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UN LIBRO AL GIORNO Nell'eterno girotondo delle religioni trionfa l'Uo mo alla ricerca della verità

giovedì 1 aprile 1999 La Stampa 0 commenti
GLI uomini cercano la propria anima, l'anima cerca una religione, le religioni si cercano fra di loro per rassicurarsi, facendosi largo fra merci e rumori assordanti; è una tendenza planetaria che assume a volte toni pacchiani e velleitari: recentemente un giornale americano riportava che il marketing librario richiede vigorosamente che la parola "soul", anima, sia quantomeno nel sottotitolo. Ma Il Re, il Saggio e il Buffone edito da Einaudi, che mette a confronto in una cornice favolista un ateo, un buddista, un indù , un mussulmano, un ebreo e un cristiano, non a caso è stato scritto da un pastore protestante del Kenya, Shafique Keshavjee, che vive a Losanna facendo il teologo: il misto di freschezza e anche di un certo colore-stupore africano e di rigore teologico svizzero, ne fanno un libro strano, permeato di sincerità e a tratti anche profondo. Keshavjee racconta la storia classica di un torneo religioso: un Re annoiato e dubitoso, alla ricerca di un significato, cerca una fede da abbracciare, e con l'aiuto dei suoi simbolici dignitari, il Buffone inteso come la Carne e il Saggio come lo Spirito, misura l'Uomo sulle rispettive verità di fede. Durante il torneo, abbiamo modo di affezionarci personalmente ai protagonisti e anche d'imparare non solo l'abc, ma di approfondire i problemi teologici basilari delle tre religioni. "L'unica scusa di Dio è non esistere": cita Stendhal il campione ateo Alain Tanier. E gli risponde un coro di religiosi che reclama un universo "orientato", un gruppo che compattamente individua l'amore come bussola per la vita e che illustra, per la nostra elevazione, i propri testi, i punti centrali del culto, le feste, i perché dei grandi misteri come la Sofferenza, la Trinità , la Morte, la Resurrezione... E tuttavia, e questo forse è il maggior pregio di Keshavjee, il libro non è pacifista e dolciastro, non pretende di censurare né la storia dell'eterno sanguinoso conflitto tra le religioni, né i problemi che esse portano con sé nel mondo contemporaneo. E anzi, il conflitto accompagna tutta la discussione teologica come un sottofondo di innegabile seppur penosa realtà : infatti, mentre i saggi disquisiscono, qualcuno minaccia la vita della bellissima Amina, musulmana, la figlia dello sceicco Ali ben Ahmed, un anziano saggio, cieco, innamorato degli scritti dei sufi e dei poeti persiani, appassionato di mistica ancorché fedele alla lettera del Corano, e desideroso di comunicare la bellezza e la remissività di fronte ad Allah più della forza del mondo islamico. Ma il dramma sussiste, e qualcuno pugnala il rabbino David Halevy, che mentre è intento a spiegare il suo "Dio che si nasconde", si ritrova inopinatamente innamorato di Amina. L'Amore, la Bellezza, la Compassione, e in fondo anche l'accettazione della sofferenza come valore conoscitivo ed etico, la fanno da padrone nonostante lo sforzo dell'autore di dare il meritato onore anche alle esposizioni del buddista e dell'indù . Essi restano un po' pallidi sullo sfondo, come pure il campione cristiano, troppo buono per essere vero; il suo valore, semmai, consiste nella grande articolazione teologica, più moderna di quella degli altri, con cui spiega i misteri della sua fede. Il vincitore del torneo, come si può immaginare, alla fine non è altro che l'Uomo, compreso l'uomo ateo, che si agita e lotta alla ricerca di una verità che qui, perlomeno, non viene individuata se non nell'afflato di simpatia e anche nell'informazione che alla fine resta come un profumo nelle mani del lettore. E nell'inesausto conflitto che porta con sé l'uomo che vuole e pretende in nome del suo Dio. Fiamma Nirenstein

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