Una città sovrastata dalle memorie, contesa fra tre religioni, dove g li uomini sono resi più aggressivi e intolleranti: in nome del sacro GERUSALEMM E il peso di DIO
sabato 30 settembre 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME GERUSALEMME è una città di porto sulla sponda
dell'eternità / Il Monte del Tempio è un'immensa nave / Un
transatlantico di lusso; dagli oblò del Muro del Pianto / Allegri
santi viaggiatori si affacciano. Sul molo i hassidim / salutano:
"Addio, addio hurrah!" / Sempre arriva, sempre parte. (...) / Lo
shofar suona: un'altra barca è partita... / E il commercio, e le
porte, e le mura, e i templi dorati / Gerusalemme è la Venezia di
Dio. Sì , sorride Yehuda Amichai, il più famoso dei poeti
israeliani, è un grande mistero questo destino sacro, ma è così ;
Gerusalemme non è la città più bella, non è la più alta, non ha
monumenti eccezionali. Eppure è la Venezia di Dio, la perla della
corona, uno dei centri della storia del mondo. È stata per secoli un
piccolo villaggio in bilico fra il deserto e il mare, percorsa da
predoni, razziata e però idolatrata da ebrei, cristiani e musulmani.
Abbandonata, ripresa, decine di volte. Ornata dai due templi più
prestigiosi dell'antichità , quello di David e quello di Salomone,
per due volte rasi al suolo. Ma non è mai morta. Sempre è
risuscitata carica di Dio. Amichai comprò nel 1967 una casa a Yemin
Moshé , il quartiere che contempla senza tregua la santità della
città vecchia. Da lì si sentono risuonare di continuo canti, e
campane, e singhiozzi di muezzin. Ogni momento Amichai pensa di
andarsene:
fare i conti tutti i giorni, un mistero che affatica. Perché il peso
di Dio è un peso morale, politico, una sfida metafisica che invece
di ispirare prosciuga. Che invece di pacificare mette in uno stato di
continua tensione. Chi ha mai detto che Gerusalemme è una città di
pace? Che è un pegno di pace che Dio ha dato agli uomini?
Gerusalemme non è affatto un pegno di pace, piuttosto il pomo della
discordia che, invece di rendere gli uomini più pacifici e gentili,
li rende più aggressivi e intolleranti in nome di Dio. È stato
sempre così .
perché i miei ci vennero dalla Germania sessant'anni fa, una
famiglia molto religiosa. Ciò che apprezzo, qui, è che, benché
ogni sasso porti l'orma di re Salomone o di Maometto, pure la città
vive, non è un museo. Il presente di Gerusalemme mi piace assai più
del suo passato. Vivo qui cercando di esorcizzare il peso di Dio con
un po' d'umorismo e con l'ironia che percepisco quando vedo in giro
quelle commoventi figure di religiosi tutti neri, così antipatici e
in fondo così patetici. Prendere una distanza dal Sacro,
esorcizzare il suo peso e il suo fascino: l'atteggiamento di Amichai
è comune a molta parte dell'intelligencija ebraica. Quasi l'intera
sinistra politica intellettuale, valga per tutti l'esempio di Yitzhak
Rabin o quello, nella generazione di quarantenni, di Uri Savir, il
primo firmatario della pace con i palestinesi, preferiscono un
defatigante pendolarismo quotidiano a una vita santificata dall'aria
gerosolimitana. Se gli chiedi perché , la risposta è rapida,
stizzita e senza remissione: ci sono troppi religiosi, troppo Dio,
non capisci? Troppa cerimonialità , simboli, conflitto: vediamo bene
come finisce questa celebrazione del Trimillennio, soltanto
un'occasione per le tre religioni di attaccarsi, per gli arabi e gli
ebrei di esigere brandelli di paternità del sacro suolo. Abraham B.
Yehoshua - il maggiore romanziere israeliano, proveniente da una
famiglia gerosolimitana sefardita di otto generazioni - dopo la
guerra del '67, ovvero dopo che il simbolismo religioso ebraico, con
l'unificazione della città e la conquista del Muro del Pianto e dei
quartieri orientali era salito alle stelle, preferì trasferirsi a
Haifa:
andare in Eretz Israel. Volevo vivere in Israele, e non a
Gerusalemme. Gerusalemme non è la vera Israele, quella laica, quella
dove gli ebrei diventano nel bene e nel male un autentico popolo.
Dove esiste il futuro, si sviluppa l'industria, si può parlare di
vita quotidiana, di politica, di amore, di danaro, senza infrangere
l'aura celeste. Gerusalemme è tutta un simbolo, e tu stesso,
vivendoci dentro, diventi un simbolo ambulante, diventi parte del
paesaggio divino. Nella piccolissima, ristretta cerchia delle mura
della Città Vecchia c'è un concentrato di pietre che tutti
reclamano, che esigono più vita degli esseri umani viventi stessi, e
stanno rinchiuse dentro un'altra cerchia di pietre tombali. Come si
può scrivere qui? Gerusalemme è sempre ricordata nei miei romanzi;
ma preferisco scriverne da lontano, senza subirne il peso. Dice lo
Zohar, il Libro dei mistici:
stava per creare il mondo, staccò una preziosa pietra da sotto il
suo Trono di Gloria e lo gettò negli abissi. Una parte vi rimase
sommersa, mentre la punta emerse, alta. Da qui ebbe inizio il mondo,
che poi si è espanso a destra e a manca, e in tutte le direzioni. In
ebraico questa pietra è detta shetiyah, il Fondamento. L'espansione
della terra si completò nella forma di tre anelli concentrici. Il
secondo anello comprende la terra d'Israele, la terra dichiarata
Santa. Il terzo anello è il resto della terra, il luogo dove vivono
tutte le altre nazioni, e il grande oceano che le circonda. Ora,
questo punto intorno a cui ruota tutto il mondo, questa pietra eterna
di fondazione, questa parte del trono di Dio, nient'altro è che il
fondamento di Gerusalemme. Chi vuol vedere la pietra di Dio, chi la
vuole toccare con le sue mani, non ha che da visitare la moschea che
sorge sulla spianata della moschea di Omar, ex spianata del tempio.
Intorno i musulmani vi hanno costruito pilastri e archi, ma prima
ancora ce li avevano costruiti gli ebrei, dato che quella spianata da
cui poi Maometto s'involò con il suo cavallo altro non è se non
l'area in cui sorse il Primo e poi il Secondo tempio, distrutto dai
romani nel 70 d. C. Si dice che dalla Pietra di Fondazione Dio prese
personalmente le due tavole su cui Mosè ricevette i Dieci
Comandamenti. Mentre il re David scavava per costruire il Primo
Tempio, sempre nella stessa zona, trovò un pezzo di sasso con il
nome di Dio inciso, rivelato, scritto dal dito divino. David lo
nascose; ma lo scoprì di nuovo, un giorno lontano, Gesù Cristo, che
dalla Galilea era sceso a Gerusalemme per visitare il tempio. Gesù
trovò la sacra pietra, lesse il nome di Dio, e da lì trasse la
forza per compiere tutti i suoi miracoli. Lo dimenticò , lo ricordò
di nuovo, e conquistò la sua divinità in virtù di un sasso di
Gerusalemme. Ogni pietra ha un ruolo da protagonista nella storia di
questa piccola città , ed è come se la forza della memoria e della
leggenda fosse infinitamente più attiva che altrove. Basta pensare
che il nove di Av, la ricorrenza della distruzione del tempio, gli
ebrei religiosi singhiozzano buttati per terra davanti al Muro del
Pianto come se il disastro fosse avvenuto il giorno avanti.
L'autorità civile qui conta poco rispetto a quella religiosa: guai a
cercare di scavare alla ricerca di resti archeologici per quanto
preziosi. La Torah lo proibisce se vi sono morti sotterrati nei
dintorni. E ancora: guai a pensare di aprire la Porta della
Misericordia murata ma evidentissima, incastonata fra le pietre a Est
della spianata: poiché è quella da cui entrerà il Messia, e solo
lui ha diritto di aprirla. E per i musulmani, comunque, meglio
tenerla chiusa, nella preoccupazione che il Messia vi entri a capo di
una moltitudine di ebrei, pericolosi anche nel giorno del giudizio.
, ha scritto nelle
sue poesie Amichai. E gli fa eco Meir Shalev, lo scrittore più amato
dalla giovane generazione, che a dodici anni venne qui con la sua
famiglia dal villaggio di Nahalal dov'è nato nel 1948. È l'unica
città dove in Consiglio comunale, invece dei rappresentanti eletti
dal popolo, siedono Mosè , Gesù Cristo e Maometto. E ciascuno si
batte per il suo possesso. Il possesso, tutto il contrario di quello
che è il rapporto più antico degli ebrei con Gerusalemme. La città
è diventata una collezione di oggetti divini da strapparsi all'asta
della storia, e anche una scusa per le proprie ambizioni politiche.
Le statistiche dicono che nel 2010 il 40% degli abitanti di
Gerusalemme saranno ebrei religiosi. Intanto cresce il
fondamentalismo islamico. Si profila - a lato della guerra religiosa,
in cui anche i cattolici affilano le armi - un'autentica battaglia
politica, che potrebbe farne il teatro di una nuova santissima
Intifada. Ma chissà : a Gerusalemme cambiare di mano importa poco, il
vero padrone è solo il Padreterno. Ma da dove viene tutto questo
afflato mistico? Perché proprio su questa collina alta meno di mille
metri doveva posarsi tanto spirito santo Scendiamo al piano, a Tel
Aviv, per guardare Gerusalemme in prospettiva, per parlare con il
maggior commediografo israeliano, Yehoshua Sobol, un cinquantenne ex
membro di un kibbutz, l'iconoclasta autore di Ghetto, un ateo
completo affascinato più dal tema del fanatismo che da quello della
religione:
Gerusalemme. In ogni caso ci vado molto spesso, ogni due settimane;
ma dopo il 1967, per molti anni non mi sono sentito di entrare in
Città Vecchia, mi pareva che calpestassimo le pietre dei musulmani
senza nessuna sensibilità . Gerusalemme fa diventare pazza la gente:
accadde già ai tempi in cui la follia degli zeloti consegnò di
fatto la città in mano ai romani. E sempre, anche oggi, si ripete la
stessa dinamica psicologica: per far scendere la Gerusalemme celeste,
per fare avvicinare Dio, la Gerusalemme terrestre fa di tutto per
autodistruggersi. Ma che risponde una mente laica al mistero di
Gerusalemme? , dice Sobol. E ricorda una gita in
compagnia di un'amica francese, che fu colta da un raptus quando
insieme tornarono dal Mar Morto su in alto, a Gerusalemme. Prima
erano affondati nel calore immobile della depressione marina. Poi,
d'un tratto, il fresco miracoloso, le cupole, i campanili, il verde
della foresta e, in lontananza, il Mediterraneo. Il verde è più
verde dopo il giallo, il fresco è incredibile dopo il calore
immobile. Il monte è più monte, il piano è più piano. E la
memoria si stende su tutto: perché dal monte, sempre, ricorda Sobol,
il popolo guerriero attendeva che il popolo del piano s'indebolisse,
si corrompesse per assalirlo, vincerlo, guadagnare l'accesso al mare
e il possesso del fertile piano. Se non ci riusciva, il popolo della
montagna, il popolo gerosolimitano veniva ricacciato nel deserto, e
la sua cittadella veniva occupata dal nemico. Gerusalemme era ed è
la cittadella di Dio posta all'incrocio fra tutti i climi. Posta
all'incrocio fra la sconfitta e la vittoria, fra l'Oriente e
l'Occidente, fra Dio e le passioni degli uomini. Fiamma Nirenstein