Fiamma Nirenstein Blog

UN SECOLO IN FAMIGLIA Dalla provincia a Roma, ascesa di una dinastia tra furore creativo, religiosità e televisione i GIORDANI che il Papa c hiamò col tu

martedì 28 dicembre 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein ROMA SEBBENE Igino Giordani sia il protagonista della nostra storia, e forse proprio perché il figlio Brando lo racconta con la commozione del mortale davanti al soprannaturale, ci viene voglia di cominciare non dai santi ma dai briganti. Ovvero dal ricordo di Emo, bellissimo fratello di Ida, Geo, Isa, Isi, Leo, Ebe, Pia... e di un'altra mezza dozzina, ma soprattutto di Mya Ora Finiamola Salvati, moglie del grande Igino e quindi madre di Ildebrando. Dunque, Emo era una bomba di charme, che da Tivoli arrivava a Roma negli ultimi anni del fascismo a bordo di una Lancia Astura nera. La riempiva di giocattoli costosissimi e prima di andare ai suoi appuntamenti galanti passava in Prati dalla casa di Iginio, scaraventava una valanga di trenini elettrici, bambolone, modellini di aereoplani sui quattro fratellini Giordani, gli dava un bacio e ciao. Era ricchissimo, allegro. Un gran fascistone che aveva fatto fortuna come ingegnere per aver aggiustato la famosa Fontana dell'Organo di Tivoli. Tutto il contrario dell'ascetica, povera famiglia dello scrittore che è il vero capostipite dei Giordani, Iginio appunto, figlio di Mariano cattolico e antifascista. Il tratto vitalistico, tuttavia, e godereccio ha attecchito bene evidentemente, se Brando Giordani, inventore di Odeon, fondatore della TV italiana, dice di sé : « Io sarei stato molto portato a essere un teppista. E' stata la religiosità di mio padre unita però alla sua devozione per la libertà e alla vitalità della famiglia di mia madre che ha costruito il binario possibile perché diventassi una persona perbene» . Giordani ci riceve in una bella villa alla Balduina; la sua casa fine Anni Cinquanta-inizio Sessanta è sottostante a quella del famoso costruttore Samaritani, di cui Brando sposò la figlia Silvia; la conosceva da quando lei, ragazzina altissima, prendeva la circolare per andare al Gianicolo a scuola di ballo dalla Ruscaia e faceva tutte quelle altre cose, beneficenza e debutti mondani, che fanno i ragazzi di buona famiglia, ovvero del generone romano prossimo al Vaticano e padrone di Roma. Sopra casa loro, fra gli alberi e l'edera, c'è un'altra villa, quella della famiglia Petacci, dove Claretta abitava col padre e la madre: quando arrivava il Duce, tutte le famiglie con le finestre prospicienti gli appartamenti dei divini amplessi, dovevano tirare giù le tapparelle. E così faceva anche la famiglia Samaritani. Tutto il parco è popolato dei parenti di Silvia e nell'enclosure non sono mancati gli scossoni legati a processi e tracolli dell'intreccio con le finanze vaticane. Ma la vita è andata sostanzialmente avanti com'era: la cappella costruita là in mezzo ha visto una quantita di matrimoni, battesimi... tutto in casa, perché , dice per scherzo Brando, Samaritani aveva pensato che altrimenti tutte quelle cerimonie gli sarebbero costate troppo. Ma tutto comincia al freddo e nella fame, e in provincia, come la maggior parte delle storie della borghesia d'Italia, specie di quella cattolica: Orsolina, la mamma di Igino, nato a Tivoli il 24 settembre del 1894, andava con « lu scifu» in testa carico di biancheria fino alla sponda dell'Aniene, infilava il figlio fra i cespugli perché non si muovesse troppo. Il padre, muratore, quando Igino ebbe 7 anni cominciò a portarselo dietro come aiuto. Nel tempo libero il bimbo frequentava la Confraternita del « Ponte e Orazione» o col papà andava a trovare i padri gesuiti che tenevano sotto un'ala protettrice la famiglia. E' difficile sottrarsi all'afflato edificante delle storie della famiglia Giordani: come quando il padrone del papà , Antonio Facchini costruttore, vedendo quanto è intelligente il bimbo, che intanto ha costruito tutto da solo una piccola vasca addosso a un edificio bianco nel comune di Sassola, decide di pagargli la retta del seminario di Tivoli; come quando è il primo del suo liceo e poi viene ammesso all'università di Roma: « Primo in tutte le materie, ultimo in dattilografia» . E poi, e poi... arriverà fino al Papa Pio XII che gli diceva « Giordani, Giordani, mi dicono che lei sia un rivoluzionario...» . La sua vita è un prodigio di emancipazione dovuta alla fede, un esempio della dinamicità cattolica. C'è un'intera cultura della povertà e del mondo degli umili come esempio di vita e del valore nel modo in cui per esempio Igino racconta la morte della madre « a seguito di un'operazione chirurgica più simile a una carneficina» negli anni della guerra; e la morte del padre muratore, mentre prega vestito con l'abito della Confraternita. Igino che intanto si era innamorato di Mya, partì per il fronte della Prima Guerra Mondiale già molto antimilitarista. « Sono diventato tanto bravo negli studi da essere pronto per andare a farmi ammazzare» . Quando tornò dalla guerra di trincea sul Monte Zebio era stato ferito a una gamba e a una mano. Igino fra una guerra e l'altra comincia un'attività di scrittura formidabile; ha scritto nel corso della sua vita durata fino al 1974 una quantità pazzesca di libri: vite di santi, filosofia, storia, romanzi, teologia, apologetica. I suoi libri più famosi: Il messaggio sociale di Gesù ; Segno di contraddizione... La medaglia d'argento, conferitagli per la ferita e il riconoscimento che via via riceveva dal mondo ecclesiastico e dal Vaticano, lo protesse dai rigori del fascismo. Quando si trasferì a Roma, fece l'incontro della sua vita: Don Sturzo, di cui divenne il segretario. Presto fu il direttore del Popolo Nuovo, organo del Partito Popolare Italiano. Tutto l'antifascismo cattolico è amico suo, si incontra con Cadorna, Bonomi e De Gasperi in casa di Giuseppe Spataro o di monsignor Pietro Barbieri. Il papa gli offre discreto rifugio proprio in Vaticano, dove lavora come bibliotecario, mentre pubblica con Piero Gobetti La rivolta cattolica. Il furore di Giordani dopo l'assassinio di Matteotti consiglia un periodo di studio in America alla Columbia University. Il Vaticano gli consentì di assumere Alcide De Gasperi, uscito di prigione, povero in canna. Su una cartolina grigia gli scriveva: « Sono sempre solo... vedrei con grande conforto qualche giovane amico come lei. Sto a Santa Chiara, ma verrei anche costì volentieri, se mi dice dove» . Dopo la guerra, per decisione di Montini, allora sottosegretario di stato di Pio XII, Giordani diventa direttore di Il quotidiano. Da qui è un cursus honorum ininterrotto e una storia di impegno micidiale, fra Costituente, Camera, Focolarini... « In casa nostra ci saranno state 200 vite di Gesù e 50 di Maria. La casa di via Montezebio 28 era un mondo anarchico, tutto pieno delle invenzioni di mia madre: strepitosa, anarchica, religiosa, che faceva con papà i movimenti per il disarmo in piena Guerra Fredda mentre lui era deputato democristiano. Eravamo dei terremoti. La nostra casa apparteneva alla cooperativa dei mutilati, per via della ferita di mio padre, quindi l'ingresso era pieno di carrozzelle. Ce n'erano di quelle che si comandavano con la manovella, con due mani... Uno sballo. Noi tre ci saltavamo sopra, una per uno, e facevamo le corse nel quartiere. Scendevano i mutilati e ci urlavano dietro: "Disgraziati, delinquenti...". Brando Giordani vede come un segno del destino che la casa guardasse su un prato su cui è venuta su la sede Rai. « Allora ci giocavano a tennis il maestro Previtali e il famoso cronista sportivo Mario Ferretti: quando (Per raccomandazione! ci tiene Brando) il direttore Piccone Stella mi assunse e poi mi ordinò di scrivere per la pubblicazione interna, ero un po' depresso. Raccontai però quel tennis di star e Piccone fu entusiasta: mi mandò per premio al GR. Due anni dopo nasceva la Televisione» . Questa è la seconda grande avventura di Brando, insieme alla fede. Per la verità le due cose si incrociano continuamente. Il TG usciva bisettimanale a Milano. Brando parte in seconda classe e va diritto, dopo essersi cambiato alla stazione, dal cardinale Montini con una lettera del padre. Il cardinale lo spedisce a dormire in un seminario: « Porte nere. Un letto in alto su due gradini; un armadio nero con dentro un cappello nero da prete. Il giorno dopo scappai via» . Lo accompagna un bigliettino del babbo: « Ciao Brando, non aver nervi, ridi, investiga, non cercar fanciulle, va’ a messa la domenica» . Per fare il TG e poi il TG7 ambedue oggetti misteriosi, Brando girava un'Italia affamata, ignorante, primitiva: « Avevi la sensazione di essere un pioniere: portavi innanzitutto la lingua italiana: la gente si riuniva in parrocchia, alla casa del popolo, si portava da casa le seggiole per guardare la TV. Li intervistavamo e ci rispondevano: “ vorrei mangiare la carne una volta al mese” » . Brando stava molto dietro anche al Papa, specialmente da quando una volta, durante un'udienza di Paolo VI, il vecchio amico di famiglia, il papa, lo chiamò per nome lasciando tutti a bocca aperta: « Ciao Brando, a questo qui il nome gliel'ho dato io» . Brando si ricorda con terrore una volta in cui in Vaticano riprendeva Pio XII in pompa magna. Finisce la carica della Bellawell 16 mm a molla, e in sede il direttore chiede: Com'è andata? « Mah, alla fine va un po' veloce» ; « Come Ridolini?» ; « Eh, un po' sì » ; « Siamo rovinati» . E’ rimasto famoso il cameraman Giandinato che disse al Papa nei giardini dei Vaticani: « Santità , si metta davanti alla grotta di Lourdes e faccia finta di pregare» . E altrettanto giustamente famoso quando lo sgridò : « Santità , il bianco spara» . Era l'unico cameraman abbastanza basso da poter riprendere Fanfani dal basso, facendolo sembrare più alto. Fece una carriera fantastica. Giordani non disdegna affatto la memoria della lottizzazione: « Sono stato un operaio giapponese dentro la Rai, entrato a 20 anni e uscito da tre a 65 anni, come direttore di Raiuno, dopo aver fatto programmi di grande qualità . Non ce ne fregava niente dell'appartenenza politica. Fabiano Fabiani e io fummo spostati perché avevamo una visione spregiudicata dell'informazione e della cultura. Ricordo un bellissimo reportage da Hanoi di Furio Colombo che dava noia a Saragat in piena guerra del Vietnam. Ora siamo un monopolio gestito da due padroni, eguali e alla rincorsa l'uno del peggio dell'altro, terrorizzati dalla concorrenza e quindi immobilizzati» . Negli ultimi tre anni Brando lavora con Angelo Rizzoli che produce fiction e sta per varare un programmone, Subbuglio. Rincorre sempre la TV di qualità anche se non può dimenticare l'invenzione di Pronto Raffaella, nove milioni di spettatori stregati dai fagioli nel barattolo. Suo figlio ha 34 anni, è un ex dirigente del marketing della Propter e Gamble. Il figlio di Mario, Ugo Fabrizio, è il regista di Lettera da Parigi; la figlia di Bonizza, Lara, vive con Romeo Gigli e si occupa di Moda. Lo spettacolo a Roma è l'estensione naturale della borghesia.

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