Fiamma Nirenstein Blog

Un esercito di bambini si mescola alla nuova Intifada, la vita di m igliaia di ragazzi è travolta dalla violenza Così si cresce in mezzo alle spar atorie

lunedì 2 ottobre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein GERUSALEMME UNA strada di Netzarim, a Gaza: palestinesi e israeliani si scontrano con le armi in pugno. Polvere e sangue. Non volano soltanto sassi e lacrimogeni: sono pallottole vere sparate da ambedue le parti. I palestinesi hanno tutto l'ardore dell'Intifada, ma combattono ormai una guerra di frontiera, perché gli israeliani dal ‘ 94 si sono ritirati da quasi tutte le zone abitate, dove ora è territorio autonomo palestinese. Fra due gruppi che si sparano a fuoco vivo e anche con i gas lacrimogeni da una parte e vari ordigni esplosivi dall'altra (i palestinesi hanno usato ieri solo a Netzarim duecento bottiglie incendiarie contro le postazioni israeliane) le telecamere di tutto il mondo inquadrano una scena insopportabile alla vista: semisdraiato lungo un muro un uomo, un padre, cerca di coprire col suo corpo un bambino di circa dieci anni che si schiaccia contro di lui terrorizzato. Il piccolo piange e si raggomitola, urla, il padre è disperato, le due parti in guerra seguitano a spararsi. L'uomo cerca di gridare puntando un dito verso chi spara. Cerca di pregare un momentaneo cessate il fuoco. Ma le due parti seguitano a sparare, e sotto l'occhio puntato di tutte le televisioni del mondo, accade ciò che è logico ed incredibile allo stesso tempo: il bambino viene colpito, e muore in braccio a suo padre, che viene colpito a sua volta e perde conoscenza. Ieri sono morti altri due bambini, uno a Rafiah e l'altro a Nablus. Il deputato israeliano-palestinese che è anche un consigliere di Arafat Ahmad Tibi chiama Shaul Mofaz, il Capo di Stato Maggiore, « assassino di bambini» e lo invita a dimettersi. Il portavoce dell'esercito consegna alla stampa un documento per dire che si dispiace delle perdite umane, e denuncia l'uso cinico dei bambini e di donne fatto dai palestinesi. In queste ore nelle strade dove si svolgono gli scontri si vedono moltissimi gruppi di ragazzi armati di sassi (grossi, pesanti sassi che piovono per ferire) e di bottiglie Motolov. Corrono in gruppi come ai tempi dell'Intifada, e stavolta il gioco è ancora più pericoloso perché ci sono armi da fuoco da ambedue le parti. Oltre allo sciopero generale dei commerci, è dichiarato anche per oggi lo sciopero generale delle scuole palestinesi: i bambini si trovano così tutti quanti a correre in schiere che partecipano di quella che in queste ore si è configurata come una vera e propria guerra. Il bambino giuoca, sia pure partecipando di un giuoco molto estremo, e non sa che potrebbe essere lui a soccombere, se non nella forma di quel « Martire» « Shahid» di cui nelle scuole gli hanno tanto parlato, del quale si trova traccia abbondante nei suoi libri di testo come di un modello da ammirare e anche da imitare. L'alunno delle scuole palestinesi è un potenziale piccolo guerriero, che occasionalmente usufruisce anche di corsi pratici. Nei campi profughi, in particolare, dove i gruppi dei ragazzini sciamano da mane a sera in un clima di lotta che si rinnova di giorno in giorno, i grandi insegnano ai bambini un destino di spiazzamento e di scontri: si può tranquillamente affermare che a Dehejshe, il campo profughi dall'altissima natalità cui fece visita il Papa, i piccoli non hanno nessuna consapevolezza che sia in corso un processo di pace. Sono sempre pronti, molto numerosi, abili nel confezionare armi e nell'uso delle pietre a scendere in piazza: intrepidi come sa esserlo solo l'incoscienza, la loro innocenza arrabbiata ne fa un'autentica massa di manovra per la vita e per la morte. Negli anni dell'Intifada il bambino palestinese con il sasso è divenuta un'immagine positiva, noi occidentali ne abbiamo sciaguramente immaginato un lato eroico politically correct, ci siamo dimenticati che un bambino deve innanzitutto essere protetto, studiare. Come dice padre Peter Madros, negli anni dell'Intifada uno dei preti più militanti dell'Intifada a Beth Zahur, un quartiere di Betlemme: « I bambini nell'Intifada cominciarono a ignorare l'autorità della scuola e della famiglia per preferire la militanza politica, più affascinate, più trasgressiva» . Anche da noi questo fascino dell'innocenza belligerante ha fatto una colpevole breccia: l'opinione pubblica non ha mai sommato i bambini palestinesi ai piccoli africani arruolati (250 mila in Rwanda nel ‘ 95, per esempio) da eserciti impropri quanto armati fino ai denti, ha finto di credere che l'uso delle pietre ne facesse un gruppo che non sarebbe in fondo entrato in contatto con i più grandi orrori della guerra. Non è così : i piccoli palestinesi fanno parte di quell'esercito di bambini in guerra che negli ultimi dieci anni del secolo appena conclusosi hanno lasciato sul terreno due milioni di vittime. All'inizio del ventesimo secolo i civili erano circa il 15 per cento delle perdite in guerra. Nella seconda guerra mondiale sono saliti al 50 per cento. Oggi, gli uccisi e i feriti in guerra, proprio per il tipo di conflitti che si combattono sono civili, soprattutto donne e bambini. Da tempo si cerca da parte degli organismi internazionali di stabilire regole e sanzioni rispetto all'età permessa per partecipare ad azioni belliche. Per ora si è trovato molta difficoltà a mettere le mani in un misto ribollente di sentimenti, rabbia, lutti, sensi di rinvincita e di colpa. Quando un gruppo di magnifici ragazzini dagli occhi neri ti si precipita addosso, se sei di Natanya o di Tel Aviv, con pietre e bottiglie molotov, o quando tuo figlio, se sei di Betlemme, vuole uscire in strada carico di nobili sentimenti e di aggressività , urge avere un'alternativa comportamentale rispetto agli odierni automatismi.

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