VIAGGIO NEL VOTO DI ISRAELE - 2. Miriam Lapid, il marito e un figlio uccisi in un agguato, guida l'estrema destra Una dolce Medea ebraica vuole scon figgere la pace
giovedì 23 maggio 1996 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME NOSTRO SERVIZIO Un drago. Mentre racconta la sua vita e
la sua linea politica, la leader del partito più di destra
d'Israele, in confronto al quale Bibi Netanyahu è un agnello, un
noto pacifista, viene da pensare che sotto la sede del partito Yemin
Israel
parlare, immaginiamo che alta, pallida, magra, bella del genere
Isadora Duncan oppure Virginia Woolf, profilo greco, carnagione
candida e perfetta, ci monterà sopra, esilissima, e quello con una
folata di fiamme dalle narici la porterà nei territori occupati, nel
deserto, lontana, finalmente fra i suoi coloni della West Bank,
pardon, della Giudea e della Samaria come piace a lei. La sede è
povera, i suoi compagni di partito sono molto speciali: tutti
religiosi, quasi tutti coloni di Kiriat Arba o di Tekoa, sull'orlo di
essere abbandonati in mano palestinese, o già lasciati a se stessi.
Composizione sociale della leadership: molti ex servizi segreti, Shin
Bet e Mossad; oppure gente con un curriculum militare eroico a cui
evidentemente avevano attribuito un valore politico e umano
miracoloso, che invece non ha funzionato. C'è anche un accademico
molto stimato, un genio nell'ingegneria aeronautica, deputato alla
Knesset: Shaul Guttman. Spunta anche un certo Yoel Lerner di cui i
giornali hanno molto parlato perché ha cercato di far saltare più
volte per aria il monte del tempio. Ma prima di tutto, lei: avrà una
cinquantina d'anni, alta, magra, vestita da religiosa con la gonna
lunga e il cappello rosso bordeaux che le ombreggia l'occhio
sinistro. È ben truccata con colori chiari. La sua voce è alta,
seducente, come se cantasse da contralto. La sua segreteria
telefonica, invece di dire , dice
che
ebrei responsabilità ben più grandi che le altre nazioni. E ora
lasciate un messaggio. Tanto per cominciare. Miriam ha tredici figli
dai cinque anni a più di venti. Sì , proprio tredici, e ne aveva
quattordici. Nella vita di Miriam Lapid, infatti, c'è una disgrazia
terribile: una sera, nel dicembre del 1993, il marito Mordechai, un
settler mitico, bellissimo anche lui, la camicia a scacchi, la kippà
fatta ad uncinetto, l'ideologia del confine e del destino messianico
del popolo d'Israele nel cuore, tornava a casa a Kiriat Arba, la
periferia ebraica di Hebron. Insieme a lui sedeva in macchina il
figlio Shalon di diciannove anni. Furono uccisi tutt'e due in un
agguato palestinese. Miriam rimase sola, invincibile, tuttavia, con i
suoi tredici orfani, e chiese ospitalità al kibbutz Hafez Haijm, un
kibbutz religioso. Là , in una casa molto modesta, seguitò a onorare
la discendenza dal famoso Gaon di Vilna, un mitologico, grande
sapiente, e a vivere nello stile della sua buona famiglia da tre
generazioni a Gerusalemme. Non rinunciò neppure alla sua passione
musicale e letteraria, peraltro ambedue onorate da titoli accademici,
a coltivare la sua notevole bellezza, e l'educazione dei figli, anche
loro tutti belli, vivaci, tutti ora vestiti con delle magliettacce da
kibbutz, pigiati per pranzo in una poverissima sala da pranzo sotto
il ritratto sorridente del padre-patriarca-eroe. Ma soprattutto ciò
che Miriam ha fatto in questi anni è stato prepararsi a queste
elezioni con la più estrema e terribile delle determinazioni. La sua
tesi e quella dei suoi, che in questi giorni fanno una campagna
tirata con le unghie, con poca gente e senza soldi, è semplicissima:
non esiste più nessuna destra in Israele fuorché Yemin Israel, il
suo partito. Persino Rehavam Zevi, l'ultraconservatore detto
ironicamente , con il suo partito, il Moledet (la Patria),
benché l'abbia creato non osa più patrocinare la sua idea, la
deportazione di tutti gli arabi, anche degli arabi israeliani. Tutti,
lo Tzomet, il Moledet, lo Shas, il Mafdal, tutti partiti di destra,
per non parlare del Likud, sono a favore ormai dell'abbandono della
terra d'Israele, a favore dell'accordo di Oslo che mette tutto in
mano ai palestinesi, anche i territori più santi di Eretz Israel
zone più propriamente nostre, come Hebron, e domani sarà la volta
di Gerusalemme. È una tragedia - dice Miriam Lapid -. La gente non
ha ancora capito che non esiste più la destra, che tutti hanno ormai
rinunciato, che tutti hanno aderito al processo di pace fuorché
noi. Ci facciamo spiegare meglio la faccenda della deportazione:
come si fa, con i camion carichi di gente accompagnati al confine?
battere ciglio -. Troveremo il modo di completare quello che in
realtà è già avvenuto: uno scambio di popolazioni. Nel '48, gli
ebrei orientali cominciarono a fuggire dai Paesi arabi, e così
fecero gli arabi da qui. Oggi, però , quelli rimasti hanno un tasso
di natalità tre volte il nostro; consumano tutti gli stanziamenti
per l'assistenza perché i loro bambini e le loro donne che non
lavorano sono molti, ma molti di più . E noi li aiutiamo a
moltiplicarsi, a educarsi, a sostentarsi perché poi, com'è
evidente, ci schiaccino con il loro numero e anche con il loro odio.
E così siamo pronti a farci piccoli e carichi di doveri persino di
un dittatore orribile come Assad di Siria: mai e poi mai gli dovrà
essere restituito il Golan. Ma tant'è : siamo così carichi di
complessi di colpa che facciamo sempre gli interessi del nemico. Il
quorum che Miriam Lapid deve raggiungere è di circa quarantamila
elettori. Dice che sinceramente, anche se non vorrebbe ammetterlo, ha
qualche dubbio se ce la farà :
votare per altri partiti religiosi, tanti coloni che preferiscono
Gandhi: solo per abitudine, perché non hanno ancora capito. Sarebbe
un tale disastro però se il Paese restasse senza destra] Ma noi
spieghiamo e spieghiamo, abbiamo fede, non spariremo. Com'è
Miriam?, chiediamo ai suoi compagni di partito. È così premurosa,
materna. Telefona sempre con il telefonino quando siamo fuori per i
comizi e quando fa caldo ci chiede se abbiamo bevuto abbastanza.
Fiamma Nirenstein