YASSER ARAFAT PROTAGONISTA PAROLE DI FUOCO CONTRO SHARON MA PER ORA OTTIENE SOLTANTO UN APPOGGIO MORALE Il mondo arabo torna alla linea dura Al v ertice di Amman anche la Siria chiude la porta
mercoledì 28 marzo 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
CHI cercava nel vertice arabo di Amman un segnale di fine delle
ostilità è
rimasto deluso dalla giornata di ieri. Proprio mentre Gerusalemme
veniva
stravolta dalla seconda bomba della giornata, ad Amman Yasser Arafat
parlava
al vertice usando le parole più dure possibili contro Israele, anche
se
concludeva il suo discorso con un rituale richiamo alla « pace dei
coraggiosi» . Il volto corrucciato, la voce bassa, Arafat ha svolto il
suo
appello ai Paesi arabi accusando Israele di avere, essa soltanto,
distrutto
il processo di pace, di aggredire la popolazione civile, di essere
colpevole
dei crimini più agghiaccianti, compreso quello, ha insistito Arafat,
di fare
uso di uranio impoverito contro la popolazione.
E’ un’ accusa che Israele respinge dichiarando la sua costernazione.
Massacro, terrorismo, brutalità : non c’ è infamia che Arafat non abbia
attribuito ieri allo Stato Ebraico, invitando le Nazioni Unite a
proteggere
i palestinesi e la Lega Araba a fornire 80 miliardi al mese per sei
mesi.
Una richiesta che non è sicuro che venga operativamente accettata.
Molti
Paesi arabi chiedono dietro le quinte di potere controllare i fondi
per i
palestinesi; Saddam Hussein, che ha contribuito diecimila dollari a
testa
per ogni famiglia dei palestinesi uccisi, le ha consegnate a ciascuno
personalmente. Adesso Saddam offre 885 milioni di dollari alla
ricerca di un
leader panarabo, ma alcuni Paesi arabi si oppongono. Intanto, del
miliardo
promesso dal vertice precedente, solo 40 milioni sono stati
consegnati.
Quindi: per Arafat molto sostegno verbale, ma incerti finanziamenti;
molto
appoggio morale, ma da parte dei Paesi moderati come Egitto e
Giordania poco
desiderio di lanciarsi in avventure belliche che potrebbero
coinvolgere
l’ intera zona.
Tuttavia, rispetto al precedente vertice in Marocco, stavolta c’ è una
novità
che ha un carattere strategico: Bashar Assad, il giovane raí s della
Siria,
dopo avere fatto un discorso particolarmente infiammatorio (« Gli
israeliani
sono più razzisti dei nazisti» , ha dichiarato fra l’ altro) ha reso
noto che
egli non stringerà alcun accordo con Israele se non dopo i
Palestinesi. Un
patto che stabilisce un’ evidente reciprocità dopo anni in cui il
regime di
Assad padre aveva messo al bando Arafat perché il leader palestinese
si era
avviato da solo sul sentiero degli accordi di Oslo.
Si crea qui, di fatto, un nuovo fronte per la linea dura; si annuncia
a
Israele la rottura del « canale siriano» che aveva portato Barak a un
passo
dalla pace. Sullo sfondo di questo nuovo accordo c’ è il Libano
dominato
dalla Siria, con gli hezbollah armati dall’ Iran in perenne
mobilitazione sul
confine israeliano. Il presidente del Libano Emil Lahud ha fatto ieri
un
discorso in cui era evidente un caldo supporto dello status quo,
ovvero un
« via libera» agli hezbollah. Dunque, Arafat all’ incontro con la Lega
si è
presentato molto duramente motivato, deciso, a 71 anni, a continuare
a
essere un soldato in trincea, incurante del fatto che buona parte del
mondo
arabo è preoccupato del fatto che la carica esplosiva di Arafat
innesca di
fatto anche quella di Saddam Hussein.
E’ lui il secondo grande protagonista del summit: anche se il re
Abdullah di
Giordania ha chiesto di sollevare le sanzioni per aiutare la
popolazione,
pure Saddam è lungi dal raccogliere i consensi sinceri della
maggioranza dei
suoi fratelli: le sue ambizioni egemoniche, le armi non convenzionali
che
non ha esitato a usare contro i curdi, il suo ruolo di pomo della
discordia
con gli Stati Uniti che finanzia pesantemente il mondo arabo, lo
rendono
inviso a molti: l’ Arabia Saudita e il Kuwait non hanno nessuna voglia
di
sfidare le risoluzioni dell’ Onu per amore del loro nemico.
L’ Egitto e la Giordania seguitano quindi a svolgere il loro ruolo di
mediazione (nonostante le durissime parole di Mubarak verso Israele)
sia
sulla questione siriana che su quella irachena: la Siria ha già
annunciato
che riaprirà un ufficio di boicottaggio di Israele e si cerca di
evitare una
posizione generalizzata di questo genere. Quanto a Saddam, è
difficile
soddisfare l’ Iraq e i Paesi del Golfo. L’ Iraq vuole non solo che i
paesi
Arabi chiedano la fine delle sanzioni, ma che decidano di violarle
coralmente essi stessi.