VIAGGIO NEL VOTO DI ISRAELE - 5. Sonia Peres e Sara Netanyahu sfuggon o ai giornalisti. Vietato parlare di attentati (e di Rabin) Mute first lad y di Gerusalemme Le molte stranezze della gara elettorale
domenica 26 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV NOSTRO SERVIZIO È vero, la campagna elettorale non è stata
granché ; anzi, è apparsa un po' moscia, con Bibi Netanyahu che da
solo conciona in tv in una stanza rosa-sonno vicino a un abatjour che
produce una luce soffusa: parla della sicurezza senza esagerare,
senza sfiorare temi troppo tragici per non apparire uno sciacallo che
voglia lucrare sul sangue della sua gente. Dall'altra parte si vede
Peres in mezzo ai giovani: baci, abbracci, senza mai sfiorare la
ragione vera per cui ci sono le elezioni anticipate, ovvero
l'assassinio di Rabin. Guai. Non vuole certo correre il rischio di
sembrare a sua volta uno sciacallo, quello che vuole lucrare sul
sangue del suo predecessore. E tutti e due non menzionano mai
apertamente la grande paura, la terribile tensione che sta dietro a
tante chiacchiere sul processo di pace, sulla divisione di
Gerusalemme, sull'affidabilità di Arafat. L'attentato, quello che
potrebbe piombare su Israele da un momento all'altro, non si menziona
in pubblico. Soprattutto non si dice che se ci sarà potrebbe
cambiare tutto. E che Bibi vincerebbe. Sarebbe contento Bibi se
scoppiasse un autobus? Che domanda sconcia, improponibile,
sconveniente] Se ne può parlare solo di nascosto. E così è una
campagna in cui si parla d'altro. Per esempio, si parla delle due
mogli dei candidati: Sonia Peres e Sara Netanyahu. Che strano, in un
Paese come Israele dove le donne, fin dall'esercito, sono un modello
di emancipazione e non fanno che esprimersi senza remore (basta
pensare a Leah Rabin) le due possibili first lady sono silenziose
come pesci. Sonia ha 73 anni, incontrò Peres in kibbutz nel 1945.
Lui la accompagnava per corteggiarla lungo il filo spinato mentre
lei, armata, faceva la guardia. Quando si sposarono, lei aveva un
fiore nei capelli e lui dei pantaloni di flanella oltre alla camicia
bianca d'ordinanza per i kibbutznik. Tanto basti: da allora il feroce
ostracismo dato da Sonia a fotografi e giornalisti ha fatto sì che
di lei non esista neppure una biografia ufficiale, per non parlare di
un'intervista. Si sa che i due si voglion bene, questo sì , e che la
loro figliola Tzipi li trova dei genitori ideali. Peres però è un
workaholic, un drogato del lavoro. Sonia si occupa molto, e sul
serio, di beneficenza; e di nascosto tiene una casa perfettamente
kosher e ogni tanto va a consultarsi con un rabbino mistico. Peccato
che non lo dica proprio ora che verrebbe tanto utile a suo marito. Ma
sono fatti suoi, del resto non ci sono occasioni per saperlo
direttamente dato che non la si vede mai in giro. Sara Netanyahu è
bionda, belloccia, vestita di bianco e blu, in questi giorni sempre
accanto al marito. Ma non pronuncia mai una parola se non per dire
cose dolciastre su Yair (4 anni, così sensibile, un bambino
eccezionale) o su Avner (un anno, così adorabile, così
straordinariamente dinamico). È la strategia della campagna
elettorale. I costruttori del nuovo Bibi vogliono suggerire che il
Netanyahu infedele, che sotto la minaccia di una cassetta
erotico-ginnica andò a piangere e chiedere perdono in tv
sull'esempio di Clinton, il Bibi fedifrago, è solo un ricordo
lontano. È tornato fedele al fianco della mogliettina. Ma non c'è
bisogno che la mogliettina parli. Se permettono ai giornalisti di
avvicinarla, chi può salvare il leader del Likud dalle rievocazioni?
Chiunque chiederebbe a Sara se dietro a quel sorriso di circostanza
c'è una vera armonia matrimoniale. In questi giorni poi oltre che di
donne si parla molto di religioni e di amuleti. Tanto per restare sul
leggero, ma non troppo. Infatti sia Peres che Netanyahu attribuiscono
un'importanza decisiva ai partiti degli ortodossi. Il partito degli
ebrei sefarditi Shas, quello di Yahadut ha Tora - un'unione di vari
movimenti che non si amano particolarmente fra di loro - e il Mafdal,
il partito del sionismo religioso, arrivano a controllare anche più
del 10% dell'elettorato. Per ora restano tuttavia coperti, nascondono
le loro preferenze sul primo ministro: la ragione basilare è che il
voto religioso è sì ispirato dall'Alto, ma anche, per tradizione,
molto negoziato, particolarmente oculato. Il rabbino Ovadia Yossef,
col suo famoso caftano nero a ricami d'oro, col suo delfino e
portavoce Deri sembra che tirino in direzioni opposte: Yossef è per
Peres e Deri, forse, è dall'altra parte. La loro condotta è
complicata dall'altro grande rabbino kabbalista dello Shas, Izachah
Kaduri, un vecchione che ha fatto distribuire nei giorni scorsi un
kit elettorale completo di candele, amuleti e benedizioni per tutti
quelli che votano Shas. Protegge da attentati, incidenti
automobilistici e cattivi pensieri. Con la clausola che le
benedizioni si rovesciano contro il beneficiato se non vota come si
deve. Subito un altro rabbino, Mordechai Eliahu (legato al Mafdal) ha
ingiunto di bruciare il kit d'idolatra. E all'interno dello Shas
Ovadia è molto seccato dell'iniziativa del suo collega Kaduri. Tutti
questi pasticci non impediscono che Peres e Bibi vadano in giro con
la kippà nera sempre in tasca. Sempre pronti a tirarla fuori a ogni
visita a rabbini e santoni che controllano l'opinione pubblica
religiosa. Si aspetta di sapere chi sarà il primo ministro preferito
di questo o di quel rabbi, di questa o di quella corte rabbinica. Il
laicismo, durante queste elezioni, è un po' in ribasso. Ben Gurion
si rivolta nella tomba. Fiamma Nirenstein