Un ammonimento all’ asse Iran-Siria-Hamas
giovedì 29 giugno 2006 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
GERUSALEMME
Non è stata solo una beffa il volo a bassa quota degli F16 israeliani sopra
la reggia di Bashar Adssad di Siria a Latakia. E’ stata, come l’ ingresso a
Gaza delle truppe di Tzahal, un’ indicazione di cambio strategico mentre il
fronte si modifica. Così come lo sgombero da Gaza ha spostato il fronte del
terrorismo, e Israele mostra ora di abbracciare una nuova concezione
strategica, così l’ incursione aerea notifica una presa di coscienza: la
vittoria di Hamas insieme a Khaled Meshaal di base a Damasco, si saldano con
un nuovo fronte islamista al di là dei palestinesi. Israele ne era a
conoscenza da tempo, ma solo ora ha deciso di segnalare la sua
determinazione a battersi, dopo che l’ indicazione se non di rapire Gilad
Shalit almeno di non rilasciarlo (Abu Mazen e Ismail Haniyeh hanno invece
chiesto di farlo) è venuta da Meshaal.
Che cosa ha mandato a dire Israele a Assad tramite i bum degli F16? Che
devono essere riviste alcune cose. La prima: l’ ospitalità e il sostegno
insieme a altri gruppi terroristi all’ ala più aggressiva di Hamas; il patto
d’ acciaio che ha per altro una sua visibilità formale, oltre che
nell’ ospitalità , anche in un patto strategico firmato il 15 giugno dai
ministri degli Esteri siriano e iraniano. In esso è contenuta una cordiale
intesa sulla distruzione dello Stato d’ Israele, di cui il primo strumento è
il continuo sostegno a Hamas; la partecipazione a un asse che, sempre con
intenti antioccidentali, incurante delle vecchie divisioni fra sunniti e
sciiti, o rimandandone lo scontro, include oltre all’ Iran, Hamas, la Jihad
Islamica, gruppi minori e,con grande rilievo, gli Hezbollah. In ombra anche
Al Qaeda, il cui defunto leader al Zarqawi era il fondatore di una strategia
mediorentale antisraeliana con il centro in Sinai, in Giordania e nei
Territori palestinesi.
Le visite di Meshaal in Iran (benchè gli ayatollah siano sciiti) hanno
periodicità , si dice, quasi mensile. Due sono stati gli incontri
fondamentali, il primo a novembre a Beirut, con Mottaki, il ministro degli
Esteri iraniano, e il secondo a Damasco il 19 Gennaio, con la presenza di
Ahmadinejad. Lo stesso giorno a Tel Aviv veniva compiuto un attentato
terrorista suicida; poco dopo, Al Qaeda colpiva in Sinai. Così come Israele
ha reagito alla seconda Intifada riuscendo a diminuirne il pericolo, così
sembra apprestarsi a fare con la sua nuova guerra. Se l’ obiettivo non fosse
così importante non avrebbe rischiato la risposta degli Hezbollah che ora si
aspetta al Nord, dal Libano, anch’ esso da tanto tempo dentro gli equilibri
legati alla Siria.