Un ictus uccide negli Usa il rabbino-manager idolatrato da trecentomi la fedeli Brooklyn, ultima fermata di un Messia
lunedì 13 giugno 1994 La Stampa 0 commenti
ERANO gli occhi: cespugliosi, fondi, Menachem Mendel Schneerson il
Rebbe Luba vitcher, persino dopo gli ictus, quando ormai i suoi
cadetti habad lo portavano in pubblico reggendolo in piedi come un
burattino hassid rotto, ficcava quegli occhi pieni di sapienza
talmudica e dolci negli occhi di ogni singolo interlocutore. La gente
veniva alla sua casa di Crown Height, formando lunghe code sotto il
sole e sulla neve.
fare?.
cosa devo fare di sabato se il cane morsica il vicino? Posso chiamare
al telefono l’ambulanza? Rebbe, ma tu sei veramente il messia? O sei
solo un profeta?. Prima del primo ictus nel 1990, il Rebbe
Lubavitcher rispondeva a tutti sia pure brevemente. Il contatto
personale, sul modello della società dello shetl, quella società
ebraica dell’Europa orientale miseranda e ricchissima di cultura,
tante volte descritta nei romanzi di Singer, era diventata in America
la base di un’organizzazione con diramazioni mondiali. Il Rebbe aveva
promesso molte volte di venire in Israele da Brooklyn. Non sarebbe
certo stata una semplice visita: avrebbe invece significato per i
suoi seguaci né più né meno che affermare che finalmente il messia
veniva in persona a santificare Sion, e con esso tutta la Terra come
prevede la Scrittura. Infatti, negli ultimi dieci anni fra i seguaci
del Rebbe aveva ormai preso piede la convinzione che il vecchio con
la grande barba altri non fosse che il messia. Così , come a evocarlo
in effigie prima ancora che in carne ed ossa, i fedeli in Israele gli
avevano eretto una casa di mattoncini rossi col tetto nero a punta,
identica alla sua di New York. Di quando in quando si annunciava
dunque che in quella casa il Rebbe sarebbe arrivato dall’aeroporto
Ben Gurion di Lod da un momento all’altro, e allora erano veglie,
canti, assicurazioni per radio e tv che il messia di lì a poche ore
sarebbe comparso nelle vesti di Schneerson. Ma va detto che il Rebbe
stesso non volle mai sbilanciarsi troppo sulla propria identità
mistica, lasciava ai suoi discepoli l’affermazione e la propaganda
della sua ipotetica identità di messia. I suoi, via via che il
potere del Rebbe cresceva, crearono diverse nuove scuole di pensiero,
che erano in realtà anche fazioni in lotta per il grande impero
economico e morale del rabbino. Schneerson è stato un misterioso
miscuglio di arcaicità e di uso dei moderni mezzi di comunicazione e
di insegnamento; un fenomeno un po’ ebraico e un po’ americano.
Politicamente come tutti i religiosi il rabbino non poteva che essere
contrario alla creazione dello Stato di Israele finché non fosse
venuto il messia. L’unico che ha il diritto a fondare Israele è
infatti il messia. Ma il messia, non era forse lui? Dunque, perché
non si decideva a dirlo? Invece dopo che per mesi e mesi a forza il
rabbino newyorkese è stato costretto a vegetare in un ospedale di
New York, finalmente qualcuno, pietosamente, l’ha lasciato morire.
Forse infine una delle fazioni in lotta per la discendenza ha
sconfitto l’avversario. Forse i suoi discepoli, come dicono, pensano
che solo lasciando il suo corso alla natura Schneerson può
finalmente acquisire le sue sembianze mistiche. Intanto due jumbo
hanno lasciato Tel Aviv carichi di habad che vanno al funerale.
Ognuno porta in tasca per talismano quel dollaro simbolico che
Schneerson donava a ognuno dei visitatori. Una specie di
transustanziazione del più che materiale in più che spirituale. Da
dollaro a anima. Fiamma Nirenstein SERVIZI A PAGINA 7