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La conversione al capitalismo. 1989: l’ultima frontiera del libero mercato
Formiche.net, 9 novembre 2019
di Fiamma Nirenstein, inviata a Berlino
Dal sogno infranto del socialismo reale alla scoperta della poesia delle merci. Dalla fuga disperata all’approdo famelico. Dalla rabbia alla voglia. Cronache dalla nuova frontiera: ovvero la tumultuosa conversione al capitalismo di uno dei popoli ex comunisti liberati dall’effetto Gorbaciov.
Noi, gente dell’ Occidente, non avevamo mai visto un bambino che per la prima volta a dieci anni entra in un grande magazzino pieno di giocattoli (in questo caso il Ke De We di Berlino ovest) e tocca un videogioco Nintendo. Non avevamo mai visto una massa di pensionati e di donne vestite con cappotti grigi di lana a piccoli bitorzoli aggirarsi per un negozio di dolci dove sono esposte cento marche di cioccolatini, duecento di caramelle di tutti i colori, una quantità indefinita di pasticcini profumati mai visti prima.
Non avevamo mai visto una massa di ragazzi tutti vestiti di un triste jeans marmorizzato, eguale per tutti e palesemente divisa della festa giovanile, aggirarsi per un grande negozio di articoli musicali, chiedere di mettere un compact (mai visto prima) di Madonna (Papa, don’t preach, che è per noi già vecchiotta) e azionare un sintetizzatore che al tocco di un bottone riproduce l’abilità di un esperto batterista. Non avevamo mai visto che faccia fa un tecnico specializzato o un professore di letteratura che ha speso trent’anni di lavoro, mettiamo, nel paesino di Bebra o a Ehrefurt, quando si aggira fra mille qualità di shampoo o di sapone, e decide di comprare delle mollettine colorate per i capelli della figlia.
Non
avendolo mai visto prima, per quanto sforzo teorico possiamo aver
fatto, non abbiamo capito molto della rivoluzione che Gorbaciov ha
portato nella vita delle popolazioni dell’Europa orientale,
e adesso che le frontiere tedesche si sono aperte, anche nella vita di
noi europei. L’assalto di immense moltitudini alla democrazia, che non
sappiamo dove porterà, ha assunto nel contatto diretto e massivo fra gli
abitanti dell’Est e noi che stiamo da questa parte, una dimensione
fattuale e anche famelica, che si è, per così dire, concretizzata in una
specie di contatto mistico con la merce. La nostra merce, la merce
della democrazia. [...]
Mediorientale
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