Fiamma Nirenstein Blog

UN SECOLO IN FAMIGLIA Torinesi, discendenti da uno stracciaiolo, un poco snob hanno trovato nelle Idee l’ abito elegante della loro vita I FOA Reg ina Coeli e tailleur

giovedì 18 novembre 1999 La Stampa 1 commento
Fiamma Nirenstein ROMA QUANDO la signora Lelia Foa, nata Della Torre, andava a Roma da Torino a trovare il figlio Vittorio rinchiuso nel carcere di Regina Coeli per cospirazione, si vestiva elegante; quando scendeva dal treno la venivano a prendere i cugini francesi Samy e Marise. « Ci portavano a dormire a Villa Medici - raccontava la madre al figlio liberato nell'agosto del '43 - pensa, all'Accademia di Francia, e una volta anche a Palazzo Farnese. Giravamo con loro per Roma, e poi andavamo da Piperno a mangiare le fettuccine al doppio burro. Ah, che bei tempi, che bei tempi» . « Ma come, mamma, che bei tempi - diceva Vittorio - voi venivate a trovarmi in prigione» . « Ah, è vero, rispondeva la signora, che brutti tempi» . Eppure, anche Vittorio oggi pensa che quegli otto anni nel carcere fascista, in cui ci si destreggiava in tanti in una sola cella fra bugliolo e brandine, e si mangiavano zuppe immonde, e gli ebrei come lui temevano per la propria vita e per quella dei propri cari poiché imperversavano le leggi razziali, furono belli; c'erano i compagni, i libri, il Progetto. Magico potere delle idee: tutta la famiglia Foa è un'epitome di quel legame magico, sapiente di filosofia ed etica e anche snobistico che ha legato la borghesia alla sinistra, e così facendo l'ha resa lungamente egemone sulla cultura italiana. Egemone nei pensieri, nei modi sdegnosi, nell'ironia, nell'understatement, nella capziosità dei ragionamenti: i Foa parlano con voce bassa, gli inglesi direbbero « tongue in cheek» ,nascondono un sorriso sotto i baffi, hanno un'aria di umile superiorità , sanno usare l'ironia anche verso se stessi. La vaghezza di Lelia, l’ affascinante nonna che Anna, Renzo e Bettina, figli di Vittorio e di Lisa hanno goduto nella casa di Diano Marina quando erano ragazzini, è un'eredità irrinunciabile: noblesse oblige… Renzo non si ricorda se l'ultima volta che votò al Consiglio Nazionale del Pci, ed era subito dopo la rottura di Occhetto nel ‘ 94, fu a favore di D'Alema o di Veltroni; Anna sorride del fatto che nel ‘ 62 fu espulsa dal Pci perché voleva ingaggiare uno scontro fisico con i fascisti; Vittorio diventa seraficamente dubitoso alla domanda se sia un buon padre: « La bontà dei miei genitori ha consistito nella loro determinazione a non colpevolizzarmi mai... ma io no, io non credo di essere stato un buon padre» . Non lo sa ancora, e se lo permette, adorato com'è , e forte quasi a novant'anni di quel privilegio etnico che hanno gli ebrei della famiglia unita comunque, anche se divisa. Nella loro aristocratica vaghezza sulla vita, quello su cui i Foa sono precisi è l'Empireo, il mondo delle idee. Il nonno materno di Vittorio, da cui egli prende il nome, era fratello della nonna di Primo Levi, e gli era fratello il nonno dello storico Giovanni Levi e del pittore Stefano Levi Della Torre, e un nonno degli Ortona di Torino e uno dei Momigliano di Milano... Vittorio era diventato quasi un nome ebraico in onore di casa Savoia, i re amici degli ebrei. Un fratello di Vittorio, Natale, è certo stato una figura archetipica in casa Foa: « Pensava solo ai poveri: stampava un giornale dal nome La miseria. Andò di arresto in arresto finché fuggi in Francia e tornò solo per portarsi via in sposa una trovatella malata. Da parte paterna, la stirpe comincia con un cenciaiolo, Moise Foa, che evidentemente riesce ad emanciparsi rapidamente se suo figlio, il nonno di Foa, Giuseppe, fu un eminente rabbino, che Umberto Terracini ricordava con molto rispetto. « Con tutto ciò - dice Foa - per me l'ebraismo era una consuetudine. Mia madre parlava del nonno rabbino con ironia, si ricordava che quando nacque mia sorella Anna entrò in clinica dicendo “ Veuille bin l'istess” dato che era una femmina. Mio padre ci fece fare il bar mitzva, ma poi, io mi sono sentito un cittadino italiano di origine ebraica. Però per Israele ho sempre avuto sentimenti affettuosi, e spesso ho sentito come in certe critiche dei comunisti ci fosse un elemento antisemita» . I fratelli Foa sono tre: Anna del 1908 che vive negli Stati Uniti dove ha insegnato letteratura italiana; Beppe, ormai scomparso, ingegnere areonautico geniale, anche lui emigrato durante gli anni del fascismo; e il più piccolo Vittorio, molto torinese ma anche romano dal dopoguerra. Tutti e tre crescono sapendo che per esistere bisogna studiare, discutere, apprendere senza sosta. Vittorio al liceo Massimo D'Azeglio conta fra i suoi insegnati Augusto Monti, che poi fu condannato dal Tribunale Speciale insieme a lui nel 1936. La biblioteca era affidata, come vice direttore, a Leone Ginzburg, anche lui fondatore, come Vittorio e altri ebrei torinesi, di Giustizia e Libertà e rinchiuso in cella, poi, con Vittorio. Torino è uno scenario ideale per l'educazione della borghesia di sinistra: un modello di Stato assoluto, di separazione fra le classi, come dice Vittorio, ma passata ormai dal Palazzo alla Grande Fabbrica; un modello sabaudo che si riproduce nella società industriale. Torino colta e ebraica per caso, città col birignao, ostentatrice di semplicità , ma veramente regale; Anna, giovane bella e ignara delle persecuzioni alla porta, percorreva in bicicletta le strade diritte; incontra il marito Davide Jona con cui si avventurerà per disperazione e per speranza verso l'America, dove vive ancora. Torino è la culla del mondo giovanile ebraico di sinistra, che, anzi, è la sinistra antifascista. I ragazzi delle migliori famiglie (Segre, Levi, Ginzburg, Foa) vengono arrestati tutti insieme come fosse una norma di ammissione a un collegio bene. Torino: la amava Beppe, il fratello di mezzo che voleva restarne parte a tutti i costi, fascismo o no; avrebbe voluto rimanere un borghese, com'era con la sua fede nel progresso scientifico, un ingegnere che lavora per la Piaggio e inventa un aereo che può battere tutti i record di volo: quelle cose che facevano impazzire il Duce. E infatti l'aereo venne prodotto e inaugurato in pompa magna, ma Beppe, non fu invitato alla cerimonia. Sulla fusoliera gli operai scrissero però P e F, Piaggio e Foa, per evocarne la presenza in beffa ai gerarchi. Ma Beppe Foa non ne può più , e dopo il « Manifesto degli scienziati razzisti» del 1939 parte per l'America mentre ormai in galera da quasi quattro anni Vittorio supplica anche i genitori di andarsene. Ma i genitori restano ad aspettarlo, mentre Vittorio in carcere deperisce, gonfia, soffre del morbo di Basedov, ma studia con gli altri carcerati, intellettuali par suo: Masimo Mila, Vindice Cavallera, Ernesto Rossi, Riccardo Bauer, Michele Giua. Le sue lettere di critica alle famosi tesi antimoderniste di Huizinga sulla « Crisi della civiltà » sono piene della scoperta dell'azione, del fare, dell'immergersi non solo nella visione economica di Marx, ma in quella del fluire della vita. Insomma, dopo Giustizia e Libertà Vittorio prende la strada del Psi, e poi del Pdup e poi dello Psiup, e anche in parte del Manifesto… Giovanissimo, è già un padre della Costituzione e della Patria repubblicana, che non gli basta così : la vuole socialista; il lavoro con i suoi meccanismi sconosciuti è il suo rompicapo, la passione che lo fa sindacalista. Anche oggi che si discute di nuovo sul nesso fra comunismo e libertà , lui sostiene l'autonomia della storia di una parte della sinistra rispetto al Pci, e ne difende l'aspetto libertario. Ma per I Foa la sinistra è genetica. Un gene in più , più puro, più radicale lo porta in famiglia la sposa che Vittorio sceglie subito dopo la fine del carcere: Lisetta Giua, figlia del suo compagno di carcere Michele, sorella di Renzo, esule con i fratelli Rosselli, martire della Resistenza. Se la ricordava dodicenne mentre lui le versava un bicchiere d'acqua; nel ‘ 43 aveva vent'anni. Fu arrestata mentre aspettava Anna dalla banda Koch, condivise con Foa la montagna e tutto il resto, politicamente sempre un passo più avanti. Lisa lavorava a Italia -Urss e poi con Togliatti a Rinascita; ha lavorato a suo tempo a Lotta Continua è stata la più disponibile al comunismo, anche se era troppo cristallina per non vederne i limiti che criticava apertamente. E’ stata sempre la più a sinistra, l’ anticonformista che rifiuta qualunque incarico all'Università di stato, ha avuto simpatie maoiste, ma anche per i dissidenti dei Paesi comunisti: « Da piccola - racconta Anna, la prima figlia della nuova generazione, nata quando cadevano le ultime bombe - la mamma portava me e i miei fratelli all'Aventino, dove ci leggeva Boccaccio, Chichibio e la gru. Ricordo la mamma spesso in tailleur, quando doveva uscire per le sue riunioni. Mio padre aveva le sue al sindacato, Renzo di poco più giovane di me, quelle della Fgci, io quelle dell'ala trotskista del Pci, Bettina cominciava ad interessarsi dell'elemento ispiratore della sua vita, la fame nel mondo, che l'ha portata a lavorare in Angola come economista della Cee» . I tre figli della famiglia Foa sono borghesi, filantropici in senso classico, di sinistra con ironia: « Mi sentirei ridicolo a definirmi altrimenti - dice Renzo che è stato direttore dell'Unità e oggi è condirettore di Liberal -. Ho fatto Nuova Generazione come redattore capo, quando a Ariccia Petruccioli propose di sciogliere la Fgci nel movimento. Ho occupato l'Università di Roma dopo la morte di Paolo Rossi; all'Unità sono entrato nel ‘ 69 e ho percorso l'intero cursus honoris. Sono stato vicedirettore quando D'Alema era direttore: siamo sempre andati d'accordo, anche se lui cercava di evitare di essere in ufficio quando Occhetto chiamava per protestare o impartire ordini di scuderia. Ho vissuto intera la storia di un partito che, come un essere umano nevrotico, evitava di affrontare i problemi raccontando a stesso la sua eccellenza, la sua “ diversità ” » . Renzo, padre di Lisa Seconda, 17 anni, somiglia a suo padre ma si vede che ha una tenerezza speciale per Lisa Prima, che chiama per nome: « Lisa è una compagna sempre fresca, anticonformista, molto piacevole. Cucina bene, ottimi flan di verdura, e ha sempre un libro da consigliare» . Di Renzo sono famosi due exploit giornalistici in particolare: il reportage dal Vietnam, dove intervistò Jap con cui fu fotografato per la « prima» del giornale: « Là capii che erano tutte balle quelle, correnti in Italia, dei buoni e dei cattivi; una guerra non ne ha, è solo un contenitore per follie e bugie, come racconta bene Apocalypse now» . E poi, l'intervista che restituì Dubcek alla politica dopo le scomuniche dei russi, il più clamoroso fra i gesti eretici di Renzo. « Non mi facevano scrivere di Medio Oriente. Io che dell'ebraismo non so nulla, penso che Israele è la cosa che di esso mi piace di più » . La famiglia Foa è radicale di natura; quindi, c'è chi invece oggi dell'ebraismo sa tutto, ed è Anna. Nel ‘ 62 era stata espulsa dal partito comunista come trotzkista, perché sosteneva lo scontro fisico con i « fasci» , creando gravi imbarazzi nella sua storica famiglia. Suo padre dice di lei che è identica alla mamma, come Bettina: « Donne che vanno fino in fondo» . Quand'era piccola qualche parente durante la solenne cena pasquale disse al vicino di tavolo: « Passa l’ acqua alla goya» ovvero alla non ebrea. Questo ricordo si è trasformato negli anni in un'onta da lavare: così Anna, sotto gli occhi perplessi della famiglia, ha affrontato un tribunale rabbinico e adesso è ebrea a tutti gli effetti. Ha anche scritto una ponderosa Storia degli ebrei d'Europa, oltre a altri libri. Insegna all'Università di Roma. Ha un figlio di 35 anni Andrea, che ha a sua volta 3 figlie. Ha accompagnato pochi anni fa suo padre nel suo primo viaggio in Israele, dialogando all'impazzata sul sionismo, sui Palestinesi, sugli ebrei. Lui era eccitato e contento. Anche Anna lo era, anche se lei è abituata ad andare e venire: in Israele risiede il suo compagno Kenneth Stow, storico anche lui.

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maria stella rollandi , genova/Italia
 sabato 26 gennaio 2008  23:34:32

L'articolo è acuto e divertente, ricco di elementi personali senza scadere nel pettegolezzo.Un ritratto di famiglia dalle molte sfaccettature.



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