TRADIZIONALMENTE VOTAVANO DEMOCRATICO MA IL PRESIDENTE E’ UN GRANDE F AN DI ISRAELE I sei milioni di ebrei d’ America tentati da Bush
martedì 2 novembre 2004 La Stampa 0 commenti
Fiamma Nirenstein
Sembra che dei sei milioni circa di ebrei americani - che da soli
conribuiscono per il 25 per cento alle campagne elettorali dei due candidati
- il 69 per cento voterà per Kerry, e solo il 24 per George Bush. Se il voto
si svolgesse in Israele, a Bush andrebbe molto meglio: circa la metà degli
israeliani desidera che venga rieletto, e solo il 24 per cento vorrebbe
Kerry. Se qualcuno pensa che si tratti di un’ oziosa speculazione davanti al
caminetto, bene, non è così . Le due popolazioni ebraiche più grandi del
mondo, di qua e di là dall’ Oceano, si parlano ansiosamente al telefono, con
appelli, e.mail, editoriali sui giornali israeliani che non si limitano a
lodare o a deprezzare il candidato democratico e quello repubblicano: da
Israele è in atto una vera e propria, accorata, campagna elettorale. E
ambedue i candidati si sono rincorsi nel compiacere l’ elettorato ebraico sul
tema della sicurezza di Israele.
Il fulcro autentico dello scontro di queste elezioni è la politica
mediorentale, centro della guerra contro il terrorismo. Nel mondo ebraico
americano la spaccatura è grande: « Vuoi andare d’ accordo con la comunità
internazionale, come Kerry annuncia di voler fare? - ha scritto Charles
Krauthammer sul “ Washington Post” -. Sacrifica Israele, gradualmente, nella
guisa del “ processo di pace” . Kerry premerà senza tregua su Israele per
concessioni a una dirigenza palestinese che ha dimostrato di non volere far
la pace» .
Scrive invece Steven Spiegel sul « Jerusalem Post» che, nella versione
online, raggiunge milioni di ebrei americani: « La politica di Bush, con la
distrazione della guerra in Iran, non combatte di fatto il terrorismo
globale, lascia da parte l’ Iran e compromette la sicurezza israeliana
creando caos» .
A giudicare dall’ ansia che si avverte nell’ aria, sembra che Israele si
chieda, visto che è tanto esposta in Medio Oriente, se non si meriterebbe di
essere ogni tanto considerata il 51° Stato dell’ Unione. Le bandiere
israeliane e americane vengono bruciate insieme alle manifestazioni, Israele
viene accusata di essere, a turno, o il burattinaio o la longa manus degli
Usa, a seconda che la piazza araba immagini che Bush è intervenuto in Medio
Oriente con false scuse per rafforzare Israele o che Israele ve lo ha
spinto.
Thomas Friedman, editorialista di punta del « New York Times» , ha scritto di
quanto sia pericolosa la formula « Jews, Israel and America» , di quanto
antisemitismo la ispiri e di quanto sia uno slogan presente nel mondo arabo,
specie da quando è in moto lo scontro in Iraq.
Israele sente che la percezione del suo ruolo e il suo destino dipendono
assai dall’ uno o dall’ altro dei candidati, e cerca di influenzare l’ ebraismo
americano. Anche se Bush viene percepito come l’ uomo che ha capito quanto
terribile sia il terrorismo e quanto lo si debba combattere a ogni costo,
pure molti tengono per Kerry, tanto che ieri Steven Ploskler, famoso
commentatore del popolare quotidiano « Yediot Aharonot» scriveva: « Kerry ha
promesso: “ Convincerò i governi europei a cooperare e a riabilitare l’ Iraq,
cercherò un dialogo con i Paesi arabi democratici, non avrò un approccio
paternalistico e arrogante” . Sembra avere i tratti di un leader che può
persuadere gli altri Paesi a unirsi a lui per la campagna contro il terrore
e la democrazia» .
Questa però non è l’ opinione di tanti altri: non è piaciuto che Kerry,
nonostante la produzione di un documento che ricalca le posizioni di Bush,
pure avesse pensato di designare a responsabile per il Medioriente Jimmy
Carter e James Baker, ambedue ostili a Israele. Saul Singer, editorialista
del « Jerusalem Post» , lancia un vero appello: « Con le mie due cittadinanze
mi sento in diritto di dire: non si tratta solo di Israele. Non voglio che
gli ebrei americani votino per Israele, ma votino per la sicurezza mondiale
e per la loro, innanzi tutto» .
Ma Israele c’ entra: Bush è stato il primo a capirla, nella sua solitaria
guerra contro il terrorismo. Quindi, anche se esige la Road Map, l’ ha legata
all’ impegno di una nuova leadership palestinese contro il terrorismo e ha
giudicato Arafat inetto e malevolente. Sharon non nasconde la sua preferenza
per Bush e lo chiama « il miglior amico che Israele abbia mai avuto» . Può
darsi che questo sia controproducente, data l’ eredità roosveltiana degli
ebrei americani. O forse no: ma il famoso liberal Ed Koch, ex sindaco di New
York, ha annunciato il suo voto per Bush, il primo voto repubblicano della
sua vita, spiegandolo così : « Kerry è capace di abbandonare Israele. Bush non
lo farebbe mai» .