Viaggio nel mistero di un popolo: unito dalla sua religione, diviso d al groviglio del Medio Oriente DRUSI fratelli di guerra Sono oltre 2 mil ioni, tra Israele e Siria, Libano e Giordania e non chiedono un loro Stato:
martedì 3 novembre 1992 La Stampa 0 commenti
DALIAT EL CARMEL SE vuoi vedere i drusi, devi salire in montagna.
Sul monte Carmel, sulle alture della Galilea, oppure nel Golan, al
confine con la Siria. In montagna, in alto: Kamal Mansur,
sessantun anni, consigliere druso di quattro Presidenti della
Repubblica d’ Israele (compreso l’ attuale), sorride assiso nel
vasto salotto all’ araba, lieto del primo mistero che ci porge da
sotto i bei mustacchi: Perché ? Non per la salute, per l’ aria
buona, né perché siamo più vicini a Dio degli ebrei o dei
musulmani. No. È perché l’ altura dona forza, controllo: e noi
siamo forti, flessibili, robusti. Guarda i curdi, gli armeni...
Dove sono finiti? Noi che non abbiamo mai lottato per un ideale
nazionalistico (non ci importa avere uno Stato) godiamo di una
immensa vitalità , siamo sempre in crescita: 80 mila in Israele,
500 mila in Libano, 600 mila in Siria, 50 mila in Giordania e molti
ancora sparsi in una diaspora sempre in stretto contatto in tutto il
mondo. Non facciamo del male a nessuno, non vogliamo subire
ingiustizie. Mansur sorride, sospira, mi porge la tazzina del
caffè speziato, e l’ uva nera. Gli ultimi tre episodi sulle prime
pagine dei giornali in cui si parli di drusi restituiscono subito l
’ inesorabile intrico che ne governa la vita: è di pochissimi
giorni or sono la morte, fra i cinque soldati israeliani uccisi da
una bomba degli Hezbollah in Libano, di Sihran Wassan, un druso di
vent’ anni, un viso magro e timido, un funerale (a Rama, cittadina
drusa della Galilea occidentale) affollato di gentiluomini in
caffettano nero e cappello duro bianco, alla maniera religiosa, e di
militari delle forze di sicurezza. Nella sua famiglia infatti (la
famiglia drusa consta di decine e centinaia di membri) è tradizione
servire, spesso come ufficiali, nelle rischiose unità di confine.
Altre cronache: poche settimane fa, dalle montagne del Golan, oggi
al centro dei colloqui nei rapporti Israele Siria, una delegazione
di 200 streik drusi ha marciato al di là del confine, ha raggiunto
Damasco ed ha incontrato il presidente Hafez Assad, con cui ha
scambiato reciproche dichiarazioni di simpatia e fedeltà . Infine:
alla Knesset, la Camera dei deputati di Gerusalemme, il deputato
druso del Likud (il partito conservatore) Assad Assad ha rivolto
meno di una settimana fa una durissima requisitoria contro il
governo, accusandolo di fare dei drusi cittadini di serie B,
discriminati e mal rispettati nonostante una fedeltà che dura dal
1948. Da sinistra Saleh Tarif, deputato druso nelle file del
Neretz, il partito radicale oggi al governo, scuoteva la testa. E
tuttavia anche lui, come del resto testimoniano tanti suoi
interventi, è un leader delle lotte dei drusi, ovunque si trovino a
vivere la loro frazione di un’ identità equilibrista e sempre a
rischio. Allo stato attuale, i drusi che risiedono su territorio
israeliano, 60 mila nei 17 villaggi del Carmel e della Galilea e
circa 17 mila nel Golan di cui la maggiore cittadina è la gialla
pietrosa Madjal Shams, da cui scorgi in lontananza il miraggio
balenante di Damasco, dopo colline steppose e frutteti di meli, sono
fratelli nella religione, nella tradizione e nella lacerazione. I
drusi del Golan, a 25 anni dalla guerra che li fece ritrovare su
suolo israeliano (erano meno di 10 mila a quei tempi) fronteggiano
la prospettiva di tornare ad essere siriani. Un pugno di 180
famiglie israeliane che in questi anni hanno accettato la
cittadinanza loro offerta è oggi in gravissima difficoltà : i pro
siriani hanno preso il sopravvento, dichiarano a gran voce la loro
appartenenza al Paese di Hafez Assad, riprendono il filo delle
dimostrazioni che ebbero un vertice nel 1979, quando il governo
dette segno di voler cambiare lo status delle alture del Golan da
territori occupati a parte integrante dello Stato, e tentò di
imporre la cittadinanza israeliana ai drusi del luogo. Si produsse
allora una grande dimostrazione degli abitanti, e le sue emanazioni
organizzative decisero di
Intifada ha, per contagio e anche per diretti contatti fra drusi e
palestinesi, reso più aggressivo l’ irredentismo dei drusi siriani
Nel maggio ‘ 91 gli scontri con la polizia di frontiera sono
divenuti terribili, innumerevoli i lanci di pietre e micidiali
quelli di patate con l’ anima di lama di rasoio. È un po’ surreale
l’ unanime riconoscimento degli enormi progressi economici e tecnici
dei drusi della zona che (così
dicono di se stessi) e producono con l’ aiuto degli israeliani i
migliori frutti di tutto il Medio Oriente, e la nostalgia per la
dittatura di Assad. Per esempio, Fawzi Abu Jabal, di 40 anni, un
residente di Majdal Shams che ha passato dieci anni in carcere dopo
una condanna per attività anti israeliane e per contatti col nemico
è fra quelli che spiegano che è perfettamente naturale che il
Golan torni alla Siria, di cui è un frammento. La pace dipende
dalla disponibilità di Israele a restituire tutto, fino all’ ultimo
centimetro. Per me, tutto ciò che abbiamo fatto sotto il tallone
israeliano, è stato fatto da cittadini siriani. Certo, siamo
migliorati economicamente ma per i nostri sforzi personali. In Siria
del resto la gente ha tutto il necessario a disposizione gratis:
educazione e salute sono un diritto di ciascuno. Comunque non è il
benessere l’ elemento decisivo: è l’ appartenenza nazionale. Io
sono un druso siriano, un siriano leale alla Siria, e sempre lo
sarò .
emigrazione ebraica degli Anni 20 30. A Daliat el Carmel, Kamal
Mansur ribadisce quietamente la sua appartenenza.
delle montagne del Golan sono invece siriani e hanno diritto a
proclamarlo. Non mi sentirei mai di parlare al loro posto. Tuttavia
se posso permettermi, le voci dei filosiriani sono diventate molto
più forti da quando si prevede che prima o poi quei territori
torneranno alla Siria. Non sono sicuro che tutti quelli che ora
proclamano la loro appartenenza nazionale siano così felici di
questa prospettiva, ma è la loro realtà di domani. In un certo
senso, Israele sta per abbandonarli. Che dovrebbero dire?
Oltretutto, di là dal filo spinato, risiedono gran parte dei loro
familiari. Infine, non hanno tutti i torti quando lamentano una
posizione da cittadini di seconda classe. Solo l’ anno scorso
abbiamo ottenuto un budget per i comuni drusi eguale a quello dei
comuni israeliani. Ed è stata una durissima battaglia. Un altro
salotto ci attende nel villaggio di Usafija, ancora più vasto, più
bello, intarsiato com’ è di madreperle egiziane, il tavolo basso
carico di datteri, nocciole, dolci di miele che una signora tutta
coperta di panni neri, ma il volto evoluto e sorridente, ci fa
servire dal maggiore dei figli, Anan, di 18 anni. È la casa di un
professore di scienze botaniche, Fadel el Mansur, che è anche un
grande notabile religioso. Nella bella residenza, che tuttavia sorge
su un confuso pendio polveroso ignorante di ogni regola occidentale
urbanistica, regna un’ atmosfera di dolce dittatura patriarcale. Il
vecchio padre di Fadel siede con noi. Anche lui, come il figlio, ha
il capo rasato e i baffoni, la gabbana nera, il cappello alto e
duro; il primogenito sta per andare nell’ esercito, è un bel
ragazzo dall’ inglese perfetto, rossiccio di capelli, baffuto, un
israeliano con fortissimo senso della sua identità drusa. Parla
Fadel con carismatica quiete:
nostra lealtà e per far capire a fondo la nostra parità . Abbiamo
dato 289 vite nelle guerre dal ‘ 48 in avanti. Non ci siamo tirati
indietro (anche se, certo, i rapporti ne sono risultati peggiorati)
quando Israele durante la guerra del Libano, nell’ 82, ha sostenuto
i cristiani maroniti contro i nostri fratelli drusi di Jumblatt.
Siamo pari, ma non siamo uguali. Io so che non sarò mai il
direttore generale del ministero dell’ Agricoltura. Né sarò (tanto
meno] ) ministro. Mio padre è nato sotto il mandato britannico; io
sotto la regola militare della sicurezza che trattiene gli
israeliani dal fidarsi completamente delle minoranze, e li rende
spesso ingiusti e discriminatori. Non siamo rappresentati secondo i
nostri meriti. I nostri soldati spesso vanno nell’ esercito già
sposati, perché da noi ci si sposa in giovane età , e nel
frattempo viene loro preferita la manodopera arabo israeliana,
perché gli arabi sono liberi dal servizio militare obbligatorio.
Alla fine dell’ esercito, ci aspetta un tasso di disoccupazione pari
al 13 per cento, con punte fino al 20. Poche strutture produttive,
scuole di livello medio basso. Certamente: gli israeliani ci hanno
dato un tenore di vita mai sognato, alcuni uomini di buona volontà
come Begin o come Shulamit Alloni, hanno mostrato di capire a
fondo. Ma l’ atteggiamento resta sospettoso, i risultati sociali
impari al nostro impegno e alla nostra cultura. Io ho sopportato
molte difficoltà perché so com’ era la vita prima degli
israeliani. Ma mio figlio non lo sa. Lui non sopporterà neppure un
millimetro di umiliazione. La religione dei drusi è segreta. Il
professor Fadel el Mansur ce ne regala qualche goccia: la sua
segretezza, spiega, è legata ad una scelta esoterica (compiuta in
Egitto alla metà dell’ XI secolo) che fa sì che oltre il Corano
(prima fonte di provenienza), oltre la Bibbia, vi sia un autonomo
libro interpretativo, l’ Usdam; la sua chiave è l’ illusorietà
della vita biologica, e la reincarnazione. Gli uomini tornano solo
uomini; le donne, donne; e forse anche i drusi drusi e gli ebrei
ebrei; ma questo el Mansur non ce lo vuole chiarire fino in fondo.
Un’ etica di pulizia ma non di mitezza (i drusi sono guerrieri
terribili) sovrintende alla vita quotidiana. È proibito il
matrimonio misto, proibito alle donne lavorare e comunque
soggiornare fra gli uomini. Necessaria la compattezza; l’ identità
di gruppo, al di là di tutto. È così che i drusi israeliani,
libanesi e siriani, appartenenti a diversi eserciti con morti e
strazi inesorabili in campo avverso, restano fratelli drusi. La loro
religione non ammette proseliti, il loro destino è una chiusa ruota
di eternità , un tutt’ uno:
sapeste troppo sorride el Mansur vorreste entrare tutti a far
parte della nostra comunità . Ma la porta è chiusa. Ci dispiace
per voi. Fiamma Nirenstein