UN DISCORSO CHE RICORDA BEN GURION La sfida del vecchio generale Sang ue, sudore e convivenza Scelta la linea dell’ apertura a 360 gradi come già testi moniano le disperate e furibonde reazioni della gente degli insediamenti
venerdì 19 dicembre 2003 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME
LA densa, agitata attesa per il discorso di Sharon alla conferenza
di
Herzlya ha costituito nei giorni scorsi un fenomeno a sè : esso è
stato
paragonato dai commentatori israeliani al discorso di Theodoro Herzl
alla
conferenza di Basel quando egli proclamò la nascita dello Stato
Ebraico, o
alla dichiarazione Balfour, che per parte inglese, all’ inizio del
secolo XX
dichiarava di vedere con favore la nascita di « un focolare per gli
ebrei» .
Se è un’ esagerazione, lo dirà la storia, ma Sharon ha certo compiuto
ieri
una scelta molto drammatica: ritiro dell’ esercito a una linea di
difesa
diversa da quelle attuali, smantellamento di insediamenti,
ridistribuzione
di alcuni di essi, ovvero rimozione dal cuore dei territori, blocco
totale
dello sviluppo degli insediamenti, grandi misure di facilitazione
compreso
un alleggerimento decisivo dei posti di blocco, aiuti economici ai
palestinesi « senza risparmio» . E sullo sfondo lo stato palestinese in
fieri.
Tutto questo deve ancora accadere e ci vorranno mesi, Shimon Peres da
capo
dell’ opposizione già dice che le parole non sono fatti, che solo i
fatti
portano la pace. Ma certo ci sono molti elementi fatali e decisivi
nelle
parole che Sharon ha preparato per giorni, incontrando uomini suoi e
capi
dell’ opposizione, israeliani e stranieri nel ritiro della sua
fattoria nel
sud. Il risultato è un discorso che George Bush ha ricevuto alcune
ore prima
che fosse pronunciato e che corrisponde a quasi tutte le speranze
dell’ Amministrazione americana, salvo che per il punto della barriera
di
difesa. Su quella Sharon è convinto fino in fondo che rappresenti la
salvezza stessa della popolazione civile attaccata dal terrorismo. Ma
per il
resto Sharon sceglie la linea di aprire a 360 gradi, come del resto
testimoniano le già durissime reazioni della gente degli
insediamenti,
partendo dalla Road Map, compreso sgombero di tutti gli insediamenti
illegali.
Il Primo Ministro dice infatti: prima diamo alla Road Map di marca
americana
la possibilità di decollare di nuovo, e solo se scopriremo che non
c’ è un
partner per metterla in atto, allora e solamente allora, fra qualche
mese,
poichè non possiamo restare per sempre in questa situazione faremo
dei passi
unilaterali. Questi passi, nella mente di Sharon sono la risposta al
fallimento di tutti i colloqui vecchi e nuovi, altrui e suoi (da
Barak con
Clinton a Arafat a Camp David a lui stesso con Bush e Abu Mazen a
Taba) in
cui la soluzione dell’ accordo con i palestinesi non si è rivelata
realistica, in cui « land for peace» non ha funzionato: quindi, la sua
scelta
uniltareale è strategica, e non legata a una delusione momentanea. E’
questa
la decisione nuova: quella di tirarsi fuori da parte della Giudea e
della
Samaria (« la scelta più dolorosa che si possa immaginare» , ha detto)
comunque: il vecchio fondatore degli insediamenti ebraici sceglie la
via di
uscita in maniera circostanziata e decisa, dedice di strappare quel
pugnale
dalla carne di Israele perchè lo considera, almeno per alcune parti,
una
scelta pericolosa per lo Stato Ebraico stesso, per motivi politici e
demografici.
Fra la scelta di uno Stato Ebraico e meno territorio, e quello di più
terriotorio e meno Stato Ebraico, sceglie la prima strada, come Ben
Gurion.
Non solo: la sua scelta segue, come è logico per ogni politico, la
volontà
testimoniata da tante indagini statistiche: la maggioranza, likud o
laburista non importa, sceglie la pace da tempo. E poi, Sharon da
generale,
da militare, sa cosa vuol dire il sangue, la morte, la perdita dei
giovani
soldati, e da tre anni sa anche che il terrorismo può mettere un
intero
Paese in una situazione di assedio civile, umano ed economico.
Il capo storico dell’ insediamento di Migron, il primo sulla lista
degli
sgomberi legati alla Road Map, un aggregato di 43 famiglie e venti
minuti da
Gerusalemme è un vecchio amico di Sharon: si chiama Zeev Hever, detto
Zambish, ed è un uomo tutto fede e sacrificio. Sharon ieri ha scelto
fra la
sua amicizia e la sua nuova strada: Zambish fino all’ ultimo ha
ripetuto che
non credeva una parola di quello che gli raccontavano del suo vecchio
compagno, che proprio lui volesse tradirli, che proprio lui volesse
abbandonare gli uomini che, comunque li si consideri, hanno in questi
tre
anni hanno avuto immensi lutti fra familiari e vicini di casa a causa
degli
attacchi terroristi; « chi pensa di cedere territori con una mossa
unilaterale» , ha anche detto Zambish « premia il terrorismo e da pure
segni
di essere malato di mente, con quello che abbiamo passato» .
Ma Sharon, che malato di mente non è , ha deciso di seguire la sua
personale
stella che è composta di più aspetti: per prima cosa, il Primo
Ministro non
può più stare politicamente immobile, o ne va della sua credibilità
come
leader storico quale egli vuole essere. Dichiarò recentemente in
Italia a
« La Stampa» : « Io sono il solo che può fare la pace» : Sharon, come
Begin,
leader del Likud che firmò la pace con Sadat dandogli il Sinai e
sgomberando
l’ insediamento di Yamit con la forza, è convinto che se Israele ha
una
chance, si tratta della sua propria chance; la sinistra si troverebbe
contro
una muraglia di no, dato il pessimo risultato ottenuto a suo tempo
con gli
accordi di Oslo. Anche Sharon già suscita l’ ira degli insediamenti,
ma la
sua biografia, la sua forza personale può rappresentare un valido
contrappeso. La lotta sarà dura, la linea di Sharon è una linea che a
differenza di quella di Barak intende tenere conto innanzitutto della
sicurezza di Israele, Sharon non cederà quello che non riterrà
conveniente
per il suo Paese; d’ altra parte, Sharon non cederà alle pressioni
degli
insediamenti, che muoveranno mari e monti contro il suo programma, e
neppure
si farà impressionare dalle reazioni dei palestinesi, che da un parte
dicono
che non è vera proposta di pace, dall’ altra che il discorso di Sharon
è la
dichiarazione di resa d’ Israele. Come quando se ne andò dal Libano
unilateralmente.