UN RITO FAMILIARE, CULTURALE E SOCIALE MILLENARIO DIVENTA OCCASIONE STRATEGICA PER UCCIDERE Lo sfregio del terrore al giorno di Dio Se mpre più frequenti gli attentati nella festività ebraica
domenica 3 marzo 2002 La Stampa 0 commenti
IL sabato per gli ebrei, laici e religiosi, è una festa, un rito,
una
tradizione familiare e sociale intoccabile, basilare. Durante il
sabato si
sta tranquilli a casa, oppure si fanno gite familiari. Ci si astrae
dalle
abitudini e dalla banalità . Alla fine del sabato, si esce tutti
insieme, i
ragazzi vanno al pub, gli adulti al ristorante, i religiosi escono
dal
tempio e restano a chiacchierare e ad augurarsi « Shavuah tov» buona
settimana.
Anche ieri, in mezzo a quel lago di sangue, qualcuno, tutto
macchiato,
automaticamente diceva ai giornalisti « Shavuah tov» .
Il sabato era l'occasione per dimenticare la paura e il sangue che
sconvolgono Israele dall'inizio dell'Intifada, 17 mesi or sono.
Adesso il
sabato non è più lui, è stato stravolto: è divenuto infatti
un'occasione
strategica per il terrorismo suicida. La gente si aggrega, forma
gruppi
rilassati per le strade, il terrorista trova pane per i suoi denti. E
in
più , distrugge simbolicamente il punto astratto e invincibile in cui
nei
secoli gli ebrei si sono sempre incontrati, il loro paradiso in
terra.
Così è stato ieri sera nel quartiere religioso di Beit Israel, dove
la gente
vive come nella Polonia del XVIII secolo: niente cinema, niente
televisione,
niente divertimenti, niente esercito né caffè . Solo case di pietra
nei
vicoli, zeppe di bambini e di vecchi, e le sinagoghe con le yeshivà ,
le
scuole religiose, dove si affollano, separati, uomini e donne che
sembrano
appena sbarcati da un altro mondo. Il sangue, le urla, i morti, hanno
spazzato via il sabato. Lo Shabbes, come dicono i religiosi in
yiddish, è
stato « desacrato» .
Un altro sabato terribile: quello del villaggio di Karnei Shomron,
nei
territori occupati, sempre bersagliati di spari e di colpi di
mortaio, ma
non di attentati suicidi. Sabato 16 febbraio, alla fine di Shabbat,
quando
si è riaperto il centro acquisti c'era una particolare animazione
perché si
festeggiava in pizzeria il compleanno di una sedicenne. Un buon modo
per i
ragazzi di ritrovarsi dopo ventiquattr'ore troppo silenziose per
degli
adolescenti. Il terrorista suicida si è fatto esplodere proprio
nell'ingresso: i morti sono stati quattro, l'ultima vittima, una
ragazzina,
si è spenta all'ospedale solo due giorni fa, dopo molto lottare.
Altro sabato, altro attentato. E’ il 9 gennaio, una donna che guidava
la sua
auto in Cisgiordania viene uccisa a fucilate mentre torna a casa. Si
era
gettata a proteggere i bambini con il suo corpo. Gli agguati dopo il
sabato,
quando i religiosi muovono di nuovo le automobili, o i laici tornano
dalle
gite, sono particolarmente attraenti per i terroristi.
Fra i tanti, forse il peggiore sabato di terrore è stato quello del
primo di
dicembre, quando un doppio attentato terrorista nelle vie pedonali di
Gerusalemme uccise 13 ragazzi e ne ferì 42: la scelta del sabato sera
quella
volta cade sulla Gerusalemme dei ragazzi che cercano di seguitare a
vivere,
a ritrovarsi, anche se, quella volta, nelle ultime 24 ore c'erano
stati
altri otto morti per attacchi terroristici.
I giovani si incontrano in piazza Sion, in via Ben Yehuda, all'angolo
di rav
Cook per andare insieme all'Apple Pizza o al caffè Blu Hole. Un modo
di
affermare il diritto alla propria vita.
C'è anche un caffè dove si ritrovano sempre ragazzi israeliani e
palestinesi. I ragazzi religiosi del quartiere di Mea Shearim,
confinante
con quello in cui ieri è scoppiata la bomba, abitano di fronte, e
anche loro
dopo il sabato, forse di nascosto alle famiglie, vengono a guardare i
coetanei che vivono una vita tanto diversa dalla loro, con la musica
e la
birra. Le due bombe umane hanno fatto strage saltando per aria a
venti
minuti di distanza, per colpire una prima volta nella sorpresa, una
seconda
fra i soccorritori.
E' l'intero tempo del sabato, che inizia secondo la tradizione il
venerdì
sera, a essere preso di mira, proprio perché è il tempo della quiete
e della
socialità , in cui sorge di nuovo l'illusione che la vita possa essere
lunga
e bella: l'attentato di Tel Aviv alla discoteca Dolphinarium sul
Lungomare
nel giugno dell'anno scorso, in cui furono uccisi venti ragazzini in
fila
per andare a ballare, e poi ancora tanti altri attacchi terroristici,
a
Natanya, a Hedera, avvengono anche di venerdì , quando la gente fa
preparativi per il sabato, o va a divertirsi.
Non deve stupire: il terrorismo è la negazione di tutti quanti i
diritti
umani, la peggiore di tutte le violazioni perché impedisce ogni
singola
mossa, ogni necessario passo della vita quotidiana, ogni civile
aggregazione.
Il sabato, dice il teologo Abraham Heschel, ci fa uscire dalla
tirannia
delle cose, ovvero degli eventi, per mettere l'uomo in sintonia con
la
santità del tempo, in una parola con l'eternità e quindi con Dio. Ma
tutto
questo sembra appartenere a un altro mondo, ormai.