Un colpo al cuore del « partito dei coloni» Tra le vittime la figlia del leader
venerdì 3 novembre 2000 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
La Jihad, se la rivendicazione corrisponde davvero al gruppo
terroristico
che ha compiuto l’ attentato, ieri sera si sarà rallegrata
doppiamente: non
soltanto è riuscita a portare sangue e terrore a Mehane Yehuda, il
mercato
centrale di Gerusalemme dove la gente, speranzosa dopo l’ incontro tra
Peres
ed Arafat, era andata per la spesa tradizionale di fine settimana;
per uno
scherzo malefico la bomba di dieci chili che ha fatto esplodere la
Mazda
parcheggiata in una viuzza ha ucciso, insieme con l’ avvocato Hanan
Levy,
Ayelet Ha Shachar Levy, figlia di Ytzhak Levy, il segretario del
partito
nazionalista religioso, il Mafdal. E’ un partito che conta cinque
seggi alla
Knesset, deputati eletti dagli uomini che vivono negli insediamenti
ebraici
della Giudea e della Samaria o di Gaza. Sono i cittadini israeliani
che i
palestinesi odiano di più , i « coloni» .
Fino a sera la notizia non ha trovato nessuna conferma se non sui
siti del
Chat dell’ Internet, secondo la regola israeliana di tenere segreti i
nomi
dei caduti finché la famiglia non sia avvertita. Ma il padre della
giovane
donna, un cinquantenne dall’ aspetto patriarcale, una « colomba» nel
mondo del
nazionalismo, era in visita a Gaza, a Netzarim e in altri
insediamenti
ebraici.
« Seguivamo le notizie di questo giorno che avrebbe dovuto essere di
pacificazione - racconta Shaul Yallom, un deputato del Mafdal in
grande
stato di choc - Spari a Gaza, spari a Ramallah, spari a Ghilo. Eppoi,
l’ attentato nel centro di Gerusalemme. E dopo un po’ che seguivamo le
notizie con il cuore in gola, a un tratto il dolore per la situazione
generale è diventato una grande pena personale. E’ una sorte che
molti
ormai, in questi giorni, sono costretti a sperimentare» .
Il partito di Levy non ha detto neppure una parola di reazione
ufficiale, e
tanto meno il suo segretario. Ma è un silenzio che certo prelude a
una
reazione irata, dolente, particolarmente carica di senso di
frustrazione: il
Mafdal, da quando, dopo il fallimento del processo di pace, si spara
nei
Territori e a Gerusalemme, aveva più volte richiesto che lo Stato
difendesse
con decisione i suoi cittadini, e aveva denunciato senza tregua lo
stato
d’ assedio degli insediamenti. Anche Tzahal, l’ esercito, era stato più
volte
criticato e invitato ad agire con determinazione.
Ma Ytzhak Levy ha sempre trattenuto un partito tendenzialmente
estremo dal
diventare un pericolo pubblico. Nato in Marocco, è immigrato a 10
anni in
Israele; la sua storia di fondatore dell’ insediamento di Elon Moré ,
nella
West Bank, e di restauratore del quartiere ebraico della Città
Vecchia,
distrutto dai giordani, disegna un pedigree di nazionalismo di
vecchio
stampo, e gli dà tutte le carte in regola per essere il segretario
del suo
partito. Ma non gli piacciono gli armati che formano falangi
desiderose di
spedizioni punitive, crede nella missione di vivere nei luoghi santi
di
Israele, ma gli piace avere parte attiva e civile nel gioco politico
del
Parlamento. Infatti non ha esitato affatto nel passare dal governo di
Netanyahu a quello di Barak, incurante dei richiami dei due rabbini
che
ambiscono ad essere la guida spirituale dei suoi uomini: i rabbini
Mordechai
Eliahu e Avraham Shapira.
Il processo di pace, fino a quando Barak non ha cominciato a
contrattare
parti di Gerusalemme a Camp David, non è stato una zona proibitiva
per Levy.
Ma, l’ incontro americano tra Barak Arafat e Clinton lo ha indotto ad
uscire
dal governo. In possesso di un titolo rabbinico, con il suo stile
quieto, i
suoi svariati ruoli ministeriali e il suo continuo gioco tutto
interno, non
ha mai lasciato che i rabbini prendessero il sopravvento. Dal 1995,
quando
Rabin fu assassinato, il suo predecessore Zvulun Hammer, morto nel
1988,
aveva dato libero corso a una crisi di coscienza che aveva creato una
leadership determinata a rimanere nelle colonie, ma molto più duttile
che
nel passato. Forse proprio per questo il partito di Levy non è più
molto
forte, né ha grandi prospettive elettorali.
Certamente adesso, tuttavia, i suoi uomini negli insediamenti si
sentiranno
ancora più traditi dallo Stato e ancora più indifesi dall’ esercito e
dalla
polizia. Ayelet Ha Shachar Levy stava cambiando casa, era venuta a
vivere a
Gerusalemme, proprio ieri stava traslocando nella Città Santa da un
piccolo
insediamento nel deserto. Quando il camion del suo trasloco, per
posteggiarsi di fronte alla nuova casa, ha fatto spostare la Mazda
che era
proprio davanti al portone, è avvenuto lo scoppio. Ayelet aveva una
bambina
di tre anni. Gli uomini del Mafdal vedono i loro peggiori incubi
realizzarsi. Levy, piegato dal dolore mentre di notte andava a
seppellire la
figlia, forse non ha fra i suoi primi pensieri quello di sedare la
frustrazione e l’ ira che crescono negli insediamenti.