Fiamma Nirenstein Blog

Usa e Iran verso l'alleanza impossibile

domenica 15 giugno 2014 Il Giornale 4 commenti

Il Giornale, 15 giugno 2014

Il mondo come l'abbiamo conosciuto fino ad oggi sta tramontando definitivamente. Il segnale è paradossale: il presidente dell'Iran Rouhani propone una comune "lotta contro il terrorismo" agli Stati Uniti per battere l'ISIS sunnita e qaedista in Iraq. Il suo manto nero vuole mescolarsi con la bandiera a stelle e strisce per coinvolgere Obama in quella che per l'Iran sciita e la guerra più santa, quella contro i sunniti. L'epicentro è in Iraq: la guerra sta sciogliendo il confine dell'accordo segreto Sykes Picot del maggio 1916, in cui le potenze occidentali disegnavano sulle spoglie dell'Impero Ottomano il Medio Oriente, e si dividevano le aree di influenza. In realtà la rivoluzione khomeinista ha cominciato a tessere la sua mezzaluna sciita estesa dall'Iran all'Iraq, al Libano, alla Siria dal '79. Ma solo oggi siamo di fronte a una guerra per i confini, che inonda la zona di sangue e che l'Occidente non sa come maneggiare.
 
Non è affatto escluso, anzi a Washington se ne discute intensamente, che Obama nonostante la sua riottosità di fronte a qualsiasi intervento, non decida di accettare sottobanco la mano del Paese che chiama l'America"il Grande Satana" e che lascia la sua orma in ogni conflitto, in ogni movimento terrorista, e che viola tutti i diritti umani.Come è possibile che questo succeda? In Iraq negli ultimi giorni, l'ISIS il gruppo sunnita connesso a Al Qaeda assedia il governo di al Maliki nel nord e nel centro dell'Iraq, ha conquistato la grande città di Mosul, e si avvicina a Baghdad da Baijy e Tikrit, mentre Kirkuk è abbandonata ai Curdi dall'esercito male armato e terrorizzato. Non è estraneo alla sua rovina il precipitoso abbandono degli americani, oggi obbligati a ripensare la loro strategia. Il confine fra Iraq e Siria è ormai un terreno di collegamento fra le milizia sunnite qaediste della Siria e dell'Iraq. Almeno tre battaglioni delle Forze Quds, l'élite delle Guardia Rivoluzionaria iraniane, sono in Iraq per aiutare al Maliki nella guerra contro lo "Stato Islamico dell'Iraq".

Con gli sciiti, gli Hezbollah e Bashar Assad, per ora in controllo della situazione in Siria. Soprattutto, il famoso generale iraniano Qasem Sulaimani, comandante delle forze Quds, una delle figure militari più forti della regione si trova ora a Baghdad per aiutare il governo. Sulaimani conosce bene il terreno: nella guerra contro l'Iraq era già al fronte e negli anni la sua politica ideologica per un Islam sciita in espansione ha influenzato il suo Paese. L'aspetto religioso del conflitto è fondamentale, si tratta anche del controllo delle città sacre agli sciiti di Karbala e Najab.Dunque Obama è nei guai per l'ennesima volta, e di nuovo per aver compiuto delle scelte eccessive e minimaliste nello stesso tempo: all'inizio, nel 2009, il primo ministro al Maliki era legittimato non solo dalla parte sciita, ma era vissuto dai sunniti come un uomo di mediazione.

La calma fu interpretata da Obama come una legittimazione a pianificare il suo sgombero nel 2010 e nel 2011, e non ha cercato di intervenire quando al Maliki si è trasformato nell'uomo forte della parte sciita, con decisi rapporti con l'Iran. Obama aveva allora 100mila uomini in Iraq, ma era determinato a tenersi fuori: e la situazione è scivolata verso il caos, alimentata dallo scontro nella confinante Siria. Adesso l'Iran ha un alleato vincente, Assad, e l'altro, al Maliki, che chiede aiuto. Anche l'America pensa che si debba fermare la valanga qaedista con cui ha una storia personale. Ma c'è un limite alle alleanze spurie, e in questi caso non si può fare a meno di pensare che esse verrebbero pagate con la moneta di un accordo sul nucleare iraniano.

 Lascia il tuo commento

Silvio Riva , MILANO - ITALIA
 lunedì 16 giugno 2014  08:16:23

Cara Fiamma,il principio "il nemico del mio nemico è mio amico" non è nuovo, e può essere anche tatticamente valido, ma si deve valutare il bilancio costi/benefici nel medio-lungo termine.Abbiamo Al-Qaeda ben radicato in Afganistan/Pakistan coi Talebani, con cellule autonome in vari Paesi.In Iraq collegate ai sunniti.In Siria collegate ai ribelli anti-Assad.Poi la contrapposizione fra islamici sciiti e sunniti (ma comunque anti-Israele e anti-cristiani).Gli sciiti iraniani e gli U.S.A. potrebbero anche riuscire a liberare l'Iraq, ma non risolverebbero il problema alla radice, dal nostro punto di vista.Per contro si realizzerebbe la saldatura dell'Islam sciita in Medio Oriente, con notevole aumento di risorse energetiche e relativo potere economico/politico.Gli U.S.A. hanno sostenuto gli afgani contro i russi, e quindi anche Osama Bin Laden: i russi sono stati sconfitti, ma Bin Laden è rimasto....Hanno anche sostenuto Saddam Hussein contro l'Iran di Homeini, con scarsi vantaggi a giro lungo. Seguita poi dalla "brillante" idea di eliminarlo.Certamente un dittatore criminale in meno, ma un "buco nero" geo-politico in più. E le riserve di petrolio "ereditate" dagli sciiti.Ai margini, per ora, ci sono Turchia, Egitto e Siria (a breve interessata dall'eliminazione di Al Qaeda e ribelli dal suo territorio).Assad, grazie anche alla presa di posizione russa, non ha fatto la fine di Saddam (e, anche se in altra zona, di Gheddafi, ma con meccanismi politico-militari analoghi).E' notevole il fatto che Israele non ceda a crisi di nervi, pur stando in mezzo a questo gigantesco casino. Tanto è vero che lì si continua ad arrivare e non ad andare via.



Ferrucio , mantova
 domenica 15 giugno 2014  19:59:33

Era senz altro più facile governare il mondo quando ,grazie a yalta, le superpotenze avevano stabilito la propria zona d'influenza all'interno della quale era loro competenza il mantenimento della pace. Dopo la caduta del muro di berlino è diventato tutto più complicato ,quasi ingestibile.L'America sembra un gigante ubriaco che non sa dove andare.Colpa di Obama?del suo staff? certo che questa sua debolezza rischia di destabilizzare un mondo già abbastanza nel caos. Essenziale sarebbe un accordo America-Russia-Cina ,una nuova Yalta.L'America altrimenti farà la fine di un cinghiale circondato ed assalito contemporaneamente da una muta di cani. l'europa è un vaso di coccio in mezzo a vasi di ferro, si muova cautamente e pensi a ciò che conviene-



maria rosaria gambardella , L'Aja Paesi Bassi
 domenica 15 giugno 2014  13:55:36

Se gli Americani tornano al realismo dopo le follie dei neo-con, lo ritengo utile. Le Sue preoccupazioni su chi pagherà il prezzo, le comprendo. Penso che pur davanti ad un Islam divenuto intollerante e aggressivo, l’immensa superiorità tecnologica dell’America e la forza degli eserciti europei (quando scendono sul terreno gli amici americani diventano meno venusiani e l’Europa, a differenza di quello che pensano molti israeliani non è dimentica delle sue responsabilità storiche) dovrebbero rassicurare. Tuttavia la pace con i palestinesi la deve fare Israele, nessuno la può fare al posto suo. Forse al momento è impossibile, tuttavia Arafat non era antisemita e la propaganda anti-israeliana nei Paesi arabi si colora di grotteschi contenuti di infausta memoria europea, segnale credo che non hanno una propria storia di per se antisemita. La guerra tra israeliani e palestinesi è una guerra per la terra ed è probabile che la maggior parte dei palestinesi non abbia nulla contro gli Ebrei in quanto tali, certamente molto di meno degli antisemiti europei. Certo se il conflitto si colora di un carattere religioso le conseguenze sarebbero terribili. A meno che questo sia già avvenuto ed io non lo veda. Allora dovremmo chiederci come si è arrivati a questo punto.



laura Camis de Fonseca , torino
 domenica 15 giugno 2014  13:25:33

La politica di Obama ha ottenuto un successo, dal punto di vista americano: ora gli USA non sono più i gendarmi o i protettori del Medio Oriente, contro cui tutti si ribellano e che tutti ostacolano, come fanno i bimbi riottosi con i genitori. Ora sono le potenze regionali a dichiarare di aver bisogno del loro aiuto, a corteggiarli, a venire a patti. Tutti gli equilibri e le alleanze sono in discussione, tutti i giochi sono di nuovo teoricamente possibili. Gli USA si impegneranno soltanto il minimo necessario per impedire all'una o all'altra parte di trionfare, di rafforzarsi troppo, anche trasferendo il proprio appoggio ora sull'uno ora sull'altro piatto della bilancia. Sono finiti gli schieramenti chiari e certi, quasi automatici. Si torna alla politica americana pre-bellica, quella cui Churchill alludeva dicendo che gli Americani fanno sempre la cosa giusta, after having exausted all options. In Israele credo che i capi politici lo abbiano capito e stiano ragionando su come essere a loro volta flessibili e adattabili, e saper giocare su più tavoli contemporaneamente. C'è soltanto da sperare che siano molto abili - come sempre gli israeliani hanno saputo essere - e molto fortunati. Insomma, siamo nelle mani di Dio, direi da vecchia agnostica laica quale sono.Un abbraccio, con stima ed affetto Laura



Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.