VESCOVI E MATRIMONI MISTI AMORE E ISLAM
giovedì 3 febbraio 2000 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
VIENE dalla Chiesa una vera sventola diretta e dura nel Paese del 
Buonismo, 
realista nel Paese dei Balocchi: la Cei dichiara che è meglio evitare 
di 
concedere le proprie parrocchie per riunioni di preghiera ai 
musulmani 
(circa 650 mila in Italia) e che bisogna ben valutare prima di 
concedere la 
dispensa per celebrare matrimoni misti (circa 12 mila celebrati col 
rito 
civile nel '99). Inoltre lancia una campagna di evangelizzazione dei 
musulmani. 
In realtà , i luoghi in cui i musulmani costruiscono occasioni di 
incontro e 
preghiera spesso vengono sussunti indelebilmente alla famiglia 
islamica, che 
considera volontà di Dio la propria sovranità ideale e religiosa. Il 
Saladino quando prese Gerusalemme rifiutò graziosamente di pregare al 
Santo 
Sepolcro per non trasformarlo automaticamente in una Moschea. Ma 
certo la 
frequentazione di altre fedi in luoghi di immigrazione ha reso 
malleabile 
questa usanza. 
Quanto al matrimonio, la circospezione dei vescovi è giustificata: 
nella 
stragrande maggioranza dei casi sono le donne a convertirsi 
all’ Islam, 
oppure, se restano nella loro fede, a impegnarsi a crescere il figlio 
nella 
fede del marito: così vuole la sharia. E, al di là del costume del 
rapporto 
di coppia, ci sono leggi inaccettabili per la donna cristiana nella 
fede del 
marito: egli resta comunque il capo famiglia cui sono affidate 
ultimativamente le scelte basilari (salvo specifici accordi fra le 
parti): 
l'Islam permette la poligamia per l'uomo (non per la donna) e il 
ripudio. La 
legge italiana può essere tranquillamente sbeffeggiata da 
trasferimenti 
all'estero o uso di sedi diplomatiche straniere. Inoltre, secondo la 
sharia, 
i figli, per il principio che un musulmano non deve mai sottostare a 
un'altra religione, restano sempre sotto la tutela del genitore 
appartenente 
all'Islam. 
Tutti questi principi, anche se certo nel mondo dell'immigrazione si 
va 
disegnando - specie fra i cittadini musulmani asiatici - una maggiore 
morbidezza interpretativa, pure rappresentano capisaldi 
irrinunciabili di 
quella che è a sua volta una colonna della fede: un rapporto 
uomo-donna 
molto diverso da quello a cui siamo affezionati nel mondo dei diritti 
umani, 
primo fra i quali la parità dei sessi. 
Ultimo punto: la evangelizzazione. La Chiesa ha molto sperato in 
passato che 
con il lavoro di accoglienza avrebbe conquistato il cuore musulmano. 
Non è 
stato così : l'Islam, con la sua fiducia nella purezza, vede 
l'Occidente 
comunque si comporti come un mondo impuro e pieno di illusioni 
materialiste 
da rifiutare e combattere. La Chiesa ne è parte: inoltre il controllo 
sociale e la coesione nella società musulmana sono forti. Difficile 
che la 
Chiesa possa andare oltre qualche conversione isolata. Comunque, in 
tanta 
confusione sul tema dell'immigrazione, la sua parola l'ha detta. E 
tradotta 
in vita quotidiana suona: donne, attente, l'amore non è tutto. 
            