UNITI DALLA MUSICA
venerdì 2 luglio 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
DIO ama Gerusalemme, e la riempie di doni» , dice la Scrittura: se
poi
questa grande dama selvaggia e capricciosa, vecchia di tremila anni,
sappia
meritarli, è ben lecito chiederselo. Adesso che Riccardo Muti ha
eseguito
ieri sera con dono sublime la Messa da Requiem di Giuseppe Verdi, un
altro
Re Magio si è accostato alla sua terribile grazia per invitarla a più
miti
consigli, alla pace. Gerusalemme, che era preparata per mesi a questo
appuntamento: ha mobilitato tutte le sue forze: ed ha accolto
l’ Orchestra
della Scala eccitatissima, agghindata. C’ erano tutti: i politici, gli
intellettuali, i generali dell’ Esercito israeliano, i palestinesi, i
grandi
preti delle confessioni cristiane. Tutti quanti si sono cullati nella
musicoterapia di Muti per sognare la pace. Muti era il giusto mago
per
questa impresa impossibile: bellissimo, italiano, pallido e stanco ma
perfetto sul podio della Brihat Ha Sultan, sotto le mura che sono
state
espugnate 18 volte, nel sangue, dai più svariati conquistatori.
Gerusalemme è impastata di suono, il suono è il suo unico porto
franco; è
una spugna di risonanze che l’ hanno sempre accarezzata, sin dai tempi
del re
David che suonava, non a caso, l’ arpa, nei millenni. Gli
organizzatori del
concerto, i musicisti non avrebbero potuto scegliere terreno più
fertile per
tentare un suggerimento di pace tramite la musica. Qui tutto canta da
solo
la sua musica composita, a cavallo fra Oriente e Occidente. Non c’ è
ebreo
che si sente infastidito quando canta il muezzin, non c’ è musulmano
che non
apprezzi la nenia ebraica della preghiera, non c’ è nessuno che non
ami le
campane e la messa cantata. Anzi, ultimamente la musica sacra
cristiana è
particolarmente richiesta ad ogni concerto. E intanto nella città
moderna la
musica orientale araba incessantemente si mescola dalle finestre con
quella
degli ebrei, dalle radio, dalle automobili, si intrecciano le note
occidentali ed orientali. La musica non si odia a Gerusalemme, anzi,
propone
sempre un abbraccio.
Ed ecco l’ abbraccio italiano: Giuseppe Verdi ieri sera sulla città
santa ha
fatto cadere una pioggia d’ oro di forza immane. I versi della Bibbia
hanno
reso familiare la poderosa fantasia di libertà che domina il nostro
grande
compositore. La musica è così caduta familiare sul mondo che venera
la
Bibbia, ma che tanto spesso ha preferito lo scontro alla parola.
La valle sotto la città vecchia è ornata da antiche ville arabe; in
una di
esse abita André Chouraqui, il grande commentatore ebreo della Bibbia
che ha
scritto l’ unico commento buono per tutti e tre i monoteismi. Ieri
sera le
note del Requiem sono volate fino alle sue finestre fatte ad arco. La
fiducia del vecchio saggio nella pace, anche nei momenti più
terribili, è
sempre stata incrollabile. Le tre religioni hanno fatto con lo stesso
Padreterno, dice lui, un patto universale. Possono fingere di
prescinderne,
ma alla fine Dio le obbligherà a rispettarlo. La musica di Verdi, in
fondo
dà lo stesso messaggio: l’ uomo, comunque si comporti, è destinato
alla pace,
quella umana, non quella eterna. Muti ha portato il suo dono, senza
paura
del grande deserto che confina con Gerusalemme.