UN RAPPORTO DIFFICILE DAI TEMPI DI DE GAULLE Israele-Europa, un amore mancato Gerusalemme spera nella svolta dopo decenni di polemiche
martedì 10 giugno 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
ISRAELE ce l’ ha con l’ Europa, è risentito e corrucciato: gli episodi
che
segnano una strada sassosa sono centinaia, da quando il vero « papà
europeo»
dello Stato ebraico, Charles de Gaulle, mise l’ embargo, nel 1967,
sulle armi
che Israele aveva acquistato (fino ad allora gli aerei israeliani
erano solo
Mirage); e poi l’ ambasciatore francese a Londra chiamò Israele in
pubblico,
all’ inizio dell’ Intifada, « that sheety little country» , quel piccolo
paese
di m... « che ci porterà tutti alla guerra» ; e ancora Straw, ministro
degli
Esteri inglese in visita, dette in esplicite escandescenze contro
Israele; e
Tom Dalyell alla Camera dei Lord dichiarò : « Tony Blair è
impropriamente
consigliato da una cabala di consiglieri ebrei» ; sino a episodi molto
consistenti di finanziamenti incontrollati all’ Autonomia palestinese
che
pare siano finiti in libri di testo in cui i bambini imparano a
emulare gli
« shahid» , i terroristi suicidi « martiri» , o addirittura in cinture al
tritolo.
Il Paese si è sentito profondamente incompreso e abbandonato. Ma in
questi
giorni i presentatori televisivi assumono un tono più lieve quando si
parla
di Europa: Berlusconi in visita rappresenta un aggancio per cui i
rapporti
internazionali, che molti vivono come eccessivamente unilaterale e
quindi di
dipendenza dagli Stati Uniti, potrebbero tornare in parte a
bilanciarsi con
un rapporto con quella che, in definitiva, è la casa madre, l’ Europa
appunto. Per i giornali israeliani, non solo Berlusconi è il primo
grosso
rappresentante dell’ Ue che ha deciso, costi quel che costi, che
visitare
Arafat non si può , perché « egli è il problema e non la soluzione per
un
processo di pace» (così il Jerusalem Post), ma anche un politico che
« mostra
di capire la guerra contro il terrorismo» , come dice Haaretz, il
quotidiano
antigovernativo per eccellenza, con la penna di Aluf Benn, un
commentatore
inequivocabilmente di sinistra.
Proprio per la tempesta in cui naviga, fra lo sgombero promesso degli
avamposti, le dichiarazioni di Abu Mazen, i postumi dell’ attentato di
domenica che vuole ridurre a un niente le parole di speranza di
Aqaba, la
visita di Berlusconi è di fatto importante. Israele vede l’ Italia
come il
Paese che potrebbe portare la vecchia Europa dentro la Road Map,
rimetterla
in gioco dopo anni di ruggine talora al limite della rottura: ha
fatto
effetto la visita di pochi giorni or sono, a così breve distanza da
quella
del capo del governo, di Marcello Pera, presidente del Senato, che
aveva
spiegato a sua volta la necessità di aiutare Abu Mazen proprio come
segnale
di svolta della politica europea (« L’ Europa ancora appare innamorata
del
ruolo che ebbe Arafat in un’ altra stagione, rischiando così di
mancare
all’ appuntamento con se stessa» , aveva detto). E adesso fa grande
impressione che nonostante Germania, Giappone, Francia, e persino la
Spagna
non abbiano rinunciato a percorrere la strada della Muqata,
Berlusconi sfidi
persino un « no» di Abu Mazen.
« L’ Italia - sottolineano i giornali israeliani - sarà dal primo
luglio
presidente di turno dell’ Unione europea» : come dire che questo
potrebbe
portare, se non tutto il Vecchio Continente, almeno una sua parte a
una
strada nuova. Berlusconi, secondo Israele, può finalmente mostrare
all’ Europa la via per combattere il terrorismo; e fa sperare
l’ opinione
pubblica israeliana anche la visita di un altro italiano nell’ area,
quella
del ministro degli Esteri Franco Frattini in Libano e in Siria, Paesi
sponsor degli Hezbollah e dei loro rifornimenti di armi da parte
dell’ Iran.
Che Israele sia proteso verso l’ Europa lo indica anche il viaggio del
ministro degli Esteri Silvan Shalom, in questi giorni in visita dal
suo
omologo russo Igor Ivanov. Sarebbe davvero rivoluzionario che Israele
ritrovasse un rapporto con l’ Europa, da esso considerato il supporto
acritico e anche interessato dai palestinesi e del mondo arabo: la
conferma
ne è stata la contrapposizione alla guerra e a Saddam Hussein, che ha
minacciato Israele di distruzione totale tante volte e l’ ha
tempestata di
missili durante la Guerra del Golfo del 1991. Ma quello che in
Israele si è
sentito più pesantemente e che è stato denunciato dai politici e dai
commentatori è la sottovalutazione del terrorismo, spesso considerato
in
Europa nient’ altro che l’ espressione di una guerra di liberazione
nazionale.
Ha avuto grande risalto il rigurgito di disprezzo e di antisemitismo
che ha
portato decine di migliaia di cittadini europei in piazza con
cartelloni in
cui la svastica veniva sovrapposta alla stella di David. Ha fatto
molta
specie anche il fatto che per raccogliere al Parlamento europeo le
firme
necessarie per ridiscutere la trasparenza dei fondi destinati all’ Anp
siano
occorsi dei mesi, e che poi la pratica sia rimasta bloccata. Adesso
che dopo
il viaggio di Solana e di De Villepin, andati in visita alla Muqata
poco
dopo la nomina di Abu Mazen, Berlusconi sceglie un percorso
completamente
diverso, si riapre una vicenda che si era interrotta con la Guerra
fredda e
si era inasprita nel corso del tempo.