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Tutto può accadere. Ma adesso l'Iran sa che Israele è pronto

sabato 28 settembre 2024 Il Giornale 0 commenti

Il Giornale, 28 settembre 2024

Se Nasrallah sia vivo o morto, ancora non si sa: ma il Centro di comando degli Hezbollah che comanda almeno 40mila combattenti, governa 200mila missili, nuovi sofisticatissimi sistemi cyber… tutto è distrutto. E mentre scriviamo, giungono notizie sulla realistica possibilità che Nasrallah fosse davvero dentro il bunker distrutto a Beirut dalle forze israeliane. Netanyahu è sulla via del ritorno da New York, nonostante di Shabbat secondo la tradizione ebraica sia proibito viaggiare. Ma quando si tratta di “pikuah nefesh”, questione vitale, allora è permesso. E qui il caso è senza dubbio questo: questione vitale. Tutto può succedere adesso. Nel caso Nasrallah, il mitologico ieratico assassino capo degli Hezbollah, succeduto a Najaf al Mussay eliminato nel 1992, è ancora vivo, probabilmente vorrà dimostrare che può ancora dare fuoco a Israele per intero. Il fronte interno sta già dando istruzioni alla popolazione tramite la radio e la tv: state vicini ai rifugi. Nasrallah potrebbe reagire subito indicendo anche l’Iran a intervenire immediatamente per punire Israele, come non ha fatto per l’attacco dei beeper e l’eliminazione dei suoi capi di Stato maggiore successivi. Se invece è stato ucciso dall’attacco di Israele, il suo effetto potrebbe essere quello di paralizzare il nemico per un certo periodo, di bloccarlo finché riorganizza le forze dopo lo shock della perdita del capo supremo: il religioso ispirato che combatte aspettando il Mahdi, il messia shiita che porterà il dominio islamico, il modello fra i proxy dell’Iran, il terribile capo terrorista col turbante, organizzatore di una rete feroce, campione nel numero di morti in tutto il mondo, e anche in guadagni in traffici illegali.

Nasrallah è il parlatore instancabile, genio del male, inventore della teoria della debolezza sostanziale della società Israeliana in quanto tipicamente occidentale: “È debole come il filo di una tela di ragno” ha ripetuto più volte durante le tante guerre contro lo Stato Ebraico, anche quelle in cui veniva palesemente battuto, come nel 2006. Questa sua invenzione psicologica ha certo ispirato l’idea della possibilità di distruggere lo Stato Ebraico con attacchi militari e anche psicologici, che spezzassero l’unità. Sinwar se ne è ispirato esplicitamente. L’operazione “bombe sul rifugio di Nasrallah” a Dahya, il quartiere Hezbollah a Beirut è partita quando Netanyahu stava per salire ieri sul podio dell’ONU. Là di fronte a una platea ignara, dopo che da un ufficetto in albergo aveva consentito all’operazione, ha esclamato: “Quando è troppo è troppo”, nel corso di un discorso in cui ha spiegato, e non a caso, l’inevitabilità della guerra di necessità di Israele contro gli Hezbollah: ha raccontato come gli uomini di Nasrallah avessero preso a bombardare proditoriamente il suo Paese sin dall’8 di ottobre non essendo affatto coinvolti nella guerra di Gaza. Nasrallah ha deciso di fiancheggiare gli assassini di Hamas e quindi di rendere un’area fantasma, con le città e i kibbutz, una grande regione.

È la decisione inamovibile di riportare a casa i più di 60mila cittadini fuggiti dal confine per l’aggressione di Nasrallah, ha detto Netanyahu, che ci porta a combattere, e ce la faremo. Nel frattempo si compiva di sorpresa la più grossa operazione di guerra compiuta fin qui, senza operazione di terra. Il grande bunker di Nasrallah è stato colpito: il capo di Hezbollah da decenni si serve di rifugi profondamente nascosti sotto terra costruiti sotto edifici che ieri sono stati distrutti. Ieri potrebbe avere pensato che dopo che negli anni Israele l’ha risparmiato, anche adesso, in una giornata relativamente interlocutoria, con la proposta americana sul terreno, poteva allentare leggermente la guardia, specie mentre Netanyahu era negli USA, all’ONU. La decisione di Israele si incastona nel discorso dal podio: è solo con una guerra decisa che si conquista, ha detto Netanyahu, una vera pace per Israele, altro non si può fare contro i tanti nemici guidati dall’Iran che vogliono la sua distruzione da sette fronti, che combattere e vincere e con questo garantire ai possibili amici, come l’Arabia Saudita, che vale la pena di una partnership di sviluppo e difesa reciproca dall’Iran. L’Iran ieri sera ha già annunciato che le regole del gioco sono senza dubbio cambiate. Sembra logico che intenda prendere decisioni che lo disegnino come l’affidabile scudo di tutto il mondo sciita e di Hamas. D’altra parte, certo Israele ha pensato a questa possibilità, e l’Iran lo sa bene.        

 

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