TRIBUNALE INTERNAZIONALE I DUBBI DELLE GRANDI POTENZE
venerdì 17 luglio 1998 La Stampa 0 commenti
SAREBBE stato bello se la gigantesca Conferenza per il Tribunale
penale internazionale si fosse conclusa
con un'acclamazione, e la massa,
davvero immane, di cinquemila delegati da 162 Paesi ce l'avesse
fatta. Invece la cucina del meccanismo dell'"Opting in" e "Out",
ovvero la possibilità per ogni Paese di accettare una volta la
giurisdizione sui crimini di guerra e non su quelli contro
l'umanità e la volta dopo viceversa, è un meccanismo che denuncia
sostanziali dissonanze, quasi una sconfitta... C'è da aspettarsi
adesso una politica di dilazioni, altri documenti, altre
conferenze. È difficile accettare questo risultato, soprattutto
dopo che l'Italia, con tanta buona volontà , ha ospitato e
patrocinato l'incontro che doveva dar vita a questa sorta di
superpotere internazionale, a questo organismo dal potere mai visto
prima, dato che, invece, l'Onu porta i segni della realtà storica
da cui scaturì , e nelle sue istituzioni si legge tuttora la
consapevolezza ferita della guerra, e la difesa rispetto alle
grandi spaccature esistenti, specie quelle fra mondo democratico e
non.
Il problema principale è stato e resta, nell'assemblea di Roma,
l'atteggiamento riottoso dell'America nell'accettare che un
giudice, magari iracheno, potesse trascinare a giudizio i suoi
militari di fronte a corti che avessero atteggiamenti preconcetti e
aggressivi, sostanzialmente antiamericani. Altre grandi potenze
hanno avuto lo stesso problema, ed altri Paesi ancora, per motivi
opposti, hanno temuto la violazione della loro sovranità
nazionale, e come nel caso dell'Islam, anche dei loro valori, tanto
diversi dai nostri.
Ed è bene da questo trarre una lezione piuttosto che partecipare
al lamento delle anime belle. Un tribunale mondiale presuppone,
come del resto ogni tribunale e come ogni istituzione da cui
promani il diritto, valori condivisi, in questo caso valori buoni
per tutto il mondo. Chi si sottopone a uno stesso tribunale
partecipa dei suoi valori... Inoltre, in un tribunale
internazionale con poteri forti, si esprime la volontà di
adeguarsi al comando di una sorta di supergoverno mondiale, che di
fatto non giudica sui crimini, ma spesso anche su situazioni
politiche, anche pesantemente influenzate da vasti movimenti
economici. Realisticamente, siamo al punto che una qualunque
entità giuridica può giudicare in maniera così vasta e potente?
Tanto poco viviamo in un mondo di valori condivisi, che una delle
questioni più difficili è stata la discussione se inserire fra i
crimini giudicabili quello dello stupro etnico, ormai uno fra i
più diffusi crimini di guerra; questo, infatti, avrebbe potuto
sollecitare, dicono cattolici e musulmani, l'aborto.
Questo tribunale se mai nascerà , avrà dei compiti abissali, se
si pensa che ad oggi, dalla Seconda guerra mondiale in poi,
possiamo contare 130 milioni di morti in 250 conflitti; senza
considerare i feriti, gli invalidi, le donne violentate, i bambini
usati in ogni modo.
Ora, affidare un così grande potere a giudici eletti
dall'Assemblea delle Nazioni Unite senza il controllo del Consiglio
di Sicurezza, significa un passo ulteriore, uno scavalcamento,
anche del potere dell'Onu. Questo non è detto sia un fatto
positivo, e comunque presuppone che le dinamiche conflittuali della
Guerra Fredda siano alle nostre spalle; non è ancora così , e
inoltre sorgono altri potenti conflitti, fra cui quelli etnici e
religiosi e quelli fra democrazie e dittature.
L'americano David Sheffer ha sostenuto alla Conferenza che gli Usa
devono salvaguardare ciò che lui chiama "il loro compito critico
nel mondo". È un dato di realtà . È difficile pensare che un
generale americano venga giudicato dai giudici serbi, o nel Rwanda.
E anche che un responsabile degli stermini del Rwanda venga
giudicato da un francese, o un iraniano da un russo. Troppe
intersezioni, troppi impicci e segreti.
È bello tuttavia che la Conferenza ci sia stata. È un passo
molto importante verso un mondo migliore, o almeno verso
l'aspirazione ad esso, e i nostri, specie Emma Bonino, sono stati
valorosi protagonisti di questa battaglia. Il seme genererà un
arbusto.
Fiamma Nirenstein