Fiamma Nirenstein Blog

TUTTE LE SIGLE DELL’ ESTREMISMO PALESTINESE SEMBRANO ORMAI AGIRE IN PERFETTA SINTONIA Quando il terrore diventa vita quotidiana In Israele anche le abitudini più normali sono un azzardo

domenica 2 dicembre 2001 La Stampa 0 commenti
GERUSALEMME VIVERE, esercitare il proprio coraggio e la propria resistenza con un po' di musica, una birra o un caffè , uscire la sera con altri ragazzi anche se nelle ultime ventiquattr’ ore ci sono stati altri 8 morti, anche se da ogni parte si salta per aria, ti sparano addosso, l'autobus esplode: e invece, no. E' proibito a Gerusalemme, per i ragazzi vivere. Il terrore è vita quotidiana. Chi osa vivere, muore: questo in piazza Sion, all'angolo di via Rav Cook, è stato ieri il messaggio di mezzanotte dei terroristi palestinesi; questo piangevano le urla disperate dei più di centocinquanta ragazzi feriti e dei loro amici, questo suggeriva la corsa folle della fuga, su e giù gridando sulle pietre delle viuzze pedonali. Il sangue dei ragazzi del sabato sera ha letteralmente inondato il centro di Gerusalemme proprio dove osano fingere una vita normale alla vigilia della nuova settimana: adesso le loro sacche sono sparse per terra, brandelli di vestiti arrossati, ovunque. Alcune famiglie non vedranno più il loro figli usciti per un po' di musica. Notte fonda, freddo, il centro dei caffè , dei ristoranti è illuminato da luci al neon, azzurre, bianche, rosse: i ragazzi stanno in piedi di fronte al caffè Blu Hole, o all'Apple Pizza all'angolo di Piazza Sion, proprio dove tutta Gerusalemme si incontra: i ragazzi religiosi da Meah Shearim, che curiosi osservano i loro coetanei laici, ragazzi e ragazze mescolati, e i turisti scendono dalla Mid Rehov, dove le vetrine di souvenir occhieggiano. Ridono e chiacchierano come ogni sabato sera, quando due terroristi suicidi a breve distanza di tempo li trascinano nel loro inferno di sangue. Poco lontano, venti minuti dopo, scoppia un'auto di fronte al ristorante Rimon, qualche decina di metri più in là , mentre la folla impazzita corre, oppure cerca di aiutare i feriti riversi sul selciato. Arrivano urlando le ambulanze, la polizia cerca di diminuire la confusione e di verificare che non ci siano altre bombe in giro. Si cominciano a contare i primi morti. Giovani, come allora a Tel Aviv, anche oggi a Gerusalemme: il peggiore attentato dentro una geografia del terrore che non concede rifugio. A pochi metri la pizzeria Sbarro, decine di morti, accanto il Pub Bianchini, vicinissimo l'ex caffè Atara esploso due volte, poco più in là il mercato centrale Mahanei Yehuda, decine di morti in più puntate..l'elenco è ancora lungo. E' un attentato che sembra senza precedenti per la violenza, la preparazione e la coordinazione, come quella che abbiamo visto crescere nei giorni scorsi, quando Jihad Islamica, Hamas e Fatah hanno rivendicato insieme le precedenti azioni terroristiche, come quella di Afula. Non è più distinguibile una matrice unica del terrore: tutte le organizzazioni appaiono ormai implicate in azioni comuni. Accurata preparazione, dispiegamento di forze, tempismo nelle esplosioni: tutto questo mentre l'inviato degli Stati Uniti Anthony Zinni incontra rappresentanti palestinesi e israeliani. Oggi ha visitato Gaza, ma al di là delle parole, l'accoglienza concreta che ha ricevuto non lascia posto alle illusioni: di quel « cessate il fuoco» che è venuto a cercare non si parla neppure, Israele è un nemico mortale con cui non c'è di che parlare, il terrorismo è un'arma massiccia. La cronista venerdì sera aveva passeggiato in lungo e in largo tutta la zona degli attentati di ieri notte, fino ad sedersi in un ristorante. Quando siedi in un ristorante, quando passeggi, quando ti fermi per un caffè , senti sul collo il fiato del destino, guardi ogni avventore per capire se ha l'aspetto di un terrorista, se porta una borsa, una grossa cintura sotto la giacca. Ci si guarda intorno spesso. Anche i ragazzi lo fanno ormai per abitudine. Eppure da quel momento, è lontano mille miglia l'istante di incredulità che segue al botto, l'impossibile istante in cui è accaduto proprio a te, o a un tuo caro, o alla ragazza che tenevi per mano. A casa, è lontano millenni l'attimo in cui i tuoi cari finalmente ti telefonano, lontano il racconto del sopravvissuto che ha visto il terrorista negli occhi mentre attivava l’ ordigno, lontano l'attimo di silenzio totale che segue l'esplosione, e poi come abbiamo visto ieri sera, le ragazze che piangono disperate in ginocchio accanto ai feriti, i lamenti, le urla, i morti. Si chiama terrorismo, ed è la violazione ultimativa di ogni diritto umano, primo fra tutti la libertà di vivere.

 Lascia il tuo commento

Per offrirti un servizio migliore fiammanirenstein.com utilizza cookies. Continuando la navigazione nel sito autorizzi l'uso dei cookies.