio omicidio era solo la prosecuzione di una quotidiana, regolare, organizzata attività contro gli ebrei. Del suo antisemitismo ormai anche pasto quotidiano dei politici e dei media. Netanyahu ha spiegato più volte che è pronto alla pace purché si restituiscano gli ostaggi e si consegnino le armi: ma no, “ha un progetto di sterminio”. Hamas sequestra i camion di aiuti, persino quelli entrati per ultimi ma no, “Israele affama la popolazione”, anzi “ne fa un’arma di guerra”. Gli attentati terroristi e i missili cadono sui civili israeliani in uno stillicidio quotidiano. Ma no, è Israele ad essere genocida. Chi lo ripete, è incredibile, detta la mentalità odierna, e spinge a uccidere: come il comunismo weaponizzato al tempo delle Brigate Rosse. Questo sta accadendo. Hannah Arendt avrebbe iscritto il comportamento del parlamento italiano in questi giorni nell’album della “banalità del male”, salvando il governo che ha respinto almeno la banalizzazione totale della menzogna; ma ormai siamo alla dilagante, istituzionale presenza dei “volenterosi carnefici” di ebrei, nell’informazione e nelle istituzioni.
Quella “nukba” che durante il massacro del sette ottobre telefonò contento per dire “Mamma guardami ho ammazzato i miei ebrei” ha ora i suoi seguaci ovunque. Gli ebrei però qui sono chiamati variamente sionisti, Netanyahu, coloni, assassini di bambini... hanno aiutato non poco gli ebrei che denigrano i loro fratelli: quelli ci sono sempre stati, non importa. Lo dice anche l’Ha aretz. Importante è capire che ormai c’è un vocabolario intero, che comincia con la b come bambini, e poi continua con la c come crimini di guerra, e poi viene alla f di fame per culminare trionfante nella g di genocidio… e questa malvagità è basata in una vera ignoranza, nel rifiuto ad ascoltare la realtà dei fatti, a ricordare.. e trova una base nelle istituzioni, mentre lo sbocco ovvio è un sostegno criminale a Hamas e al delitto contro gli ebrei. In Italia le sinistre hanno trovato la agognata unità depositando una mozione unitaria contro Israele. In aula Giuseppe Conte ha detto che “a Gaza si compie una pulizia etnica”, e poi ieri, subito dopo che i due giovani israeliani erano stati uccisi, non ha avuto scrupoli nel dire che la colpa è di Netanyahu. Magnifico. Se fossi un antisemita lo voterei alla prima occasione. Ma sarei attratta anche da Schlein che parla di un “disegno di sterminio” esprime “tutto il supporto per i palestinesi”, mentre Angelo Bonelli torna alla “pulizia etnica” e la Boldrini… dopo la solidarietà per la pizzaiola che ha buttato fuori dal negozio una coppia di israeliani (quella che nei suoi video sventola il libro di Pappe! Uno storico furiosamente di parte per cui gli ebrei sono coloni che occupano Israele) ora vuole “collocarsi dalla parte giusta della storia”, con Hamas evidentemente. Intanto l’UE vuole rivedere i rapporti con Israele: una scelta molto volgare dell’opinione pubblica woke-islamista, e menomale che l’Italia la Germania e alcune altre nazioni si siano sottratte.
Ma l’Inghilterra il parlamento che dal 1215 rinnova la sua invenzione di democrazia, ha dovuto sentire un attacco furioso e pieno di bugie del segretario di Stato David Lammy,l’accusa di genocidio impazza mentre la psicosi e l’ignoranza si danno orami la mano: mentre Israele combatte una battaglia di sopravvivenza Tom Fletcher il capo del settpore umanitario dell’ONU si inventa che forse in 48 ore moriranno di fame 14mila bambini palestinesi,la BBC lo segue, poi deve smentire, e lascia una clip sul sito, una dimenticanza...; il Washington Post viene sbugiardato ieri dall’ambasciatore americano a Gerusalemme Huckabee sulle fake news della distanza fra gli USA e Israele. Israele debole, Netanyahu isolato, gli USA abbandonano, i palestinesi soffrono... e se fosse tutto alla rovescia? Netanyahu regge forte il volante di una guerra molto difficile, in cui non si è mai lasciato che i palestinesi morissero di fame ma si è cercato di non dare i camion in mano a Hamas. Del genocidio ha detto meglio di tutti Sami Abu Zuhri, di Hamas: "I bambini nati durante la guerra sono decine di migliaia, uguale a quelli dei nostri shahid, e ne faremmo moltissimi ancora per ripetere il Sette Ottobre”. Una lezione di genocidio, ma degli ebrei. Pare che molti siano interessati.
giovedì 22 maggio 2025
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Il Riformista, 22 maggio 2025
Le proteste europee contro Israele sono talmente sbagliate, disinformate, moralmente strabiche, che i macellai di Hamas le lodano, e le associano alla loro politica, perché, dicono, esprimono, il rifiuto della “occupazione fascista” del “genocidio” della politica di carestia certo pianificata del governo israeliano. E l’Europa ci sta, mentre in modo cialtrone e disorganizzato dato che poi su 27 solo in 10 hanno votato la risoluzione che lo chiede, vogliono che Israele cessi dalla guerra, smetta di combattere, mentre devono entrare in massa camion di aiuti umanitari, non importa diretti in quali mani. Lo chiede, mentre peraltro i camion stanno già entrando, più di cento. Della “carestia” che si imputa a Israele più volte è stata verificata l’irrealtà, ma si ripete l’accusa di “genocidio”, mentre Sami Abu Zuhri leader di Hamas vanta la nascita di almeno 50mila bambini dall’inizio della guerra e promette che dieci prenderanno il posto di ogni loro uomo, per distruggere lo Stato di Israele.
Il genocidio non funziona quando si deve ammazzare gli ebrei. Questo vuole l’UE, ormai un impersonificazione estrema dell’ONU più viscidamente nemico di Israele. La risoluzione si votava mentre entravano nella striscia 103 camion, cercando forse invano di evitare quello che tutti sanno: che Hamas li sequestra se non lo si impedisce. Per questo fu bloccato l’ingresso dei 600 al giorno che Israele consentì fino a marzo: i terroristi di Hamas armati di kalashnikov li sequestravano e col contenuto compravano nuovi armati mentre affamavano la loro gente per arruolare l’opinione pubblica internazionale. Ci sono riusciti benissimo. Adesso se il marchingegno internazionale messo in moto da Israele e dagli USA non riesce a distribuire il cibo in proprio, Hamas seguiterà a fare quello che vuole mentre sull’indispensabile guerra per fermarne la ferocia si fantasizza immaginando un'Israele di crudeltà, di disprezzo per la vita, che non è mai esistita. Esiste invece lo Stato Ebraico che vuole sopravvivere, e non solo per l’ oggi, ma anche per i propri figli e nipoti. Hamas secondo questa decisione non deve seguitare a armare chi vuole, e deve restituire 58 ostaggi. Chi? Gli ostaggi? E che importa all’Europa? Chi si ricorda dei bambini BIbas e della loro mamma? Di chi languisce sotto terra? L’Europa mai ha spinto davvero per i rapiti, non ricorda il passato prossimo e quello remoto, cancella lo Stato Ebraico che ha sempre offerto la pace con un colpo di spugna pseudo umanitario, non vede affatto né il sacrificio dei ragazzi israeliani in geurra da due anni che danno la vita per le loro famgilie, nè la sofferenza quotidiana di chi vive sotto bombardamenti e in mezzo a attacchi terroristici quotidiani.
Blood libel si chiama quello che ha usato sul Foglio Sofri dicendo che fa piacere ai soldati ebrei uccidere, ed è un famoso intellettuale che parla. Non è il solo. In nome del blood libel, si compiono nei secoli olocausti. Israele ha spiegato molto bene perché è costretta a combattere, e a che condizioni smetterà: la restituzione degli ostaggi e il disarmo di Hamas. Qui è la pietra basilare della civiltà su cui si costruisce anche l’Unione Europea. Netanyahu, il grande accusato, in questi giorni l’ha ripetuto senza sosta. Terrore e fanatismo hanno preparato per anni la guerra sboccata nel 7 ottobre, scavando centinaia di chilometri di gallerie, armando un grande esercito terrorista a spese dell’Iran e di tutti i contributi internazionali provenienti, appunto, dalle tasche dell’Europa. Gli unici responsabili di questa guerra sono coloro che l’hanno preparata, iniziata, portata avanti con attacchi quotidiani. E’ a loro che l’UE dovrebbe chiedere la stessa semplice cosa: restituite gli ostaggi, deponete le armi. Smettete! E a Israele dovrebbe dire: sappiamo che oggi non siete più come pecore al macello, e ne siamo felici.

Il Giornale, 19 maggio 2025
Israele non può vivere senza almeno un paio di breaking news al giorno: non basta il fatto che Yuval Raphael, una ragazza risorta dopo otto ore di tragico occultamento sotto i corpi dei suoi compagni trucidati il 7 ottobre da Hamas abbia raggiunto il secondo posto all’Eurovision, per un voto popolare che contraddice a pieno la foga antisemita universale; al pomeriggio è giunta la dichiarazione dall’ufficio di Netanyahu che Israele considera positivamente ogni accordo per i rapiti, compresa la conclusione della guerra. È chiaro? No. Anche perché l’Idf ieri ha lanciato un’operazione di terra di vasta scala sulla Striscia di Gaza, l’inizio di «Carri di Gedeone». Ma qualcosa bolle in pentola: Netanyahu ha lasciato uscire dal suo ufficio l’idea di una fine della guerra in vista e questa è una pietra miliare. Perché il primo ministro ha ripetuto più volte in questi giorni che all’orizzonte, per ora, c’è soprattutto l’operazione per cui l’Idf si sta mettendo in posizione di attacco in tutta la Striscia per chiudere i conti con Hamas; perché intanto quasi di sicuro Mohammed Sinwar è stato eliminato, e lui è sempre stato il più ostico alla trattativa. Certo, la dichiarazione non è fatta per i Paesi europei, compreso il nostro, che sabato hanno usato formule di condanna senza considerare il grande contesto, il pericolo continuo di vita, la persecuzione fissa del terrore e dei bombardamenti giorno dopo giorno; nonché l’influsso grave che queste prese di posizione hanno sulla crescita dell’antisemitismo. Ma Netanyahu col suo ufficio suggeriscono qui la consapevolezza del grande gioco nuovo, della trama americana nella regione, della consistenza dell’alleanza con Trump legata però alla propria autonomia, alla forza gestita tutta in proprio, mentre si tiene però conto di Witkoff e dell’interesse americano nella vicenda dei rapiti.
A Doha, una delegazione israeliana non era mai stata confermata per una settimana, come adesso; e mai si era venuti a sapere da «ufficiali» qatarini coinvolti nell’operazione, che si sono sentite pressanti richieste americane e israeliane perché Hamas si sbrighi a rispondere, senza tirarla più in lungo: mollate, è il messaggio, o i carri armati entreranno entro 48 ore, la suddivisione della Striscia in tre parti sarà una realtà, la vostra espulsione o eliminazione è questione di ore. Non c’è più tempo. La roulette gira. L’ultima volta in cui Netanyahu dovette annunciare che Hamas aveva rifiutato l’accordo perché non gli veniva data la cessazione della guerra in cambio di qualche rapito, è stato il 19 aprile. Poco tempo fa. Ora l’America ha fatto la sua insistita apparizione non solo sull’accordo Witkoff, e Idan Alexander, ma con pressioni per aiuti umanitari, ora in via di realizzazione, e con uno scenario generale di rapporti con i Paesi arabi sunniti mai visto prima, basato sulla prospettiva di un grande business in cui la pacificazione è indispensabile. Non c’è posto negli investimenti di due trilioni dell’Arabia saudita e dell’Uae se continua la guerra a Gaza, e nemmeno per una Siria jihadista, o per gli Houthi fanatici, e nemmeno per gli ayatollah. Israele si muove avendo capito che anche la guerra sta qua dentro, ma che intanto deve dimostrare che non cede a nessuna logica esterna ai suoi interessi. Di cui il primo, è la sopravvivenza: Israele deve concludere alla svelta e mettersi in condizione di far parte della nuova storia del Medioriente, ma senza cedere niente. Adesso, quando Netanyahu dice: «Se ci darete i rapiti e vi arrenderete noi smettiamo di combattere» il futuro resta imprevedibile; Hamas non agisce secondo la logica dei manuali di guerra, ma secondo la determinazione islamista a distruggere Israele. Bibi chiedendo il disarmo di Hamas mentre prepara la frazione della zona in tre parti, disegna una nuova prova di forza dal cui successo, se ce ne sarà necessità, dipende la fragile esistenza stessa dello Stato degli Ebrei; ma potrebbe derivarne anche il cessate il fuoco tanto desiderato, se i rapiti torneranno e si consegneranno le armi, o almeno buona parte di esse. Israele è come Yuval Raphael: piccola, scampata alla morte, forte nella sua determinazione, con la bandiera in mano e molta capacità nel giuoco.