UN FILO ESILE IL COLLOQUIO TRA I DUE LEADER Abu Mazen può battere il terrore: con la democrazia E’ l’ unico mezzo con cui l’ Anp può convincere Shar on ad accettare la trattativa
lunedì 19 maggio 2003 La Stampa 0 commenti
NON è stato uno sfondo favorevole né sensato, quello sul quale si
sono
parlati (per la prima volta dopo due anni e mezzo, quando Ehud Barak
incontrò a casa sua, di notte, Yasser Arafat) i due leader del
conflitto per
eccellenza, quello israelo-palestinese. I servizi israeliani di
sicurezza si
dicono certi che gli attentati dentro e fuori la Linea Verde sono
stati il
modo di partecipare espresso da Hamas e Jihad Islamica, ma « anche da
Arafat»
che da parte sua in serata ha respinto duramente l’ accusa.
Ed è sinistro anche il gran segreto in cui il dialogo è avvenuto, con
giornalisti alla caccia di una traccia che non si trovava, perché
altrimenti
l'avrebbero trovata anche i terroristi. E tuttavia, qualsiasi cosa
abbiano
detto i due, che pure hanno in sostanza rimandato i discorsi seri, è
importante: lo è , perché Abu Mazen non è Arafat e resiste, mentre il
durissimo Raí ss lo tallona; ed è al suo posto grazie alla pressione
occidentale, cui deve pure, quindi, qualcosa; e perché Sharon ha
promesso a
Bush di muovere avanti. Lo è perché il vertice ha avuto luogo dopo la
guerra
in Iraq, ed è l'unico autentico segnale dell'inizio di un dopoguerra,
anche
se i terroristi vogliono proseguire lo scontro a ogni latitudine.
L'incontro segreto avviene fra tre attacchi terroristi suicidi in
Israele, e
dopo i 41 morti di Casablanca e i 34 di Riad. Gli attentati di Al
Qaeda non
hanno probabilmente a che fare con le organizzazioni terroriste della
zona
del conflitto di cui si è discusso ieri notte, ma Hamas, la Jihad
Islamica,
gli Hezbollah si abbeverano alle stesse fonti ideologiche e anche
economiche; e sarebbero tutti d'accordo con la nuova teoria ieri
enunciata a
Casablanca da Fathallah Arsalana, esponente primario di Al Adl Wal
Ihsanne
(Giustizia e Carità ): « L’ entità sionista trarrà molto vantaggio da
questi
attentati che le permetteranno di stornare l'attenzione della
comunità
internazionale dalle uccisioni perpetrate nei territori palestinesi» .
La demonizzazione di Israele e dell'Occidente tutto, il considerare
assolutamente naturale l'uso del terrorismo, la visione dei
terroristi
suicidi come eroi: questo è il vero cancro che erode ogni possibilità
di
pace e che attanaglia alla gola il mondo musulmano migliore, che
forse è
proprio quello di Abu Mazen. Lui lo sa certamente, anche se per ora
sembra
soddisfatto della linea che ha scelto: noi, dice, abbiamo deciso di
abbracciare la Road Map per quello che è , noi siamo veramente
disponibili.
Per quanto lo riguarda, si tratta di ripercorrere la strada della
« terra in
cambio di pace» ; ovvero, dice Abu Mazen, Sharon deve bloccare subito
l'attività degli insediamenti e cominciare a sgombrare. Sacrosanto.
Ma Abu
Mazen aggiunge: se Sharon non dichiara subito di accettare tutto,
come posso
io intraprendere la mia strada e disarmare i terroristi? Prima di
tutto,
ripete, Sharon deve accettare in toto la Road Map.
Si può essere d'accordo sul fatto che Sharon dovrebbe cominciare a
scoprire
le carte delle sue prossime mosse di congelamento e sgombero, ma non
dirà
« sì » al piano di pace prima che Abu Mazen abbia dato qualche segnale
di
voler fermare il terrore, che è purtroppo aumentato da quando Abu
Mazen è
Primo Ministro. Quello che Sharon sostiene è che di fatto non c'è
equivalenza tra fermare il terrorismo e sgomberare delle terre. La
rinuncia
al terrorismo non può essere vista dal mondo occidentale - e quindi
non lo è
da Sharon - come una concessione, una moneta di scambio, altrimenti
questo
significa definire il terrorismo come un'arma di combattimento
legittima,
uno strumento come un altro, una tattica politica. Quindi la
cessazione del
terrore è di fatto una condizione universale, che non segna la strada
solo
per Israele, ma che in realtà è quella che sempre ogni Stato che
abbia, o
abbia avuto, problemi con il terrore ha imboccato, a prescindere
dalla bontà
della causa dell'avversario. Ma c'è un altro grande problema di
metodo: i
due interlocutori devono riconoscersi l'un l'altro. E mentre Israele,
con
una strada lunga fino al 1991 (Madrid) ce l'ha fatta, e ha capito che
i
palestinesi esistono e devono avere uno Stato, per Arafat è stato
impossibile firmare una pace definitiva, tanto da lanciare non solo
l'Intifada, ma anche da insistere tuttora sull'impossibile diritto
dei
profughi a tornare non in Palestina, ma in un Israele che ne verrebbe
eventualmente nullificata.
Forse con Abu Mazen l'idea di due Stati per due popoli può
funzionare,
sempre che Sharon e Abu Mazen si rispettino e non si ingannino. In
che
senso? I due devono essere credibili. Sharon spesso non è considerato
tale
perché è visto come un uomo di destra, un amante degli insediamenti,
e
perché usa l'esercito con decisione. Ma fu lui a sgomberare Yamit,
l'insediamento nel Sinai, e lo fece con durezza, quando la pace con
l'Egitto
lo richiese; fu lui che nella campagna elettorale dichiarò la
necessità di
uno Stato palestinese, mentre il suo nemico alle primarie, Netanyahu,
diceva
il contrario; lui che ha promesso a Bush di seguire la linea del 24
giugno.
Abu Mazen, anche se ha condiviso con Arafat varie fasi e passaggi
della
leadership palestinese, compreso molto terrore, pure ha resistito
alle
pressioni del Raí ss, come dimostra il fatto che non ha voluto il
prediletto
di Arafat, Sa'eb Erakat, nella delegazioni di ieri notte.
Soprattutto, Abu
Mazen sa di essere l'uomo del grande esperimento che dovrebbe
cambiare il
corso dei rapporti globali: la democrazia nel mondo arabo, la pace
dopo la
tempesta, la lotta al terrorismo perseguita non con le armi come in
Afghanistan o in Iraq, ma con strumenti pacifici di cambiamento
interno.
La scommessa che si gioca su di lui è quella che ancora non è stata
vinta
con la guerra, ovvero che per battere il terrore, una volta subito lo
schiaffo, il mondo arabo può autoriformarsi e democratizzarsi
autonomamente.
La guerra al terrorismo, lo si vede in questi giorni, non si può
combattere
solo con le armi. Abu Mazen e Sharon hanno un ruolo che dovrebbe
ridisegnare
i rapporti internazionali, e se sapranno averne consapevolezza, non
cederanno alle prime inevitabili difficoltà . La vera scommessa contro
il
terrore è cominciata ieri sera, il vero dopo Iraq si gioca fra
israeliani e
palestinesi.