Tutti immobili, in casa e per le strade, nel giorno di Yom ha Shoah dedicato all’ Olocausto Suona la sirena, Israele si ferma e ricorda Né preghie re né singhiozzi: un Paese intero col suo dolore muto
martedì 20 aprile 1993 La Stampa 1 commento
TEL AVIV ISRAELE ha celebrato doenica Yom ha Shoah, il giorno del
ricordo dello sterminio degli ebrei. Quando la realtà ti sovrasta e
lo stupore ti inonda, e non vi è possibile parola di commento, non
resta che ritrarsi nell’ immobilità , nel gesto di chi si astiene e
lascia spazio alla creazione e al suo svolgimento, quale che sia. La
sirena suona alle 10 di mattina in tutto il Paese, quella stessa
sirena che è per ognidove e che tante volte avverte la gente a
rifugiarsi in caso di bombardamento. E tutti, sulle autostrade come
negli snodi del traffico urbano, si arrestano e si immobilizzano
fino al declinare del suono, come un gatto che stia per afferrare
una preda, come un bambino che abbia paura del buio, come un
innamorato, un morto, un figlio che ascolti le ultime parole
sussurrate dal padre. C’ è inerzia e c’ è tensione, c’ è
decisione dei nervi, sangue freddo, e anche paura. Tutti stanno
fermi: in mezzo alla strada, sull’ attenti presso lo sportello dell
’ automobile semiaperta, in grappolo accanto all’ autobus che ti
trasportava, silhouette tutte raccolte in un pensiero ancora più
che in un ricordo. Vergogna su chi dentro il negozio prosegue nel
trattare i suoi affari; uno sguardo carico di malinconia di una
vecchia donna attraversa la vetrina, e colpisce a morte il
negoziante. Un telefono pubblico, secondo l’ uso della povertà
locale suona perché un’ utente senza gettoni si è fatta
richiamare: lei con una massa di riccioli neri, si guarda intorno
nella strada come in una camera in cui tutti dormano. Scusate,
dicono gli occhi della ragazza per cui il telefono suona; il trillo
prosegue, ed è inaspettatamente robusto. La ragazza non risponde.
Si compie intorno come un intendimento metafisico di vivi e di morti
che ha l’ effetto di una valanga di energia, di voci, di immagini,
di corpi. Sugli autobus, sui negozi di moda, sui baracchini di pita
e di phalaffel, sulle banche, si intreccia il girotondo degli
spiriti di Auschwitz, di Sobibor, del ghetto di Varsavia. È come
una schiera marciante fatta di memoria, che tenendosi per mano in
una fila di sei milioni investa un Paese moderno tutto intero e lo
rapisca per alcuni momenti in un altro mondo, e lo intrida di
passato. Quando la sirena piano piano perde di intensità e scivola
verso il silenzio per restituire al mondo la sua voce di ogni
giorno, è come se la marea dei morti si ritraesse dagli autobus
fermi, lasciasse i bambini tornare ai giochi, consentisse solo una
traccia leggera di qualche lacrima. Vecchi polacchi senza remissione
si asciugano lo sguardo indurito col dorso delle mani. I loro nipoti
nelle scuole stanno tornando nel banco. Hanno sostato immobili in
silenzio sugli attenti. In un secondo i ragazzi tornano a ridere e a
scherzare. Il Paese intero, le sue strutture civili, deglutiscono
il dolore: non c’ è preghiera né singhiozzo che esprima il lutto
che può esprimere coralmente un’ intera struttura sociale
organizzata, un Paese che concentri il suo epos intorno a un
ricordo; inghiottendo, per così dire, nel ventre delle scuole,
degli ospedali, delle autostrade, delle piscine comunali serrate
nonostante 35 gradi di temperatura un dolore che altrimenti non può
essere neppure concepito, e di cui infatti l’ ebreo della diaspora
spesso si ammala e anche muore. La radio trasmette tutto il giorno
testimonianze di sopravvissuti, il primo ministro Ytzhah Rabin tiene
svariati discorsi; l’ esercito ha l’ incarico di celebrare a occhi
asciutti; la sera la televisione racconta soprattutto la rivolta dei
ghetti, perché la rivolta è l’ apice dello spirito nazionale degli
ebrei d’ Israele. Questo può non piacere ai religiosi che vedono
nell’ Olocausto una sostanziale punizione; può non piacere alla
Diaspora che celebra l’ Olocausto con un’ interlocuzione continua
sul tema dell’ antisemitismo con i propri connazionali italiani,
americani, francesi... Israele Yom ha Shoah lo celebra così : un
autobus di linea, con le insegne del municipio, si ferma; il flusso
della memoria soffia come un tifone di energia. La sirena tace. L’
autobus riparte. Fiamma Nirenstein
mercoledì 7 aprile 2021 20:04:55
Leggo quest'articolo nel giorno di Yom HaShoah 2021, assisto alla commemorazione in diretta da Yad Vashem e, nel contempo, alla ricerca di materiale (da sottoporre ai miei alunni) che possa rendere l'idea concreta di tale ricorrenza.Il suo articolo è perfetto all'uopo.Mi fa sentire in mezzo alla gente che descrive, con sincero rispetto e totale solidarietà ai figli, nipoti, a chi è rimasto. A tutte le vittime: onore alla loro memoria.Grazie