Un colpo ai terroristi. E sul lungo termine la pace sarà più facile
sabato 4 gennaio 2020 Il Giornale 1 commento
Il Giornale, 04 gennaio 2020
E' stupefacente che l'eliminazione di Qassem Suleimani venga quasi ovunque in queste ore valutata per i pericoli per la pace che potrebbe comportare senza considerare i reali disastri di guerra che la sua vita ha causato. E di conseguenza, è assurdo non considerare che, nel lungo termine, è certamente portatrice di pace la scomparsa dalla scena politica del capo iraniano delle milizie Quds che ha affermato durante un'intervista del 2009 che "il vero paradiso perduto dell'uomo è il fronte di guerra".
Qassem Suleimani è stata la causa basilare del volgersi dell'Iran, che certo già lo possedeva nel suo dna, verso il terrorismo, verso una scelta persian-imperialistica e soprattutto verso il messianismo dello Stato Islamico. Abbiamo conosciuto quello sunnita dell'ISIS; terrificante e orrido, ma piccolo e alla fine sconfitto. Quello di Qassem Suleimani, era già padrone del Medio Oriente e volto a conquistare il mondo: lui si vantò che era già grande cinquecentomila chilometri quadrati, e aveva ragione. Iraq, Libano, Siria, Gaza, Yemen e non solo, oltre naturalmente all'Iran stesso, lui li aveva soggiogati con mezzi diversi, al cui centro però troviamo sempre le armi e l'odio ideologico. Di centinaia di migliaia di missili aveva riempito gli Hezbollah, diventando amicissimo di Nasrallah; con le armi aveva difeso, insieme a loro e sotto gli auspici russi, Bashar Assad, che senza il suo aiuto non sarebbe sopravvissuto.
E anzi, l'impegno iraniano contro l'Isis tanto vantato, nasce nella difesa strenua dell'assassino Assad anche se Soleimani ha combattuto bene la sua guerra contro il Califfo in nome degli Ayatollah (mi si consenta di ricordare che ho scritto un libro su questo argomento). Da ragazzino combatteva contro l'Iraq, e poi, da comandante nel 2003 ha cominciato la strada per farlo suo. La sua guerra con l'Isis non è stata parte del consueto scontro sciita-sunnita, che Soleimani sapeva mettere da parte quando gli conveniva, come nel caso del rapporto con Hamas e con la Jihad Islamica di Gaza stessa, o persino al tempo in cui Bin Laden era nascosto in Iran. Anche Ismail Hanijeh, capo di Hamas, anche lui sunnita, ha visitato e tenuto summit importanti a Teheran. Suleimani sarebbe stato il prossimo presidente Iraniano, un nuovo fanatico Ahmadinejad molto migliorato per valore e cultura, sostenuto dal potere religioso e da quello militare; ha creduto di poter fare tutto quello che gli pareva da leader carismatico e abilissimo. Aveva approfittato per crescere della guerra in Iraq, poi della guerra siriana. Il generale Petraeus dichiarò che vedeva in lui un' incarnazione del male è riporto che gli aveva detto: "Generale, lei dovrebbe sapere che io, Qassem Suleimani, controllo la politica iraniana in Iraq, Libano, Gaza, Afghanistan". E a Trump disse in video: "Presidente, attento, siamo molto vicino, lei può cominciare una guerra ma non potrà finirla".
Era un tipo così: si dice che commissionò un cartello della droga messicano per uccidere un magnate saudita. Capo delle milizie Al Quds, le guardie della Rivoluzione dal '98, nel 2009 le ha usate per sparare sulla sua folla in rivolta, e anche durante queste ultime manifestazioni non è stato da meno. Ma ultimamente, con gli Stati Uniti, ha sbagliato il passo: ha attaccato i tank petroliferi nel Golfo, ha buttato giù un drone e attaccato i sauditi dallo Yemen, avrebbe dovuto capire il contrattacco di Trump agli hezbollah iracheni dopo l'uccisione di un americano era dovuta; invece ha fatto il gradasso di nuovo mettendo il dito in una piaga. Nessun Presidente, neanche di sinistra,avrebbe accettato l'aggressione all'ambasciata di Baghdad dopo quelle antiche di Teheran e Benghazi. E lui l'ha fomentata.
domenica 5 gennaio 2020 08:31:12
Gentile Nirenstein, mando mio breve articolo su riforma Nato. Un saluto, MFhttps://temindivenire.wordpress.com/2019/12/25/nato-update-ripensare-la-geopolitica-mediterranea/