Urlano le sirene, tutti sull'attenti per la Nakba, come per la Shoah
venerdì 15 maggio 1998 La Stampa 0 commenti
TEL AVIV
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Probabilmente secondo Arafat, la grande "marcia del milione" in
nome della Nakba palestinese avrebbe dovuto essere soltanto un
forte elemento di pressione politica sulle trattative di pace in
corso a Washington; e anche, forse, una mano movimentista tesa
verso Hamas per tenerlo tranquillo. Infatti le sue dichiarazioni di
ieri, anche se forti e agguerrite, sono state di stampo piuttosto
classico: "Reclamiamo i nostri diritti, il diritto al ritorno,
quello a una pace giusta in Gerusalemme Est che deve divenire la
capitale del futuro Stato Palestinese"; e il poeta Mahmud Darwish
ha ripetuto alla tv palestinese la formula classica del diritto del
suo popolo alla sovranità e all'indipendenza.
Ma in realtà Arafat ha ignorato, mentre in questi giorni i
giornali propagandavano e ripetevano all'infinito la formula della
Nakba, che le parole sono pietre, e in questo caso mai formula fu
più letterale.
Dunque, Nakba vuol dire sciagura. Ma vuol dire anche qualcosa di
più forte: vuol dire Olocausto. Anzi, è proprio la stessa parola.
Il suggerimento è chiaro: come agli ebrei fu data l'ultima spinta
per costruire il loro Stato nel 1948 dalla Shoah che stava alle
loro spalle, anche lo Stato palestinese deve finalmente nascere in
omaggio alla sofferenza del suo popolo. Intorno a questa parola,
proprio nelle ore in cui Israele festeggia i suoi cinquant'anni,
l'Autonomia Palestinese, e non a caso nella sua parte più addentro
le istituzioni culturali, ha creato un insieme di eventi senza
precedenti: film, spettacoli, conferenze, narrazioni e
testimonianze raccolte sui vari episodi del 1948, sull'evacuazione
dei villaggi palestinesi, sulla fuga di fronte agli ebrei, o
sull'abbandono del territorio israeliano dopo il messaggio
bellicoso degli Stati arabi.
Comunque siano andate le cose, per i palestinesi ci fu certamente
una Nakba e di certo non è da poco il pasticcio concettuale che si
è creato nel gestire i colloqui di pace. Per loro natura questi
colloqui sono sempre cauti, parziali, rispettosi del carattere
minimale dei giochi politici. Si è fatta una bandiera di un
concetto totalizzante, che lascia pochi spazi alla fantasia: quando
si dice Olocausto, disastro, sciagura, questo suggerisce a sua
volta soluzioni totalizzanti, odii inveterati, del genere
precedente agli accordi di Oslo. Tanto più impressionante è
questa confusione perché a farla nascere, come tante ispirazioni
nella nazione palestinese, è stata proprio Israele in prima
persona, e mai tanto come adesso. Esiste ormai da alcuni anni una
scuola storica israeliana detta "revisionista" il cui leader è il
professor Benny Morris dell'Università di Beersheba: il professore
ha studiato in tutti gli archivi britannici, insieme con molti suoi
allievi, per dimostrare che l'espulsione araba da parte israeliana
fu molto più massiccia di quanto gli ebrei non abbiano mai voluto
ammettere, e che l'evacuazione di certi villaggi situati in punti
strategici fu pianificata, e non si pose il problema di risparmiare
la popolazione civile.
Questa tesi è ormai passata nella vulgata ed è stata un'enorme
materia di rinnovamento culturale. È diventata popolare attraverso
il serial televisivo Tkuma, Rinascita, del canale statale della tv.
In questo serial il cinquantenario d'Israele è stato in sostanza
ricordato legittimando in pieno la Nakba palestinese: anzi una
delle puntate, la più discussa, era proprio intitolata così .
Quello che è successo ieri è che il Disastro che i palestinesi
hanno tutto il diritto di lamentare, è apparso come l'unica
modalità del rapporto israeliano-palestinese: una visione molto
riduttiva, dato che questo rapporto è anche in momenti di
difficoltà come quello ingenerato da Netanyahu, più articolato,
migliore assai di come lo vorrebbe Hamas. Era interessante e
toccante la scena dell'apertura della giornata della Nakba: con la
sirena, sull'attenti, in silenzio, proprio in maniera identica al
modo in cui gli ebrei ricordano i loro morti nel giorno della
memoria della Shoah.
Fiamma Nirenstein