UN LIBRO AL GIORNO Abramo, alzati, vai e cambia il destino del mondo
sabato 1 maggio 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
SI capisce che, al miliardesimo libro sugli ebrei, uno si chieda
perché dovrebbe aggiungerlo alla sua collezione. Ebbene, questo
Come gli ebrei cambiarono il mondo, di Thomas Cahill, è
indispensabile. Non è paternalistico, non patrocina la causa di un
popolo oppresso, non fa dell'esotismo, non fa nemmeno politica.
Quello che è più nuovo per un pubblico italiano, tuttavia, è
quel filosemitismo entusiasta e colto che gli intellettuali del
mondo anglosassone sembrano ritenere indispensabile a una persona
dabbene, e che invece in Italia e in molti Paesi europei non
esiste, anzi. Esiste semmai, nella migliore delle ipotesi, un
filosemitismo narcisistico, che non ha mai saputo trasformarsi in
amore disinteressato per quel popolo che, come dice Cahill, ha
inventato "gran parte delle nostre parole migliori: persona, tempo,
storia, futuro, libertà , progresso, spirito, fede, speranza,
giustizia sono tutti dono degli ebrei".
Con grande spregiudicatezza ed erudizione, con scrittura brillante
che non rinuncia perfino alla battuta audace, Cahill scrive la
parte migliore del suo libro quando ci racconta come Abramo esce
dalla cultura sumera misterica, violenta sanguinaria priapistica e
anche astutamente mercantile: ci descrive tutta l'epopea dell'eroe
Gilgamesh per far vedere quanto sia diversa e insieme simile a
quella del primo dei Patriarchi. Abramo sente il famoso "Lech
Lechà ", alzati e vai, ovvero la chiamata divina, la prima delle
rivelazioni, e qui s'inizia il concetto di destino autodeterminato,
il senso reale dell'azione umana nel tempo, quando gli uomini e le
loro cose non sono più mere manifestazioni, specchi, di dei
immoti, sostanzialmente volgari e sterili. Abramo, di certo, come
tutti i sumeri, era politeista: ma adesso gli parla un Dio che ha
motivazioni misteriose e talvolta terribili, che lo introduce nel
mondo dell'incomprensibile, un Dio che non si può manipolare.
Questo Dio educherà , per così dire, il popolo ebraico al
difficilissimo esercizio dell'idea di Giustizia attraverso la
fatica dell'esodo dall'Egitto, dopo aver suggerito l'idea
rivoluzionaria che il Faraone, così potente, in realtà valga
assai meno dei suoi schiavi. È più stupido, è più cattivo dei
poveri ebrei che se ne vogliono andare alla ricerca di un futuro
migliore. Il povero è il nuovo vincitore della storia.
L'esperienza del deserto si svolge come un attraversamento dello
spazio, ma soprattutto del tempo. Quei quarant'anni di girovagare
sono una purificazione dagli idoli, dai sacrifici umani, dalla
logica dell'oppressione. Il materiale e lo spirituale,
l'intellettuale e il morale diventano una sola cosa: e l'unità
della vita si riassume nell'incredibile grandiosità dell'idea
dell'unicità di Dio. Intanto con l'Esodo nasce l'idea del
progresso, e nasce legata all'idea di libertà . L'uomo farà del
suo meglio, anche se Mosè è destinato a morire prima di entrare
nella Terra Promessa. La ricompensa è nella forza intellettuale e
morale della rivoluzione ebraica stessa, nell'autonomia delle
scelte umane, nel fatto, come dice Cahill, che "devo ascoltare la
voce" che non parla più solo ai grandi condottieri, ma anche a me.
"Ovvero, devo prendere l'io sul serio".
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Thomas Cahill
Come gli Ebrei
cambiarono il mondo
Fazi Editore
pagine 250, lire 28 mila