Un’ondata di revisionismo incrina la fama dei padri fondatori e delle Israele ripudia i suoi eroi Da Golda Meir a Dayan più ombre ch e luci
domenica 8 gennaio 1995 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME BEN Gurion? Un Mosè , un Giosuè , un Isaia moderno, un
Messia che sentì di essere destinato alla creazione del moderno
Stato degli ebrei. Così , secondo la tradizione classica, Dan
Kurzman definisce il primo presidente dello Stato ebraico in Ben
Gurion: un pro feta di fuoco, scritto nel 1983.
suoi compagni meritano un serio biasimo per avere fatto troppo poco
per salvare gli ebrei dall’Olocausto... Il marchio socialista dato da
Ben Gurion a Israele ancora oggi cova (dannosamente) sotto la pelle
degli israeliani... In sostanza, poi, a Ben Gurion non importò
granché della strage degli arabi di Deir Yassin.... Questa è la
versione moderna, e tuttavia sempre prettamente israeliana, di Yossi
Melman, autore di The New Israelis scritto nel 1993. E non è ancora
nulla: il Jerusa lem Report, il grande settimanale in lingua inglese
di qui, letto non solo dagli israeliani, ma dagli ebrei di tutto il
mondo, dedica un’inquietante copertina dal titolo
eroi d’Israele in cui vediamo Moshe Dayan, generale dei generali,
pieno di crepe come un monumento in rovina. Infatti, se vogliamo poi
sapere il punto di vista eroico su Moshe Dayan, e quello antieroico,
attuale, eccoli:
una leggenda addirittura quand’era ancora in vita (dalla
controcopertina dell’autobiografia Storia della mia vita);
cacciatore di femmine, depredatore di tombe, uno scaltro
megalomane...; ha deliberatamente sacrificato le truppe israeliane
sul Canale di Suez nella guerra del Kippur del 1973 per perseguire i
suoi obiettivi politici (Hittel Mittelpunkt, giudizi tratti dalla
commedia Goro dish, 1993). E su Golda Meir? La visione eroica:
le sue forze creò una nazione; con il suo spirito plasmò un popolo.
Se Israele ha avuto una voce nel mondo, questa è stata la voce di
Golda. Ed ecco la visione antieroica:
condurre i negoziati (con la Giordania nel 1948) si annoverano fra i
peggiori errori negli annali della diplomazia sionista... Non dette
mai segno della minima flessibilità (Avi Shlaim, Collusion across
the Jordan, 1992).
inflessibilità prevenne ogni possibile accordo (Yossi Melman,
1993).
un vero eroe - dice lo scrittore israeliano A. B. Yeoshua - è subire
un forte attacco. Il recente caso della denigrazione televisiva di
Hannah Szenes, l’eroina uccisa dai nazisti dopo essersi paracadutata
in Europa, ha portato a un apprezzamento ancor maggiore della sua
figura. Questo prova che se eroi, cause o miti sono degni di
sopravvivere, ci sarà sempre abbastanza brava gente in giro disposta
a battersi per difenderli. Ma il fratello di Hannah Szenes, Ghiora,
disgustato dal sospetto che si è voluto far cadere sulla sorella di
aver venduto i compagni d’avventura e di martirio ai tedeschi,
reagisce con un’aggressività che sta diventando, in quest’Israele
scossa dal dibattito, una bandiera politica:
sono stufi di ammirare Hannah Szenes, che trovino pure i loro eroi
allo Stock Exchange di Tel Aviv. Da cosa nasce la grande polemica?
Da un fatto di cronaca culturale, e da un profondo processo
accelerato dalla prospettiva, sia pure incerta, della pace. Il fatto
di cronaca è una mostra recentemente apertasi a Gerusalemme, al
Museo d’Israele dal titolo Cos’è un eroe?. Vi si possono ammirare
cimeli di tutta la mitologia e della memoria storica di ieri e di
ieri l’altro: foto e poster di Rabin e Dayan che attraversano nel ‘67
la parte vecchia appena liberata di Gerusalemme; un busto di bronzo
di Joseph Trumpeldor, il leggendario combattente che morì nella
difesa di Tel Hai, un villaggio dell’Alta Galilea pronunciando le
famose parole È bello morire per la patria; alla mostra si
ammirano anche immagini di Masada, la città -fortezza in cui gli
antichi romani riuscirono a entrare dopo un terribile assedio e non
trovarono altro che i corpi degli ebrei che si erano tutti suicidati
piuttosto che consegnarsi al nemico. L’Enciclopedia judaica definisce
questo gesto
israeliana. L’archeologo David Ilan:
responsabili di aver trascinato gli ebrei in una guerra senza
speranza. Quanto a Trumpeldor, nonostante la mostra cerchi di
ricollocarlo al consueto posto d’onore nella storia dell’indipendenza
ebraica, ormai molti giovani israeliani sostengono che morendo
lanciò verso il cielo parole nient’affatto edificanti nella sua
lingua madre, il russo. La mostra, curata da Tammy Schatz, giunge al
culmine di molti episodi di destrutturazione di una consistentissima
muraglia ideologica creatasi con la fondazione stessa dello Stato:
capo del Dipartimento psicologico dell’esercito israeliano e ora
direttore dell’Istituto di Studi militari - sentì fin dall’inizio un
bisogno urgente di sviluppare un nuovo scenario costituito da eroi
che compensassero i duemila anni di comportamento passivo della
diaspora. L’immagine eroica del soldato senza paura, del pioniere
che fonda il kibbutz, del duro leader intellettuale, ricolmo di
etica, nutriti peraltro dalla realtà rocambolesca e davvero speciale
ed eroica della fondazione, sono stati dunque pane quotidiano e fonte
di esempio per i giovani israeliani fino a pochi anni fa. Ma nel
corso della storia dello Stato ebraico molte sono state le
disillusioni che sono giunte agli israeliani attraverso i fallimenti
e le pesanti perdite di vite umane della guerra del Kippur, della
guerra del Libano e dell’Intifada. La politica di pace di Rabin e di
Peres, poi, ha indotto una tendenza al compromesso e una tendenza
alla quiete, costi quel che costi, che è necessariamente antieroica
e che, di quando in quando, assume un tratto consumistico:
- dice Tammy Schatz - abbandonano gli idoli sionisti e nazionali
delle vecchie generazioni e si volgono a quegli eroi culturali
americani come Batman, le tartarughe Ninja, Madonna e Michael
Jackson. La destrutturazione dei miti si compie di giorno in giorno
nei libri di storia, al teatro, in tv, al cinema, oltre che nei
caffè di Tel Aviv. Il dramma Gorodish distrugge gli eroi della
guerra del Kippur, e si accanisce specialmente su Moshe Dayan; la
commedia musicale satirica Opera zione Entebbe fa a pezzi una delle
più prestigiose azioni dell’esercito israeliano; il
televisivo Il processo Kastner vuole che gli ebrei ungheresi salvati
da Rudolph Kastner siano stati in realtà oggetto di un vergognoso
mercanteggiamento fra gli ebrei e i nazisti. Intanto escono sempre
più fitti i libri della scuola storica revisionista capeggiata da
Benny Morris, che sostengono l’intrinseca violenza della cacciata
degli arabi dal territorio d’Israele, l’uso improprio dell’Olocausto,
le numerose possibilità di fare la pace che la leadership israeliana
avrebbe irresponsabilmente perduto.
Ilan Kutz - sono una parte essenziale e vitale della psiche umana, e
non solo degli individui, ma dell’intera società ... Forse qui siamo
di fronte a una rivolta estrema, come compiono i fanciulli contro i
loro padri. Forse, speriamo, questo porterà a un maggiore
autoapprezzamento delle qualità intrinseche dei giovani israeliani.
Tuttavia la sensazione è che la demolizione di personaggi certamente
straordinari (per quanto, si capisce, umani, e quindi fallibili) e di
vicende eccezionali (per quanto, certo, non indolori) rappresenti una
fuga in avanti rispetto alla guerra sempre incombente; un disperato
desiderio di quella normalità e di quella pace che ancora sembrano
tanto lontane. Quando sarà acquisita l’idea che ancora qui è
prematuro ritenere di essere
eroi, allora Ben Gurion, forse, tornerà ad essere Ben Gurion,
almeno in parte un leone della storia appena un po’ più umanizzato.
Fiamma Nirenstein