VIAGGIO NEL VOTO DI ISRAELE. 6 Noi, il partito del Golan Né destra né sinistra, la via dei coloni
lunedì 27 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO Ecco come i sogni precipitano dalle rocce di
basalto e dalle vigne del Golan dentro il traffico metropolitano di
Tel Aviv, nella confusione elettorale. Ha sede in un appartamento del
centro, poche stanzette al quarto piano, il partito che scende dalle
alture del Golan e che più di ogni altro incarna la fine del mito
della vecchia Israele militante, socialista a dispetto del mondo. In
via Kaplan numero 8, nella di proprietà del
movimento dei kibbutz, si trova il Partito della Terza Via
Shlishi. Si consuma qui il mito del pioniere che fonda il kibbutz da
una parte in onore della sua ideologia, e dall'altra per essere un
soldato sempre pronto alla difesa del suo Paese. La terza via, che
oggi è alla ricerca di un pugno di voti, non indica per primo
ministro né Shimon Peres né Netanyahu. Fondata nell'anniversario
della guerra dei sei giorni, il 6 giugno 1994, è fatta di un tipo
antropologico che solo Israele conosce, un socialista nazionalista
non solo di nome ma di scelte: vita comunitaria povera sul confine,
ricca di valori, bambini, natura. Fucile in spalla, guardia notturna,
ma nessuna simpatia per chi vuole opprimere i palestinesi. In una
parola, i protagonisti di questa battaglia, che non è né di destra
né di sinistra come loro seguitano a ripetere incessantemente ma che
è tutta e solo per il Golan e per una pace meno spericolata. In
questo partito i grandi leaders sono due e tutt'e due personaggi
solari, ex iscritti all'Avoda, il partito di Peres, ambedue con volti
zeppi di significati. Si chiamano Avigdor Kahalani e Yeuda Harel. Un
eroe militare e un eroe del lavoro. Kahalani è compatto, abbronzato,
cinquantenne, con gli occhi color nocciola degli ebrei orientali.
Quando, dopo la guerra dei sei giorni, lo scrittore Shabtai Tevet
scrisse un libro sul valore silenzioso ed estremo dei carristi:
sulla torretta, il protagonista era proprio Kahalani, il giovane
comandante yemenita che sfidò la morte (una morte orribile per
ustioni dentro il suo carro armato; infatti rimase in fin di vita per
mesi e mesi all'ospedale) pur di condurre i suoi uomini valorosamente
contro il nemico siriano, e di tentare di estrarli dalla mischia uno
per uno. Dopo tanto sangue, Rabin giurò che mai il governo avrebbe
ceduto il Golan:
- diceva Rabin prima delle elezioni del '92, abbandonerà la
sicurezza stessa di Israele. Poi cambiò idea, ma io invece ne sono
ancora oggi convinto. Allora Kahalani era deputato socialista alla
Knesset; e aveva rappresentato le forze progressiste nella corsa per
la carica di sindaco di Tel Aviv. Rabin aveva parlato in piazza per
spingere la sua candidatura, ma senza fortuna. Strapparsi dal partito
laborista è stato davvero difficile per Kahalani, come per quasi
tutti i protagonisti della Terza Via. Yehuda Harel sembra disegnato
da un regista cinematografico per significare il settler kibbutznik
nel 1967. Da trent'anni vive nel kibbutz Merom di cui è fondatore;
ormai è arrivato a tre generazioni nella sua famiglia: anche i suoi
nipotini vivono là . Ha i capelli fitti e bianchi, e una di quelle
reti di rughe a raggiera intorno agli occhi azzurri che sembrano
sottolineare la dedizione all'ideale. È anche un grande innovatore
del movimento comunitario, in cui crede con tutto se stesso
nonostante la crisi economica e ideale dei kibbutz.
sorriso lento e tranquillo - io non potrei mai votare per Netanyahu,
perché non gli credo quando dice che vuole la pace, non credo che
abbia nessuna remora morale nel dominare una popolazione che non lo
vuole. Bibi vorrebbe tornare a Nablus; ed è anche contro la
separazione netta tra i due popoli. Io invece sono per controllare
soltanto le zone dove non si opprime la popolazione, oppure dove è
davvero indispensabile per la sicurezza. E allora, perché non
sceglie Peres per primo ministro? Perché è un grande sognatore,
forse sarebbe stato un ottimo scrittore, ed è un delizioso utopista.
Ma il realismo non è il suo forte, e quindi nemmeno la sicurezza.
Soprattutto quando si fida di Assad, o anche di Arafat. Io no, non mi
fido. Mi fido solo di noi stessi senza per questo diventare
aggressivo. Kahalani, Harel e i loro uomini sperano molto nei
giovani che votano per la prima volta; Harel dice che nelle scuole e
nell'esercito la Terza Via potrebbe arrivare al 6 e forse perfino
all'8 per cento. Ma i pronostici non sono più così favorevoli. La
corsa al centro dei due grandi leader, Netanyahu con il suo ripetere
e Peres col suo dire ancora e ancora
sicurezza, ha mangiato spazio al sogno di Harel di restare per tutta
la vita nel suo kibbutz, nel silenzio della natura. Fiamma Nirenstein
