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TREDICI EBREI CONDANNATI A MORTE KHATAMI,LA PROVA DEL BOIA

lunedì 28 giugno 1999 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein TREDICI ebrei tra scriba, maestri di scuola, rabbini, chi proveniente da Isfahan, chi da Shiraz, il cuore dell’ antica Persia, sono stati gettati, ormai da aprile, nelle carceri iraniane con l’ accusa di spionaggio. E’ gente che conosce solo la strada fra la casa e la sinagoga, dicono le associazioni iraniane ebraiche all’ estero; gente di cui fa solamente ridere l’ idea che possa avere accesso a fonti di informazione utile ai « sionisti» come recita l’ atto d’ accusa che può condurli alla condanna a morte. Sono in realtà né più né meno che ebrei, ovvero quella preziosa, eccitante identità che ancora condensa l’ odio in alcune parti del mondo, e rassicura i sudditi di qualche autocrazia che il capo è affaccendato in cose utili laddove li additi al pubblico ludibrio. Il mondo intero sta tentando, tramite passi diplomatici più o meno classici (anche Jesse Jackson è coinvolto nel tentativo di salvataggio) di liberare i poveretti, parte di un’ antichissima comunità che ai tempi dello Shah contava 100 mila persone, e ora ne ha solo 27 mila e che soffre di grandi restrizioni: deve vestire all’ islamica, ha avuto le scuole e i giornali chiusi, i giovani devono andare a scuola di sabato, le sinagoghe sono decimate, e 17 ebrei iraniani sono stati giustiziati nel 1979, anno della rivoluzione. A noi dunque protestare, ma come? Per ottenere qualcosa bisogna che gli Stati, le diplomazie, operino una scelta nevralgica. L’ Iran è un Paese alla ricerca di una nuova identità più moderata e aperta. Questo gli ha già fornito indubbi vantaggi economico-politici. L’ imam Khatami è il protagonista di questa scelta, e gli si contrappone l’ imam Khamenei, che anche in questo caso pare sia il fautore della politica antiebraica. Ciò non toglie che questa vicenda è il banco di prova a cui, adesso, l’ Iran intero deve sentirsi obbligato dal mondo. Quando c’ è una divisione tra moderati e duri il modo di aiutare i moderati è quello di alzare, e di parecchio, il prezzo da contrattare con i duri, e non certo di cercare di tenerli buoni lasciandoli fare. Altrimenti, così , si dà loro ragione; e alla lunga Khatami ne risulterebbe svantaggiato, checché si possa credere oggi. Se l’ Iran insiste in questa orribile prevaricazione del diritto e del buonsenso, di nuovo dovrà essere uno Stato com’ era prima di Khatami, quello a cui erano state applicate le sanzioni e gli ostracismi tipici della politica del doppio contenimento. Al contrario, se l’ Iran libererà i prigionieri ebrei, darà prova di essere un serio interlocutore per tutto il mondo. Ne saremo felici.

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