UN DISCORSO EQUILIBRATO PER CURARE L’ ANSIA E LA PAURA DOPO GIORNATE D I SANGUE E FUNERALI Un caffelatte tiepido a un popolo affamato
venerdì 22 febbraio 2002 La Stampa 0 commenti
                
Fiamma Nirenstein 
L’ UNICA vera novità strategica nel discorso di Sharon è stato 
l’ annuncio 
della creazione di zone cuscinetto di separazione fra Israele e i 
palestinesi in funzione antiterrore: zone limitate, collocate 
soprattutto 
lungo la Linea Verde, una sorta di « no man's land» che dovrebbe 
impedire, 
ora con steccati ora con reticolati, il libero passaggio lungo le 
strade dei 
terroristi suicidi. E’ una vecchia proposta, che certo non è 
destinata a 
risolvere tutto il problema della sicurezza, e che certo troverà 
molte 
contestazioni: da parte palestinese, dalla sinistra e anche dai 
coloni degli 
insediamenti, che saranno sfavoriti da questo sistema difensivo. 
Sharon ha scelto una linea mediana, di basso profilo, con il chiaro 
orizzonte della pace, con una visione ripetuta di un movimento 
evolutivo 
possibile, con tutta la questione degli insediamenti aperta e 
sottoposta 
all’ andamento della riduzione della violenza, con la consueta 
determinazione 
nel rispondere duramente agli attacchi terroristi senza dar tregua, 
ma senza 
nessun indirizzo strategico nuovo: in altre parole, senza 
l’ intenzione di 
occupare le zone A, ma anche senza lasciare che le organizzazioni che 
portano gli attacchi vi trovino un tranquillo rifugio. Niente 
medicine 
miracolose, nessuna nuova occupazione o nuovo sgombero in vista di un 
accordo rassicurante contro il terrorismo, e la promessa di riavviare 
qualche trattativa anche in questi giorni, incontrando rappresentanti 
dell'Autonomia. 
Sharon ripete: appena il terrorismo ci darà tregua ricominceremo a 
parlare, 
appena le armi taceranno si svolgerà la trattativa sulle « dolorose 
concessioni» , che però « mai riguarderanno la sicurezza» , ma saranno 
solo 
territoriali. E’ molto rilevante che Sharon non abbia ripetuto la sua 
determinazione a tenere Arafat assediato dentro Ramallah, né abbia 
ripetuto 
le formule che ne fanno un interlocutore « irrilevante» ; ha parlato 
con 
grande riguardo di una telefonata di Mubarak che gli ha chiesto di 
incontrarlo in tempi brevi: « Prenderemo in considerazione le parole 
amichevoli del presidente egiziano» , ha detto Sharon. E adesso che 
Arafat ha 
fatto arrestare i due palestinesi del Fronte Popolare che lo scorso 
ottobre 
uccisero il ministro del Turismo israeliano Rehavam Zeevi, ha 
assicurato: 
« Manterrò le mie promesse» . 
Il discorso del premier israeliano, privo di sorprese e molto 
possibilista, 
privo anche di aperture decisive sia verso la pace che verso una 
« guerra 
totale, che farò di tutto per evitare» , quieto e patriottico quel 
tanto che 
dovrebbe dare coraggio alla gente spaventata e depressa, con una 
parte 
rivolta anche ai padri di famiglia palestinesi, appare un po' come un 
caffellatte tiepido offerto a un popolo affamato di soluzioni, mentre 
tutti, 
dopo giornate di funerali, terrorismo e sanguinosi attacchi 
dell'esercito 
all'Autonomia Palestinese, aspettavano forse una parola decisiva, che 
li 
scuotesse, indicando una migliore strada per la sicurezza o un 
drammatico 
gesto di pace. 
Sharon ha cercato di curare l’ ansia e la paura ricordando 
l’ incredibile 
capacità di resistenza del popolo ebraico, la capacità di costruire 
in 53 
anni un Paese democratico ricco di acquisizioni economiche e sociali, 
in 
cui, ha ricordato, « seguitano a giungere nuovi immigrati da tutto il 
mondo 
anche se la nostra democrazia, la grande ricchezza di Israele, è 
stata mal 
interpretata dal mondo arabo come una forma di permissività e di 
debolezza. 
Israele invece è pur sempre un Paese che sa eventualmente vincere le 
guerre» . E’ stato il punto più filosofico e più teorico del discorso, 
per 
altro invece volutamente di tono basso e fattuale. Anche quando si è 
rivolto 
ai palestinesi, Sharon si è guardato bene dal tornare alla critica al 
loro 
capo, ma l’ ha sottintesa quando ha chiesto ai vicini-nemici di 
pensare al 
futuro, di abbandonare l'odio e il terrorismo e di cercare un accordo 
che 
consenta ai loro figli un futuro di progresso. Insomma: che i 
palestinesi si 
cerchino una migliore leadership. Sharon non si è consegnato alla 
destra, 
semmai sembra più propenso a cercare la sicurezza, oltre che nelle 
solite 
dure operazioni militari di reazione, anche nella separazione 
unilaterale 
delle « buffer zone» . 
Intanto proseguono i colloqui con Abu Allah. Di fatto, anche dopo 
giorni in 
cui sono stati seppelliti tanti giovani, Sharon non ha detta una sola 
parola 
d'odio o di disprezzo contro il popolo palestinese né contro i suoi 
capi, e 
ha tenuto il tono di chi lascia le porte aperte. 
            