lunedì 5 settembre 2022
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ASSESSORATO ISTRUZIONE, FORMAZIONE, LAVORO E PARI OPPORTUNITA’
79ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia
Proiezione cortometraggio film GOLDA MEIR – Una donna che ha fatto la storia
05 settembre 2022 – Hotel Excelsior, Lido
dalle ore 13.30 alle ore 14.30
Interverranno:
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Assessore Elena Donazzan
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Fiamma Nirenstein
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Shani Rosanes -Regista (in collegamento da Israele)
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Enrico Mairov Presidente Associaz. NUOVA UDAI 10.0
Saranno presenti:
Consiglieri Provinciali Parità
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Tiziana Botteon
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Flavia Monego
Consiglieri Provinciali PO
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Lucia Ghiotti RO
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Giulia Busato VI
Commissione regionale PO
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Sandra Miotto
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Nicoletta Ferrari
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Loredana Daniela Zanella
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Stefania Barbieri
RIFERIMENTO: Franco MODIGLIANI 3356 8192 752 moditra@iol.it
SINTESI
Il documentario su Golda Meir di Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes
Documentario Golda, diretto a sei mani da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes. Il film si snoda tra testimonianze di sostenitori e oppositori e rari filmati d’archivio e prende spunto da un’intervista per la televisione israeliana realizzata alla Meir poco prima della sua scomparsa. Un discorso intimo, con la prima e unica donna che abbia mai governato Israele, che racconta la turbolenta storia della sua vita. Nel documentario la prima e unica donna premier di Israele si racconta ai giornalisti della televisione di Stato in una conversazione informale mai trasmessa prima. Miglior documentario al Silicon Valley Jewish Film Festival del 2020, il lungometraggio diretto da Sagi Bornstein, Udi Nir e Shani Rozanes si concentra sui cinque anni di mandato della Meir, dal 1969 al 1974, alternandone le parole e i ricordi con le testimonianze di quanti hanno incrociato la sua traiettoria umana e politica. Il documentario segue la parabola della Meir attraverso filmati d’archivio, telegiornali e immagini d’epoca, concedendo solo un breve spazio alla biografia di Golda prima del suo arrivo in Israele. La si vede così bambina, immigrata con la famiglia dall’Ucraina negli Stati Uniti, a Milwaukee, e poi ragazza, pronta a imbarcarsi per la Palestina, dove con il marito Morris Meyerson passerà dalla vita in un kibbutz a quella in un monolocale di Gerusalemme. Non indulgendo nell’amarcord il film corre spedito attraverso i decenni senza allontanarsi mai troppo dall’intervista inedita. I giornalisti passano dalle domande più strettamente politiche a quelle più intime dando modo all’ex primo ministro di raccontare molto di sé anche solo parlando di sogni interrotti.
Sogni mai conclusi a causa di un telefono che squillava regolarmente nel cuore della notte. Lo aveva chiesto lei, che la avvertissero dal quartier generale dell’esercito di qualunque cosa accadesse, ma anni dopo quegli stessi telefoni sarebbero diventati un incubo ricorrente… Incubi e sogni, ma soprattutto guerra e pace sono il filo conduttore del racconto. Diventata primo ministro all’indomani della guerra dei Sei Giorni, Golda vedrà segnato il suo mandato da altri due conflitti, la guerra di Attrito e quella di Yom Kippur, e dai continui scontri politici dentro e fuori lo Stato. Dall’alternarsi di voci di quanti l’hanno conosciuta emerge l’immagine di una persona inflessibile e dura, ma capace anche di grande tenerezza e ironia, qualità ambivalenti riconosciute dai suoi stessi oppositori. Il suo essere una donna ormai matura, e pure gravemente malata, non suscita condiscendenza né tanto meno pietà, ma un grande rispetto che non prevede però sconti. Se la guerra di Yom Kippur resta la tappa decisiva negli anni di Golda al potere il documentario non dimentica altri fatti feroci legati al suo mandato, dalla tragedia del massacro di Monaco del ‘72 agli scontri in casa con le Black Panthers. Leader del partito laburista, nei suoi sette anni come ministro del lavoro la Meir aveva istituito la previdenza sociale, introdotto leggi a tutela dei lavoratori e dato un forte impulso all’edilizia popolare. Come primo ministro, però, si ritrova a deludere le speranze degli ebrei arabi che le chiedono uguaglianza di trattamento rispetto agli immigrati ashkenaziti. Incapace di capire e tanto meno di accettare le manifestazioni delle Black Panthers, che sfoceranno in scontri violenti e porteranno all’arresto di un centinaio di partecipanti, in un incontro mal digerito con i rappresentanti dei mizrahi la si vede alzare un muro invalicabile tra sé e i suoi interlocutori.
Saranno proiettati il trailer del film Golda e 15 minuti dei passaggi più salienti
domenica 17 luglio 2022
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Mr. Biden torna a casa dal Medio Oriente, e dopo molti baci e abbracci da parte degli israeliani, non si può dire che il mondo arabo abbia conferito un serto d'alloro alla dichiarazione di Gedda: "Siamo in Medio Oriente, non abbiamo intenzione di andarcene da nessuna parte, siamo qui per restare". Una dichiarazione che rovescia la politica degli ultimi anni, col penoso picco della fuga dall'Afghanistan e che striscia dai tempi di Obama, con il ritrarsi dalla Libia e dalla Siria: il ritorno americano, solennemente sancito dal discorso di Biden nel palazzo reale di fronte ai padroni di casa Sauditi, re Salman e il principe della corona Mohammed Bin Salman, circondati da altri nove Paesi invitati al vertice con gli USA, tutti arabi sunniti, ha un significato politico immediato molto chiaro: siamo qui per formare un'alleanza strategica infrangibile che impedisca a Russia, Cina e Iran di occupare proditoriamente un vuoto. Non lasceremo il Medio Oriente nelle loro mani. Ma la risposta è stata diplomatica: certo, non si rifiuta, coi suoi aiuti strategici, economici e tecnologici, la prospettiva di costruzione di un fronte unito agli Stati Uniti quando dall'altra parte il rischio Iran, il nemico sciita ormai vicino all'arma atomica e sempre più rampante. Ma non una parola da parte araba su Russia e di Cina; MBS ha parlato solo di alleanza strategica in cui si rispetti ciascuno, e si evitino svolte atomiche. Niente Nato araba. [...]