Fiamma Nirenstein Blog

Wikileaks rivela: la bomba atomica di Ahmadinejad fa paura al mondo arabo

mercoledì 1 dicembre 2010 Diario di Shalom 0 commenti

Shalom, dicembre 2010
di Fiamma Nirenstein

Dalle rivelazioni di Wikileaks si scopre che i leader arabi non si preoccupano dei palestinesi ma delle minacce espansionistiche di Teheran.

Wikileaks, lo hanno detto in molti, è andata male per tutto il mondo fuorché per Israele. E si può essere basilarmente d’accordo, ma a un patto: che ciò che ne viene fuori non venga dismesso con un’alzata di spalle che vuol dire “ma sì, lo sapevamo”. Può capitare benissimo, è la linea della maggior parte dei giornali, e nel caso del Medio Oriente ciò riproporrebbe degli errori che hanno portato allo stallo del processo di pace. Avrò infatti scritto mille volte della paura del mondo arabo dell’Iran, del profondo antagonismo dei paesi sunniti, cosiddetti “arabi moderati”, dello sciismo più acuto e messianico, quello degli ayatollah e dei loro incaricati in Libano, gli Hezbollah, e dell’opportunismo armato e  fanatico dei loro alleati sunniti e alawiti, Hamas e Assad di Siria. Questi Paesi hanno più volte minacciato di costruirsi a loro volta l’arma atomica nel caso all’Iran sia consentito di completare la propria ed Egitto, Arabia Saudita, Giordania sono già avanti su questa strada. Addirittura si è scritto che i Sauditi abbiano aperto un corridoio aereo da cui sia possibile per gli aerei israeliani, contrariamente a ogni tradizione, transitare. Lo scopo è evidente.

Ma nonostante le notizie uscissero allo scoperto e tutte quante parlassero di un odio evidente e prioritario del mondo arabo nei confronti dell’Iran estremista di Ahmadinejad, pure si dicevano nelle istanze pubbliche tutt’altre cose. Si diceva per esempio che il mondo arabo aveva la priorità della risoluzione della questione palestinese rispetto a ogni altra, e soprattutto rispetto alla bomba atomica e alle mire egemoniche dell’Iran; si diceva che la Lega Araba conservava una certa solidarietà islamica con quel Paese soprattutto a causa dell’antagonismo, molto più forte e acuto, contro Israele. E da qui Obama ha costruito la sua teoria: l’Iran è un problema grave, ma non possiamo affrontarlo proprio perché il mondo arabo non ci capirebbe, non ci auterebbe, non sarebbe al nostro fianco finché non risolviamo la questione palestinese. Questa teoria è stata ripetuta molte volte a Netanyahu durante le sue visite negli USA. E ogni volte che il govreno israeliano ha provato a porre in primo piano la necessità di affrontare la questione dell’atomica degli ayatollah, la risposta è stata: “Congelate gli insediamenti, questo ci aiuterà a conquistare consenso per affrontare con maggiore determinazione la questione iraniana”.

Adesso, la verità è sotto gli occhi di chiunque abbia letto i giornali in questi giorni: tutti i dispacci americani che trattano della questione mediorientale e riportano i rapporti con rais e re, trattano a malapena la questione palestinese, si occupano pochissimo di Israele, ma insistono invece in maniera molto esplicita sull’Iran, riportando un messaggio arabo senza se, senza ma, senza “prima di” o “dopo che”: dicono agli americani “attaccate l’Iran nelle sue strutture atomiche”, anzi lo supplicano di farlo.

Re Abdullah dall’Arabia Saudita chiede di “attaccare e mettere fine al programma nucleare” perché occorre “tagliare la testa del serpente”. Il re Hamad del Bahrain ha chiesto al comando centrale americano per il Medio Oriente, il Centcom, rivolgendosi direttamente al generale David Petraeus, che si agisca per mettere fine (“terminate”!) il programma nucleare di Ahamdinejad. Mubarak, il rais egiziano, ha denunciato gli Hezbollah infiltrati nel suo Paese come agenti eversivi dell’Iran che un giorno potrebbero godere di un ombrello micidiale, se l’Iran sarà fornito di bombe ai neutroni. Lo stesso ha fatto la Giordania rispetto alla presenza dei Fratelli Mussulmani sul suo territorio.

Il nomignolo usato per Ahmadinejad è “Hitler”, si parla della sua esportazione di terrore, del suo imperialismo, e anche da questo si vede che non è per niente originale la visione che Israele ha suggerito dell’Iran come di un paese votato dalla sua leadeship (insistentemente negazionista sulla Shoah) allo sterminio degli ebrei.

Dunque, secondo le rivelazioni di questi giorni, la strana equazione di Obama, meno costruzioni nei territori, più garanzie antiraniane, si infrange sulla realtà dell’opinione araba. Semmai, data l’assoluta priorità della questione iraniana nella mente del mondo mussulmano moderato e l'insistenza con cui si chiede agli USA di intervenire per proteggerlo, possiamo ipotizzare un’equazione rovesciata. Ovvero: se l’Iran venisse fronteggiato con sanzioni o con un attacco alle strutture nucleari in modo da ottenere la fiducia del mondo arabo, ci sono molte probabilità che gli estremisti di Hamas, gli Hezbollah, la Siria e tutti quanti - e sono tanti, compresa ormai anche la Turchia - hanno un rapporto privilegiato con l’Iran, abbasserebbero la cresta, i moderati si sentirebbero spinti avanti e sostenuti veramente e non con azioni contraddittorie, verso la pace. Gerusalemme non è la strada attraverso la quale si arriva successivamente a Teheran, ma viceversa.

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